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L’insonnia di Benedetto XVI e la nostra comune fragilità

È stato scritto molto circa la sua filosofia, e la vera causa delle dimissioni. In pochi hanno rivelato la patologia che ci restituisce un Ratzinger “troppo umano”
Credit: ANSA/ETTORE FERRARI

Riguardo la sua morte – e il bilancio del suo pontificato – sono stati scritti centinaia di articoli. I funerali sono stati seguiti da tutto il mondo, hanno fermato una città, Roma. L’analisi della sua visione teologica ha occupato a lungo tv e quotidiani. Eppure c’è una notizia su Benedetto XVI che è passata quasi sotto silenzio. E cioè il fatto che, come ha rivelato lo stesso Ratzinger in una lettera al suo biografo poi resa pubblica, le sue dimissioni furono causate dall’insonnia.

E una notizia fondamentale nel racconto delle sue dimissioni. Lo è in tantissimi modi. Perché spiega appunto perché fu costretto, con un gesto clamoroso, a dimettersi da papa. Ma anche perché ci fa vedere dei retroscena che possiamo immaginare nella sua drammaticità. O, meglio, che può immaginare chi conosce l’insonnia, un sintomo devastante, invalidante, che distrugge la vita e può portare a una depressione sconfinata.

Un sintomo che richiede un cambiamento di vita

L’insonnia di Ratzinger non inizia con il suo papato. Ma possiamo immaginare che potesse essere in qualche modo contenuta con una routine priva di impegni sotto i riflettori del mondo. La cosa peggiore per chi soffre di insonnia, infatti, è sapere che la mattina dopo dovrà fare qualcosa di importante, dimostrare di essere attivo, portare a compimento compiti o impegni che tutti si aspettano vengano svolti.

Liberare l’agenda non aiuta a migliorare il sintomo, ma attenua almeno l’ansia e un po’ la disperazione. Perché Joseph Ratzinger soffrisse di insonnia non possiamo saperlo, ovviamente. Ma possiamo immaginare che una vita severa, fatta di intelletto, di ragione, di musica e rigore morale non favorisse l’abbandono necessario al sonno.

Forse Ratzinger avrebbe potuto trovare aiuto parlandone con qualcuno. Magari lo ha fatto. Di sicuro avrà cercato in tutti i modi una soluzione a un problema per il quale però, talvolta la soluzione è solo un cambiamento di vita che non tutti possono permettersi. Psicologicamente, praticamente. Come a esempio chi si è consacrato alla vita religiosa.

L’elezione come un dramma

E poi c’è il periodo del suo pontificato. Possiamo immaginare che l’elezione abbia fatto da detonatore alla sua insonnia. Essere pontefice a vita, essere al centro dell’attenzione del mondo, dover viaggiare di continuo richiede già forza fisica e psichica enorme. Richiede non solo fede, ma soprattutto, una struttura mentale capace di reggere urti violenti, gestire problemi complessi, sopportare la paura di dire una parola sbagliata davanti al mondo.

Così immaginiamo che Benedetto XVI abbia preso l’elezione come un dovere, un richiamo di Dio, ma al tempo stesso un vero dramma. Si sa che faceva uso di farmaci e questo fa solo immaginare una sofferenza più grande. Perché, purtroppo, i farmaci ipnotici - spesso dati per dormire - ipnotizzano, appunto, la persone per alcune ore. Possono servire il giorno prima di un evento importante o un viaggio, ma se assunti costantemente aggravano il problema, facendo precipitare la persona in una spirale sempre più grave.

Leggiamo anche che per fare fronte ai suoi doveri il papa aveva aumentato i farmaci. E quindi, dietro le sue apparizioni pubbliche, ci sono sicuramente state notti e notti nella disperata ricerca di sonno e mattine ancora peggiori della notte, quando il mondo, senza aver dormito, ti appare un posto dove non puoi stare in nessun modo. Tanto più se devi parlare in mondovisione. Tanto più se le tue parole sono d’insegnamento per - letteralmente - miliardi di persone.

Dimissioni non scelte, ma obbligate

Così, a un certo punto, Benedetto XVI è crollato, non ce l’ha fatta. Sembra che durante un viaggio nel 2012 sia caduto, ritrovandosi insanguinato e da lì abbia capito che non poteva andare avanti. Per questo le sue dimissioni non possono essere considerate una scelta, ma una necessità. Benedetto XVI non poteva fare altro. Non poteva fare altro anche per il bene della chiesa, che non poteva permettersi un papa che non riusciva più a dormire.

Non sappiamo se dopo le dimissioni la sua insonnia sia passata, forse no, ma di sicuro a Ratzinger è stato risparmiato l’incubo di lunghi anni di lotta notturna e diurna, di angoscia verso doveri che non riusciva più a compiere, di vero e proprio terrore, immaginiamo.

L’immagine del papa distrutto dal non dormire incute grande tenerezza. Scaccia le inutili teorie del complotto, e ci restituisce una verità che rende il papa del Logos profondamente umano, corporeo, fragile. Un uomo che lotta in un letto. Lo rende vicino a tutte le persone, nel mondo, che convivono e combattono con questo sintomo, espressione di tanti problemi diversi eppure unico nella disperazione che sa produrre.

Se lasciare è terapeutico

E allora se Ratzinger diventerà santo, sarebbe bello che diventasse il santo degli insonni. Questo problema invalidante, aggravato sia da una società incentrata sull’agire e sulla prestazione sia da una industria farmaceutica che vede nei malati di insonnia clienti formidabili. Invece per curare l’insonnia i farmaci non servono. Ci vuole molto tempo. Molte parole. Spesso è necessario cambiare vita, perché l’insonnia non è una patologia ma un allarme che invita a capire cosa non sta più funzionando.

Non tutti possono permettersi il lusso di uno psicoterapeuta, ma soprattutto, come detto, il lusso di modificare l’esistenza in maniera importante. Eppure la vita, e soprattutto la fine, di Benedetto XVI ci insegnano che anche quando sembrerebbe assolutamente impossibile fare alcune scelte – Ratzinger è dovuto andare contro 2.000 anni di storia della Chiesa, ha dovuto rompere un dogma, qualcosa probabilmente di sconvolgente per lui, tanto che ci ha impiegato molto tempo – uno spazio per quelle scelte va necessariamente trovato. Anzi, alla fine dalla sua decisione è disceso del bene: finalmente il papa è diventato una figura più umana, vicina a noi.

È stato eletto un altro papa più vicino alle esigenze del mondo di oggi, che ha fatto un bene infinito a cattolici e non cattolici; è nata una “diade”, 2 papi, che nel monoteismo cattolico certo non era contemplata e che ha aperto questa religione alla pluralità come mai prima. A volta lasciare è, dunque, terapeutico per sé e per gli altri. Guardare a chi l’ha fatto, magari con tormento estremo, ma l’ha fatto, può essere davvero illuminante.

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di Zaina Kere Kere Mishe 4 min lettura