Economia

«Ripristinate il bollino rosa»

Ieri la conferenza stampa a Montecitorio: una “chiamata alle armi” di opposizioni e associazioni contro la scomparsa della certificazione di genere dal Codice Appalti
Credit: Vadim Bogulov
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
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8 febbraio 2023 Aggiornato alle 11:30

Più che una conferenza stampa, “un’armata Brancaleone” scherza Valeria Manieri, fondatrice assieme a Sarah De Pietro de Le Contemporanee, il media civico dedicato alle donne e alla lotta contro ogni discriminazione.

Una “chiamata alle armi” di ieri pomeriggio in una sala stampa di Montecitorio, per riunire esponenti politici e associazioni – Le Contemporanee, Rete per la Parità, ASviS, Base Italia, Fuori Quota, GammaDonna, Human Foundation, Se Non Ora Quando – Libere, Fondazione Soroptimist Club Roma, Differenza Donna Aps, Assist – Associazione Nazionale Atlete Aps, One Billion Rising Italia, Rebel Network Aps, Associazione SconfiniAmo, Associazione l’Abbraccio del Mediterraneo, Family Smile, Kyoto Club Italia, Human Rights international Corner, Nuove Ri-Generazioni, Young Women Network, Associazione Acume, Associazione Blu Bramante, A2030 Social Innovation Designers, UIL, Coordinatrice Pari Opportunità, CGIL, Ufficio politiche di genere, EquALL, Women in Film, Television & Media Italia – e chiedere a gran voce che all’articolo 46-bis del D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (inserito dall’articolo 4, comma 1, della Legge 5 novembre 2021, n. 162) venga ripristinata la certificazione per la parità di genere.

Nello schema del decreto attuativo del Codice appalti è sparito il cosiddetto “bollino rosa”, che certificherebbe l’adozione da parte dell’impresa di politiche volte a incentivare l’occupazione femminile. Il testo in queste ore è al vaglio delle commissioni di Camera e Senato.

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha liquidato le proteste. «L’importante è premiare chi lo fa, non costringere le imprese a più burocrazia e a più costi, perché già le imprese stanno affrontando dei costi notevolissimi - ha dichiarato - Aggiungere burocrazia e costi non aiuta».

Una folta schiera di parlamentari dell’opposizione, da PD a M5s, ma anche Italia Viva e Azione, non la pensa così.

«Questo è quello che accade quando la politica si basa su questioni ideologiche e non sulla concretezza delle cose», commenta Elena Bonetti (Italia Viva) ex ministra per le pari opportunità nel Conte bis e nel Governo Draghi. Che ha voluto ribadire quanto fatto dall’ex Primo Ministro.

«Uno dei progetti del Pnrr - ha dichiarato - è stato introdurre la certificazione sulla parità di genere. Grazie a questa misura, le proiezioni prevedevano un incremento del Pil uguale a un quarto dell’incremento complessivo portato dal Pnrr. Un aumento strutturale del Pil dovuto all’aumento dell’occupazione femminile. Con il Governo Draghi avevano fatto dei passi importanti nella scorsa legislatura: avevano modificato il codice degli appalti introducendo premialità per chi ha la certificazione e questo Governo l’ha voluto togliere».

Beatrice Covassi, europarlamentare Pd, punta l’attenzione sulla dimensione europea. «Questa modifica può sembrare un dettaglio ma non lo è. Ciò che davvero è preoccupante è il messaggio politico che ne esce. Con il Next generation Eu e gli altri fondi stanziati a livello comunitario, si è intravista una possibilità di riscatto del sistema paese. Una leva forte su cui improntare riforme necessarie».

In collegamento c’è, poi, la deputata Pd Chiara Gribaudo: «Un Governo che ancora una volta non si dimostra amico delle donne e vicino alle loro esigenze».

Secondo Gribaudo, «questa bozza del nuovo Codice degli Appalti prova ad azzerare tutto il lavoro fatto durante la scorsa legislatura, tra cui la legge 162, sulla parità salariale, che inserisce proprio la certificazione di parità e la premialità negli appalti per chi fa impresa al femminile e per chi genera occupazione femminile. Era stata approvata all’unanimità dallo scorso Parlamento e ora la rimettono in discussione insieme a tutti i criteri e le clausole previste anche dal Pnrr». E conclude: «Non provino a far passare questi strumenti per burocrazia. La battaglia per favorire l’occupazione femminile continua, non faremo passi indietro».

Anzi, chiarisce il senatore Antonio Nicita: «Valorizzare il potenziale femminile significa consegnare alle nuove generazioni un’Italia più produttiva».

E se per la deputata Debora Seracchiani si tratta soprattutto di una questione culturale, rispetto alla quale le realtà associative possono fare molto, la senatrice Susanna Camusso, ex segretaria generale della Cgil, appare meno ottimista: «Il codice appalti è un disastro in generale, ma lo è soprattutto per le donne. Non è difficile immaginare cosa seguirà a questa modifica: una nuova stagione di precarizzazione. È necessario invece alzare l’asticella e richiedere il doppio vincolo, della certificazione e della clausola di condizionalità. La parità è un valore aggiunto, non un costo».

Anche la pentastellata Alessandra Maiorino si è unita al coro di proteste: «Il mio partito formulerà tutti i pareri del caso – gli unici strumenti che abbiamo a disposizione in questo momento per obiettare – ma il Governo sembra ignorare che le donne di merito non vanno avanti proprio in quanto donne. Di contro, un giorno sì e l’altro pure incalza con la questione della denatalità. Il messaggio subliminale sembra essere “meglio che se ne stiano a casa a fare figli».

Ma a intervenire sono anche le associazioni. Marco Bentivogli, fondatore di Base Italia - realtà culturale che promuove studi e ricerche in materie economiche, giuridiche e sociali – tiene a sottolineare che «l’iniziativa del Governo muove dall’idea infondata, espressa in modo più o meno esplicito dalla stessa Presidente Giorgia Meloni, per cui “non bisogna disturbare chi produce».

Tuttavia, «le certificazioni di genere, come quelle green, non sono delle inutili complicazioni, dei lacci per il mondo delle imprese. Si tratta piuttosto di una spinta gentile, che non ha carattere prescrittivo». Infatti «un’azienda che complessivamente favorisce parità di genere è in genere anche un’azienda produttiva».

Maria Kurashami, italo-afghana e portavoce dell’Associazione A2030 Social Innovation Designers, che include identità fluide e nazionalità diverse, porta la triste testimonianza della società afghana. «Non lasciatevi strappare via i vostri diritti».

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