Futuro

ChatGPT: nemico - amico delle ricerche

Alcune riviste scientifiche e accademiche vietano l’utilizzo del chatbot per i propri paper. C’è poi chi pensa possa portare ottimi risultati, se accompagnato dall’intervento umano
Credit: Ono Kosuki
Tempo di lettura 4 min lettura
4 febbraio 2023 Aggiornato alle 22:00

Per l’ennesima volta dalla sua nascita, il software ChatGPT ha dato vita a un’altra occasione di dibattito, scuotendo gli animi degli scienziati e scienziate di tutto il mondo.

Il chatbot creato da OpenAi - organizzazione di ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale  - sta diventando pervasivo anche nel campo della ricerca scientifica e accademica. E adesso emerge la possibilità che il software sia in grado di produrre intere ricerche scientifiche completamente da zero, partendo da alcune informazioni di partenza fornite dall’utente.

Per questo motivo, alcune importanti riviste stanno vietando l’utilizzo di ChatGPT per la produzione delle loro pubblicazioni scientifiche. Esponenti della rivista Springer Nature, per esempio, hanno affermato che “Il software non può essere accreditato come autore in articoli pubblicati nelle nostre riviste”.

Ma a fare scalpore è la decisione della principale rivista scientifica statunitense Science, il cui caporedattore Holden Thorp - attraverso un editoriale - ha vietato l’utilizzo del chatbot, spiegando che “Le macchine svolgono un ruolo importante, ma come strumenti per le persone che pongono ipotesi e progettano esperimenti. Il prodotto delle ricerche deve provenire dal meraviglioso computer nelle nostre teste ed essere espresso da esso. Non permetteremo a ChatGPT di essere autore delle nostre pubblicazioni”.

Tuttavia, se da un lato viene vietato, dall’altro se ne evidenziano i benefici: The conversation ha condotto uno studio sulla produzione di riviste scientifiche da parte di ChatGPT e ha ottenuto notevoli risultati. È stato chiesto all’intelligenza artificiale di OpenAi di generare le 4 parti standard di uno studio accademico: argomento di ricerca, revisione della letteratura scientifica precedente, set di dati disponibili e suggerimenti per test o esami. Infine, è stata fatta una richiesta più complessa, aiutando il software con informazioni scientifiche supplementari: immaginare di dover pubblicare la ricerca in una “buona rivista finanziaria”.

Una volta elaborato il risultato, alcuni scienziati finanziari hanno revisionato attentamente il contenuto, restandone sorpresi: “Dimostriamo, sulla base dell’output generato  -  scrive il gruppo di ricerca - che ChatGPT può aiutare in modo significativo nella ricerca finanziaria. In linea di principio, questi risultati dovrebbero essere generalizzati nei vari settori di ricerca. Ci sono chiari vantaggi per la generazione d’idee e l’identificazione dei dati”.

Secondo The conversation quindi, l’intelligenza artificiale può produrre ricerche scientifiche al pari di quelle condotte da prestigiosi istituti di ricerca mondiali, ma ci sono alcuni dubbi: ChatGPT è particolarmente ferrato nel recepire una serie di testi esterni  -  contenuti in un mastodontico database da miliardi di parole  -  per poi adattarli e collegarli tra loro. Ma non appena il processo concettuale diventa più complesso ed è necessario elaborare molte più informazioni, il software sembra disorientarsi. Queste limitazioni vengono superate solo con l’aiuto di scienziati umani.

Ci sono poi delle implicazioni etiche da fronteggiare. Intanto bisogna precisare che il software è un artificio tecnico e così deve essere considerato: non possiede cognizioni umane e va prestata molta attenzione al suo utilizzo. Molto spesso poi, in rete circolano ricerche scientifiche poco trasparenti  - spesso contengono dati falsi e sono totalmente plagiate  - o sono oggetto di ritrattazione. Se ChatGPT prelevasse dal web anche queste ricerche per poi agglomerarle nel totale delle sue elaborazioni, questo sarebbe un problema non da poco.

A fronte di tutto ciò, quindi, la rivista sostiene che il mondo della ricerca dovrebbe vedere il chatbot come un eccellente aiutante e non come una minaccia. Il suo utilizzo insomma, deve essere sempre accompagnato da figure umane.

ChatGPT resta uno strumento importante e sta coinvolgendo sempre di più anche l’istruzione scolastica: gli studenti possono fare nuove esperienze con l’intelligenza artificiale e apprendere conoscenza scientifica, ma seguendo la linea del ragionamento precedente, vanno sempre guidati dagli insegnanti.

Alcuni docenti lo stanno già adoperando per la produzione del materiale delle lezioni o per creare verifiche, ma sono consapevoli che si tratta di artifici programmati ad hoc per eseguire certe procedure automatiche e l’abbraccio verso la tecnologia resta molto cauto, ma ambizioso.

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