Ambiente

Nel Corridoio Arido si muore di fame e di sete

La regione del Centro America è tra le più esposte al rischio di disastri ambientali e all’impatto dei cambiamenti climatici. Lo attesta un nuovo report elaborato da German Watch
Credit: CONRED
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27 febbraio 2023 Aggiornato alle 09:00

Ad osservarlo sulla mappa, il Centro America somiglia a un laccio che tiene insieme, a dispetto della politica, dell’economia e delle differenze socio-culturali, due continenti enormi come l’America settentrionale e quella meridionale.

Territorio di sanguinose guerre civili e di diseguaglianze mai colmate, così come di una natura rigogliosa e una biosfera tra le più ricche e varie, questa fascia di terra stretta tra l’Oceano Atlantico e quello Pacifico, è anche una delle regioni al mondo più esposte al rischio di disastri ambientali e all’impatto dei cambiamenti climatici. A confermarlo è un report elaborato da German Watch che spiega come, tra il 1998 e il 2017, ben 4 dei 7 Paesi dell’America Centrale - Honduras, Nicaragua, El Salvador e Guatemala - rientrino tra i primi venti nella lista dei luoghi più colpiti da eventi climatici estremi come tormente o ondate di calore. Ed è proprio qui che si snoda il cosiddetto corridoio arido.

Che cos’è il corridoio arido

Quasi sconosciuto ai più fino al 2009, quando gli effetti congiunti di El Niño e dei cambiamenti climatici distrussero tra il 60% e l’80% del raccolto provocando una gravissima crisi alimentare, il corridoio arido è definito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao), come “un’area caratterizzata da condizioni di siccità estrema, continuativa e reiterata, seguita da periodi di pioggia intensa, che causano carestie e mancati raccolti”.

Geograficamente si estende dal Chiapas (Messico) a Panama, attraverso Guatemala, Honduras, Nicaragua e Costa Rica ed è lungo 1.600 chilometri e largo tra i 100 e i 400 km, a seconda del punto che si prende in considerazione.

Qui, le catene montuose che attraversano l’America Centrale fungono da vera e propria barriera per le correnti d’aria umide provenienti dall’Oceano Atlantico.

Questo fa sì che le piogge cadano solo nei versanti settentrionali mentre a sud, l’aria si mantiene secca e si traduce in un clima arido o semi-arido che, negli ultimi 8 anni, ha provocato 4 gravi siccità, due uragani di forza 4 e 5, e due tormente tropicali.

Con una popolazione di 10.5 milioni di abitanti, pari al 90% del totale, il corridoio arido è l’area più densamente popolata del Centro America ma anche la più povera e, pertanto, la più vulnerabile.

Le condizioni peggiori si registrano attualmente in Nicaragua, Honduras, El Salvador e Guatemala dove la popolazione dipende maggiormente dall’agricoltura, un’attività estremamente colpita dalle condizioni estreme che caratterizzano la regione e che si ripercuotono su una serie di fattori socio-economici come la salute, l’alimentazione e le migrazioni.

Secondo la Fao, infatti, dal 2012 a oggi la siccità ha provocato una crisi umanitaria che ha coinvolto più di 3.5 milioni di persone e ha portato a un aumento nel flusso migratorio verso gli Stati Uniti.

Negli ultimi 4 anni, infatti, il 18% delle persone che hanno abbandonato il Guatemala lo hanno fatto a causa degli effetti disastrosi del cambiamento climatico.

In Honduras e in El Salvador, invece, le cifre registrate sono rispettivamente del 14% e del 5%.

Una situazione che, se non verranno adottate prontamente delle misure di mitigazione del rischio, è destinata a peggiorare esponenzialmente e che, secondo un report del Pew Research Center, ha già fatto aumentare del 25% il flusso migratorio di persone che tra il 2007 e il 2017 sono entrate negli Stati Uniti illegalmente per scappare dalla zona nord del Corridoio arido.

In particolare, l’indagine condotta dal centro di ricerca ha evidenziato come il 37% delle famiglie con membri migranti abbia lasciato la propria casa dopo aver perso il raccolto, il 58% sia scappato dalla carestia e il 2% abbia abbandonato il Paese per mancanza di accesso all’acqua.

Il corridoio della morte in Guatemala

Con una popolazione di 15.6 milioni di abitanti dislocati in 22 dipartimenti, il Guatemala è caratterizzato da una popolazione estremamente giovane - più della metà dei suoi abitanti ha meno di 25 anni - e altrettanto vulnerabile.

Il 22% degli abitanti del Paese non ha accesso a fonti di approvvigionamento idrico e quasi il 40% non ha accesso ai servizi sanitari di base. A farne le spese sono soprattutto i bambini e, in particolare, quelli appartenenti alle 22 etnie maya presenti nel Paese.

Infatti, sebbene la mortalità infantile tra i bambini di età inferiore ai 5 anni sia diminuita nell’ultima decade, tra il 2010 e il 2015 si sono registrate in media 35 morti ogni 1000 bambini nati ogni anno.

Le cause sono da ricercare nella totale mancanza di accesso all’acqua e in forme di denutrizione cronica che si manifestano, nel migliore dei casi, in gravi disfunzioni della crescita. Nel 2019, in Guatemala, la mancanza di cibo ha fatto parte della quotidianità del 57% dei bambini sotto i 5 anni: in pratica, è come se un intero paese di 5.700 abitanti - come quelli in cui molti di noi trascorrono lunghi week-end all’insegna del relax e del buon cibo - andasse a letto ogni giorno con la pancia vuota e una spada di Damocle sulla testa.

In una regione considerata tra le più insicure al mondo, dove i livelli di violenza e instabilità sono estremamente alti, i cambiamenti climatici causati dall’uomo non fanno che alimentare una polveriera fatta di insicurezza alimentare, povertà e ineguaglianze che, nei prossimi anni potrebbero portare a nuovi ed estesi conflitti.

Per evitarlo, è necessario lavorare ad ambiziosi programmi in grado di accelerare la transizione sostenibile dei sistemi agro-alimentari, così come richiesto anche dai primi due obiettivi dell’Agenda 2030 (“eradicare la povertà” e “eliminare la fame e la denutrizione”), permettendo così ai quasi 11 milioni di persone che vivono nel Corridoio arido di rimanere nelle loro case e proteggere le loro tradizioni.

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