Futuro

Cosa succede se Stato e controllo digitale si fondono?

In questo caso, potrebbe aumentare il pericolo per minoranze e dissidenti politici. Oggi lo stato di sorveglianza è un bene desiderato. E, come per tutti i beni, c’è un apparente leader di settore: la Cina
L'immagine di Xi Jinping distrutta dai manifestanti durante una protesta contro le presunte violazioni dei diritti umani da parte della Cina, vicino al consolato cinese a Istanbul, dicembre 2022.
L'immagine di Xi Jinping distrutta dai manifestanti durante una protesta contro le presunte violazioni dei diritti umani da parte della Cina, vicino al consolato cinese a Istanbul, dicembre 2022. Credit: EPA/SEDAT SUNA
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9 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

XI Jinping affronta il suo terzo mandato con la certezza di star rendendo la Cina sempre più preponderante nel panorama internazionale. Gli investimenti nella tecnologia verde, a esempio, sono pensati per trasformare un mercato a orientamento occidentale in una nuova sfera di influenze cinese. E si parla di un mercato cruciale per il futuro di Stati e persone.

Nel mentre, le alleanze diventano sempre più solide e difficili da tracciare grazie alla fitta rete di investimenti extraterritoriali abilmente diversificati. Dal finanziamento del mantenimento di uno dei templi di Angkor Wat in Cambogia alla One Belt One Road, la Cina si sta preparando da decenni a diventare il polo centrale del Pianeta che, per almeno 77 anni, è stato guidato dagli Usa.

L’Africa è uno dei continenti che le interessa maggiormente. Uno dei luoghi in cui l’influenza americana è stata imposta grazie al Washington consensus - che prevedeva l’erogazione di prestiti in cambio della liberalizzazione del mercato - che ha predato le strutture sociali africane, tanto quelle tradizionali informali quanto quelle statali.

Gli sforzi della Cina, però, non riguardano solo la massiccia operazione di land grabbing - ovvero di acquisizione di terreni coltivabili per evitare che l’erosione della qualità ambientale del territorio cinese riduca ulteriormente raccolti e allevamento - bensì l’esportazione dello stato di sorveglianza.

Zanu-pf, il partito al Governo in Zimbabwe, dopo 2 tornate elettorali vinte grazie ai brogli, sta ampliando il sistema di sorveglianza digitale. Dal 2013 si è rivolto proprio alla Cina, che ha fornito know how e prestiti per la costruzione di NetOne, il network di comunicazione della nazione. A essere colpita è soprattutto la minoranza Ndebele, perché la schedatura digitale la rende più vulnerabile e rintracciabile. Lo stesso per attivisti o dissidenti politici, che stanno vedendo sostituire le minacce fisiche con sistemi di sorveglianza.

La Cina sta esportando un servizio, con annessa tecnologia, capace di digitalizzare il controllo statale anche in Paesi ufficialmente democratici. Ciò non solo solidifica il suo ruolo internazionale e i suoi legami transnazionali, ma modifica radicalmente i perimetri dell’autodeterminazione e della sovranità statale.

Infatti, se i Paesi esistono in un sistema di Stati che si riconoscono sovrani, e se la sovranità è espressa - come piaceva ricordare a G.W. Bush - dal controllo territoriale e sociale, allora un Paese il cui controllo è determinato da una potenza esterna può ancora dirsi sovrano? Soprattutto se questa ottiene concessioni in cambio dell’istituzione di questo controllo? Gli Stati Uniti, in nome delle direttive del consensus, avrebbero comunque detto di sì.

Oggi, con la Cina al vertice di questa domanda, probabilmente risponderebbero di no. Ma forse è opportuno sottolineare come il ricatto economico, tanto quanto quello derivato dal potere, siano effettivamente in grado di erodere il concetto di sovranità statale.

Tornando allo stato di sorveglianza, questo è un fenomeno di “piattaformizzazione” degli Stati e di istituzionalizzazione del digitale. Se Stato e controllo digitale si fondono, se i meccanismi di tracciamento facciale - gli stessi al cui perfezionamento abbiamo lavorato anche noi con i nostri continui accessi mediante riconoscimento del volto sugli smartphone - diventano il nuovo strumento di attestazione di identità, il pericolo per le minoranze, per i dissidenti politici e per i residenti non riconosciuti, quindi senza cittadinanza, aumenta spaventosamente.

Ma non solo, cambiano completamente le interazioni statali. Se lo stato si appoggia a una piattaforma infrastrutturale estera avrà inevitabilmente a che fare con un ente capace di indirizzare e determinate in maniera più o meno pervasiva l’ordinamento interno. Infatti, qualunque cosa la prosopopea neoliberista alla Zuckemberg dica, le piattaforme non sono neutre.

Nei loro codici, nella loro mission, nel loro meccanismo di approvvigionamento dati, nelle loro procedure di compravendita degli stessi e negli algoritmi, recano stampato l’impronta della casa madre, dell’interesse primario che cercano di soddisfare con annessi paradigmi ideologici. E a pensare che sia solo la Cina a essersi aperta a questo mercato, commettiamo un errore madornale.

La differenza tra i 2 blocchi digitali è che i prodotti statunitensi sono privati, mentre i cinesi sono in larga parte sotto il controllo statale. Questo però, non rende i primi meno invasivi o meno pericolosi degli altri. Basti pensare a una delle 5 maggiori piattaforme digitali, Google, la piattaforma infrastrutturale per eccellenza, su cui si appoggia la maggior parte delle piattaforme di settore (quelle che offrono un servizio specifico).

Su Google girano anche i siti dei Governi, dei Ministeri, persino quello della Posta. Anche loro devono seguire delle direttive, delle forme di compatibilità perché la loro esistenza in rete possa esistere. E infatti, nell’Unione Europea, lo scontro è aperto. Con un mercato dominato dalla Big 5 (Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon e Meta) l’Unione Europea non manca di attivare contestazioni in sede di tribunale per violazioni gravi.

Eppure, il mercato degli Stati digitali procede. Perché se da una parte il progresso si vende come digitale, dall’altra la semplificazione derivata dalla piattaformizzazione è esponenziale. Il tracciamento facciale risponde ad alcune delle esigenze più xenofobe dell’Unione Europea, il respingimento dei migranti e la loro localizzazione sui territori. La schedatura digitale trasformerà ogni precedente penale in un documento di identità scansionabile dal primo scanner attivo o telecamera disposta per la via.

Abbiamo gli occhi vagamente puntati sulla Cina perché ci fa comodo non osservare cosa stiamo facendo in sede europea. Vagamente, però, perché mentre lo Stato cinese getta le tracce del One Belt One Road - l’opera di collegamenti via terra e via mare che connetterà la Cina direttamente a Europa e Africa - mentre mette sul mercato il pacchetto di sorveglianza digitale alla cinese e procede con l’acquisizione di territori e i progetti di annessione - Taiwan - noi siamo occupati a seguire la propaganda polarizzante degli Stati Uniti, senza preoccuparci troppo di creare una terza via.

Lo stato di sorveglianza è il nuovo bene esportabile nel mercato più ricco del mondo, quello degli Stati.

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