Futuro

Cina: la nostra privacy è a rischio?

La Cina sta “registrando” il suo Big Brother orwelliano su scala mondiale. Che sia un social, una telecamera, o un pallone, i prodotti cinesi – probabilmente – ti stanno spiando
Credit: Jan van der Wolf
Tempo di lettura 3 min lettura
13 febbraio 2023 Aggiornato alle 10:00

I prodotti cinesi continuano a incombere sulla privacy e, dopo alcuni college americani che vietano l’uso di TikTok per garantire la sicurezza degli studenti, giornalisti spiati dallo stesso social, sempre più boicottato dagli Stati federali statunitensi, ora è il turno delle telecamere di sorveglianza in Australia.

Del resto, siamo ormai consapevoli, o almeno dovremmo esserlo, che come ha mostrato l’inchiesta dell’Associated Press, dal periodo post-Covid siamo tutti immersi in un enorme Grande Fratello, e i nostri dati sono stati usati non solo per tracciare i contagi ma, anche, per sorvegliarci.

Ma se questa operazione sfugge dal controllo, ecco che iniziano i problemi. In Australia, infatti, le videocamere made in China saranno rimosse da tutti gli edifici del governo australiano perché, come ha dichiarato il ministro della difesa australiano, Richard Marles, questi dispositivi potrebbero rappresentare un potenziale rischio per la sicurezza nazionale.

Il ministro della Cybersicurezza australiano, James Paterson, ha dichiarato: «Non possiamo sapere con certezza se le informazioni sensibili come sono immagini e audio che vengono registrati da questi dispositivi non vengano segretamente trasmessi in Cina contro gli interessi dei cittadini australiani».

I dispositivi colpiti dal provvedimento australiano sono quelli prodotti dalle aziende Hikvision e Dahua, entrambe partecipate dal governo cinese, che si trovano installati in più di 200 edifici governativi australiani, di cui almeno anche nel Dipartimento della Difesa.

Hikvision ha fatto sapere che tutto ciò è “categoricamente falso” perché non si può accedere ai dati video degli utenti finali, e trasmetterli a terzi. Il timore è che la legge cinese sulla sicurezza nazionale possa essere utilizzata per costringere qualsiasi organizzazione, o anche semplice cittadino, a “sostenere, assistere e cooperare con l’attività di intelligence dello Stato” del “Paese di mezzo”.

A novembre il Regno Unito aveva già bloccato l’installazione di qualsiasi nuovo dispositivo prodotto da Dahua e Hikvision a causa di “problemi di sicurezza”; nello stesso mese anche gli Stati Uniti hanno hanno vietato l’importazione di nuove apparecchiature di comunicazione di 5 aziende cinesi, tra cui la Dahua e Hikvision.

Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha dichiarato: «speriamo che l’Australia crei un ambiente di mercato equo, giusto e non discriminatorio per le impresi cinesi». Eppure, lo spionaggio cinese non si è fermato e recentemente si è mosso su palloni spia volanti.

In Italia le telecamere Hikvision erano finite al centro di un’inchiesta Rai di Report: alcune telecamere installate nel sistema di videosorveglianza comunicavano tra di loro scambiandosi dati e, quando connesse a internet, avviavano una connessione con un server esterno dell’azienda produttrice, il cui 42% delle quote è in mano al Governo cinese. Dopo lo scoop di Report anomalie simili erano state segnalate anche all’Aeroporto di Fiumicino, dove 45 milioni di persone fanno scalo ogni anno.

La soluzione, quindi, è bandire i social e rimuovere le telecamere?

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