Ambiente

Case green: primo sì da Commissione Industria

La direttiva è passata con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astenuti. Tra i convinti, Pd e M5S, mentre per le forze di maggioranza rimangono ancora dubbi. Il 13 marzo è atteso il voto dell’Eurocamera
Credit: Delfino Sisto Legnani and Alessandro Saletta from DSL Studio
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10 febbraio 2023 Aggiornato alle 18:00

Per il leader della Lega, Matteo Salvini, è «una patrimoniale mascherata».

Per Movimento 5 Stelle si tratta di «un’opportunità storica» per l’Italia.

Anche il Pd è favorevole, mentre il Governo, attraverso la voce del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, chiederà «una valutazione più attenta».

Il 9 febbraio 2023 la Commissione Industria del Parlamento europeo ha approvato, con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astenuti, la direttiva per l’efficientamento energetico degli immobili.

La norma deve ancora passare al vaglio dell’Eurocamera, il prossimo 13 marzo, ma questo è il primo passo verso l’approvazione definitiva. Dopo il voto potrà iniziare il negoziato con il Consiglio.

La direttiva, inserita nel pacchetto Fit for 55, che mira alla riduzione del 55% delle emissioni di CO2 nell’Unione dai livelli del 1990, è una delle misure per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050.

Il settore edile è responsabile del 36% dei gas serra europei. Se le intenzioni sono acclamate da tutte le forze politiche, sull’applicazione continua il dibattito. A preoccupare i ministri di Giorgia Meloni è la norma che prevede l’avanzamento degli immobili alla classe energetica E entro il 2030, e alla D entro il 2033.

La versione attuale della direttiva, osserva Patrizia Toia (Pd), vicepresidente della Commissione Industria di Strasburgo, prevede però «più tempo e flessibilità per gli Stati membri». In particolare, saranno esonerati dai lavori di ristrutturazione gli edifici di culto, quelli temporali e quelli residenziali “di particolare valore storico”, che abbondano nei centri storici italiani.

La norma esclude anche le case vacanze, utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, e le abitazioni indipendenti di meno di 50 metri quadrati. Ai Paesi è inoltre lasciata la decisione di esentare l’edilizia residenziale sociale, se gli interventi di adeguamento comportano un aumento dei canoni di locazione.

La Commissione Industria ha confermato anche la deroga al raggiungimento del livello energetico per il 22% degli immobili (2,6 milioni di applicazioni) fino al gennaio 2037. Gli Stati membri potranno usufruirne per motivi “validi e oggettivi”, per esempio il prezzo eccessivo delle materie prime o la difficoltà nel reperire la manodopera, o ancora un’impossibilità tecnica a realizzare i lavori.

L’obiettivo della misura è mettere ordine nelle diverse classificazioni, di competenza nazionale, adottate nell’Eurozona e istituire una scala standard. Gli estremi vanno

dalla classe A, per tutte le abitazioni a “zero emissioni”, alla G, con le peggiori performance a livello di elettricità e riscaldamento. In questa categoria non potrà rientrare più del 15% del patrimonio immobiliare nazionale. Si attende il testo definitivo per conoscere tutti i parametri per i livelli intermedi.

Dopo il voto all’Assemblea plenaria di Strasburgo, avranno inizio i negoziati tra Commissione europea, Consiglio e Parlamento. Se l’iter proseguirà con successo, i nuovi edifici residenziali dovrebbero essere “net zero” dal 2028, mentre quelli pubblici dal 2026. La Commissione ha proposto di spostare i termini rispettivamente al 2030 e al 2027 e di imporre nei primi step il raggiungimento delle classi F e E, al posto di E e D.

Attualmente gli immobili identificati con la G in Italia sono il 15%. Nonostante i numerosi incentivi, circa 18 miliardi all’anno negli ultimi dieci anni, secondo le stime di Ispra i consumi energetici e le emissioni del settore civile si sono ridotti solo del 2% tra il 1990 e il 2020.

Anche il Superbonus, finanziato per 62 miliardi nel 2022, ha avuto effetti limitati.

Per sostenere i nuovi interventi, spiega Tiziana Beghin, capodelegazione M5S all’Europarlamento, «esistono già una serie di fondi per finanziare le ristrutturazioni, compresi quelli di coesione, il Recovery Fund e il Fondo sociale per il clima», ma si potrà chiedere «un maggiore impegno finanziario da parte della Ue».

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