Ambiente

Stoccaggio CO2: i nuovi progetti di Giappone e Danimarca

Se Danish Energy Agency delibera la concessione di tre licenze per esplorare i fondali del Mare del Nord, il Governo giapponese vuole rimuovere entro il 2050 140 milioni di tonnellate di anidride carbonica
Il primo ministro giapponese Fumio Kishida durante una conferenza stampa a Tokyo, dicembre 2022.
Il primo ministro giapponese Fumio Kishida durante una conferenza stampa a Tokyo, dicembre 2022. Credit: POOL via ZUMA Press Wire
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14 febbraio 2023 Aggiornato alle 21:00

Dall’Europa all’Asia, le tecniche di cattura e stoccaggio della CO2 (Ccs), principale gas climalterante, suscitano sempre maggiore interesse. Il processo comune prevede il sequestro e il confinamento dell’anidride carbonica di origine antropica per impedirle di incentivare, così, il cambiamento climatico. Quali sono i Paesi che hanno deciso di investire in questa tecnologia?

Danimarca

Le autorità danesi hanno concesso nuovi permessi per accelerare i progetti legati alla tecnologia Ccs, seguendo gli obiettivi climatici nazionali che prevedono il raggiungimento del net-zero entro il 2045.

La Danish Energy Agency (Dea) ha infatti deliberato la concessione di tre licenze per l’esplorazione dei fondali del Mare del Nord, nelle acque danesi, alla società energetica francese TotalEnergies e al consorzio formato dalla società britannica Ineos E&P e dal gruppo petrolifero norvegese Wintershall Dea International, che dovranno trovare dei siti adatti per lo stoccaggio della CO2.

«La concessione dei primi esclusivi permessi per lo stoccaggio della CO2 su vasta scala nel Mare del Nord è un passo importante verso il futuro. La cattura e lo stoccaggio della CO2 è un elemento importante nella transizione verde. Le licenze odierne sono il risultato dell’effettiva attuazione dei primi accordi politici danesi sulla tecnologia Ccs», ha affermato Kristoffer Böttzauw, direttore della Dea.

Le licenze permetteranno di verificare la fattibilità e l’operabilità dei siti oltre che l’esplorazione di nuove aree marine idonee dal punto di vista geologico. Verrà coperta una superficie pari a 2.118 km/q, a circa 250 chilometri dalle coste danesi e in parte già conosciuta da Total Energies, che gestisce in loco i giacimenti di gas di Harald e ha svolto le prime rilevazioni per seppellire la CO2 grazie ai piani collegati al progetto Bifrost.

Secondo Arnaud Le Foll, vicepresidente senior del New Business – Carbon Neutrality di TotalEnergies, i nuovi progetti permetteranno alla nazione danese di avere un ruolo rilevante nella decarbonizzazione: «Con il suo grande potenziale di stoccaggio geologico e la sua vicinanza ai principali emettitori industriali dell’Europa centrale, la Danimarca può svolgere un ruolo di primo piano nella cattura e nello stoccaggio del carbonio nel continente. Con il progetto Northern Lights in costruzione in Norvegia e i progetti in fase di sviluppo nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, l’area del Mare del Nord contribuirà come protagonista al nostro obiettivo di 10 Mt/a di stoccaggio della CO2 entro il 2030 e alla decarbonizzazione dell’economia europea».

I piani di sviluppo danesi legati alla Ccs saranno in connessione e testati anche con il progetto pilota Greensand, gestito Ineos E&P, che in caso di esito favorevole, potrà estendere le operazioni per i prossimi 30 anni.

L’obiettivo di Greensand è quello di arrivare a stoccare 1,5 milioni di tonnellate annuali di CO2 entro il 2025, con incrementi fino a 8 milioni di tonnellate entro il 2030. Invece il progetto Bifrost di TotalEnergies punta a 5 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030. Il totale degli investimenti richiederà oltre 60 milioni di dollari e la Danimarca stima di avere un potenziale di stoccaggio pari a 22 miliardi di tonnellate.

Giappone

I piani di mitigazione climatica adottati dal Giappone verranno accelerati con la tecnologia Ccs. Questa è la nuova strategia approvata dal Ministero dell’Industria che vuole raggiungere la capacità di stoccaggio pari a 6-12 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030. Inoltre il Governo giapponese guidato dal Primo Ministro Fumio Kishida punta ad arrivare, entro il 2050, a circa 120-140 milioni di tonnellate annue rimosse per conseguire il net-zero.

La rimozione della CO2 dall’atmosfera verrà effettuata dagli impianti sviluppati da una serie di conglomerati delle maggiori compagnie industriali ed energetiche del Paese. Società come Mitsubishi Heavy Industries, JX Nippon Oil & Gas Exploration, Electric Power Development, Japan Petroleum Exploration e altre grandi realtà imprenditoriali, avvieranno la commercializzazione degli impianti, la strutturazione di tutta la filiera e le necessarie ricerche per l’innovazione scientifica.

Con l’implementazione su vasta scala di questa tecnologia il governo spera di conseguire il più velocemente possibile i propri piani climatici, presentati nel framework delle COP, che prevedono una riduzione delle emissioni del 46% rispetto ai livelli del 2013. Inoltre con la commercializzazione degli apparati industriali Ccs le autorità sperano di rivitalizzare alcune aree economiche depresse, come quelle legate alle miniere di carbone in disuso, che verranno utilizzate per seppellire la CO2: «Speriamo che il progetto aiuti a rinvigorire la città», ha affermato un funzionario giapponese della città di Mikasa.

Lo sviluppo di questo settore è stato fortemente consigliato dalla International Energy Agency (Iea), secondo la quale entro il 2050 ogni anno circa 7,6 miliardi di tonnellate di carbonio andranno catturate e rimosse dall’atmosfera. Ma non tutti concordano sull’utilizzo della tecnologia, ritenuta da diverse ong e associazioni ambientaliste una soluzione greenwashing per permettere alle industrie fossili di continuare nei loro progetti oil & gas.

Secondo Bruce Robertson, ricercatore e autore di un rapporto per l’Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa), l’efficacia di questi rimedi è dubbia: «Molti organismi internazionali e governi nazionali si affidano alla cattura della CO2 nel settore delle risorse fossili per arrivare al net-zero, ma semplicemente non funzionerà. Anche se vi è qualche indicazione sul fatto che potrebbe avere un ruolo da svolgere in settori difficili da mitigare come quelli del cemento, fertilizzanti e acciaio, i risultati complessivi indicano un quadro finanziario, tecnico e di riduzione delle emissioni che continua a sopravvalutare e a sottoperformare». Inoltre ha aggiunto: «Come rimedio per affrontare il catastrofico aumento delle emissioni nel quadro attuale, la tecnologia Ccs non è una soluzione per il clima».

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