Ambiente

Le città europee hanno respirato meglio grazie al lockdown

Le misure restrittive della prima ondata di Covid-19 hanno avuto un impatto inaspettato: la qualità dell’aria nei centri urbani della Ue è salita, e sono state salvate 800 vite umane. Lo dice uno studio citato su Nature
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
27 gennaio 2022 Aggiornato alle 19:14

800 vite salvate in tutta Europa grazie a un’aria più respirabile. È uno dei risvolti positivi delle misure adottate per arginare l’aumento dei contagi da Covid-19: meno auto e camion per strada, infatti, hanno reso l’aria molto più pulita, in particolare in 6 città del mondo. Tra queste c’è anche Milano.

Lo mostra lo studio condotto dagli esperti della London School of Hygiene and Tropical Medicine, insieme al Copernicus Atmosphere Monitoring Service, il servizio di monitoraggio dell’atmosfera implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine e lanciato l’11 novembre 2014.

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, ha analizzato 47 città europee tra febbraio e luglio 2020, rilevando che la chiusura dei luoghi di lavoro e delle scuole ha ridotto il traffico stradale e, di conseguenza, l’inquinamento atmosferico. Parigi, Londra, Milano e Barcellona, in particolare, sono tra le prime 6 città ad aver misurato il maggior numero di morti evitate, con una diminuzione del 50-60% di biossido di azoto, un inquinante che viene generato a seguito di processi di combustione. Il traffico veicolare è una delle sorgenti che più contribuiscono all’aumento dei livelli di NO2 nell’ambiente. Le PM2,5 e PM10, invece, meglio conosciute come polveri sottili, non hanno registrato un grande calo: si tratta di particelle solide e liquide che hanno origine sia da attività antropiche, soprattutto residenziali, sia da fenomeni naturali, come i processi di erosione del suolo, gli incendi boschivi o la dispersione dei pollini.

Il professore di Biostatistica ed Epidemiologia presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine, l’italiano Antonio Gasparrini, tra gli autori dello studio, ha dichiarato al britannico Guardian che, nonostante il blocco durante la prima ondata della pandemia abbia avuto un elevato costo in termini sanitari e sociali, «ha offerto condizioni uniche per indagare i potenziali effetti di politiche rigorose per ridurre i livelli di inquinamento nelle aree urbane. Questo “esperimento naturale” ci ha dato un’idea di come la qualità dell’aria possa essere migliorata con misure drastiche di salute pubblica che sarebbero difficili da attuare in tempi normali».

Per la prima volta, infatti, è stato confrontato l’impatto delle diverse misure politiche adottate nel primo lockdown: i dati potrebbero essere utili a progettare nuove strategie per ridurre l’inquinamento atmosferico in futuro. «Questo e altri studi simili» ha spiegato la professoressa della LSHTM ed esperta di dati geospaziali Rochelle Schneider, «possono aiutare a trasmettere il messaggio che abbiamo assolutamente bisogno di migliorare la qualità dell’aria urbana per la salute umana».

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