Diritti

A un anno dal divieto di aborto, come stanno le donne in Polonia?

Sarebbero 34.000 le polacche che, dal 27 gennaio 2021, hanno cercato di interrompere la gravidanza illegalmente, rischiando la vita. È la conseguenza di una legge restrittiva che non smette di suscitare polemiche
Credit: Claudio Schwarz
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27 gennaio 2022 Aggiornato alle 17:00

Una vittima per un divieto. Una vittima per una legge. Una vittima contro la libertà di fare una scelta. Non è la sola, non è la prima e non sarà l’ultima: Agnieszka T. (così è stata chiamata) è morta il 25 gennaio per una complicazione dovuta a un’infezione. Aveva 37 anni, era incinta di due gemelli, era stata ricoverata all’ospedale della Beata Vergine Maria a Częstochowa, in Polonia, il 21 dicembre. Secondo quanto ha ricostruito la famiglia di Agnieszka, il primo feto è morto nel grembo materno il 23 dicembre, ma i medici si sarebbero rifiutati di rimuoverlo appellandosi all’attuale legislazione in tema di aborto. Ha lasciato 3 bambini e un marito.

«Dopo la notizia della morte di Agnieszka T., 200 persone si sono ritrovate a Varsavia davanti alla sede del Tribunale Costituzionale dove è stato emesso il controverso verdetto sull’incompatibilità del diritto all’aborto con la costituzione polacca» racconta a La Svolta Magda Szpecht, attrice di teatro polacca e attivista. «Come cittadini chiediamo un aborto legale e sicuro che non sia criminalizzato. Deve essere per tutte e senza tabù».

Agnieszka T. come Izabela, 30 anni, morta di shock setticemico a settembre 2021. Anche lei era incinta e i medici, a causa delle restrizioni imposte in Polonia sull’interruzione di gravidanza legale, non le hanno praticato un aborto terapeutico, aspettando invece che morisse il feto.

Negli ultimi 12 mesi, a un anno dall’entrata in vigore della legge che vieta l’aborto, solo 300 polacche hanno avuto accesso ai servizi per l’interruzione di gravidanza. Secondo l’organizzazione Abortion Without Borders (Aborto senza frontiere), dal 27 gennaio 2021 a oggi, sono incalcolabili i danni creati alle donne e ai loro diritti. Nonostante le proteste, le fiaccolate in molte città, da Varsavia a Danzica, finora sono almeno 34.000 le polacche che hanno cercato di abortire illegalmente o all’estero, un numero che rappresenta solo una frazione rispetto a tutte quelle che necessitano di sostegno per accedere al servizio. «Dopo la modifica della legge viviamo nella paura e non vogliamo dare alla luce figli. Il tasso di fertilità sta diminuendo anche per orgoglio: non vogliamo essere trattate solo come incubatrici», spiega Magda Szpecht.

La sentenza della Corte suprema risale al 22 ottobre 2020 quando il Tribunale polacco ha dichiarato incostituzionale la disposizione della legge del 1993 sulle condizioni per l’interruzione di gravidanza. La legge consentiva l’aborto nei casi in cui gli esami prenatali indicassero un’alta probabilità di anomalia grave e irreversibile o di una malattia incurabile pericolosa per la vita del feto.

Dal 27 gennaio 2021, i medici che eseguono aborti rischiano fino a 3 anni di carcere: le uniche eccezioni consentite sono rappresentate dai casi di stupro o incesto, o da quelli in cui la salute della madre è ritenuta in pericolo. Per il primo anniversario, non sembra così.

«Nei prossimi giorni, a causa della pandemia, le proteste si sposteranno nelle nostre case: accenderemo delle candele dedicate ad Agnieszka, altra vittima della legge polacca, una donna a cui è stato negato l’aborto» conclude Magda Szpecht.

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