Diritti

A quanto pare 2 stupri valgono meno di 7 anni

Per effetto della riforma Cartabia, Alberto Genovese - condannato per violenza sessuale - ha visto la sua pena ridursi notevolmente. Divenuta talmente irrisoria da umiliare, di nuovo, le vittime
Credit: Steve Johnson
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
3 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

Alberto Genovese l’ha fatta quasi franca. Il pluri stupratore ed ex imprenditore infatti, era stato condannato con rito abbreviato a 8 anni e 4 mesi per aver violentato 2 ragazze, a Milano e Ibiza, ma in questi giorni ha rinunciato all’appello, e per effetto della riforma Cartabia appena entrata in vigore, ha beneficiato di uno sconto immediato di un sesto della pena, diventata quindi di circa 7 anni.

Non solo: considerando il periodo di detenzione già effettuato prima della sentenza e i vari sconti per buona condotta, basteranno pochi mesi dietro le sbarre e, quando la pena scenderà sotto i 4 anni, potrà chiedere l’affidamento terapeutico in una struttura di recupero per tossicodipendenti (dove si trova tuttora).

7 anni sulla carta, molto meno nella realtà. Questo valgono le vite spezzate di 2 ragazze che molto probabilmente non si riprenderanno mai del tutto da quel che è successo loro, in quella Terrazza Sentimento nel cuore di Milano - divenuta ormai celebre anche per chi di Milano non è - e in una villa extra lusso nella sfarzosa Ibiza.

La diciottenne abusata e seviziata per ore nell’attico lombardo nel 2020 ricorda poco di quella notte ma le telecamere sparse ovunque nella casa dell’orrore lo hanno fatto per lei, documentando l’indicibile: violenze sessuali di ogni genere da parte di Genovese, introduzione nel corpo di oggetti, somministrazione di droghe e accanimento su un corpo e una mente non in grado di rispondere ad alcuno stimolo, figuriamoci di dire di no.

Quelle immagini sono state scandagliate dalla polizia ma anche dai media, che in più di un’occasione hanno quasi sperato di trovare anche in un solo frammento il più piccolo accenno di consensualità. Un gesto, uno sguardo. Ci hanno provato e in parte ci sono riusciti, dando la colpa alla droga, all’alcol, alla circostanza non adatta a una ragazza così giovane. Una delegittimazione continua della vittima, sfociate nella sentenza che di fatto sostiene non sia successo nulla o quasi.

Sì ok, un reato (anzi due) c’è stato ma vale solo 7 anni. E lui è un uomo tanto fragile, fa uso di droghe per colmare un vuoto interiore. Poi scusa, ragazzina, cosa ci sei andata a fare a una festa di adulti? E tu in quella villa a Ibiza? Tutti a chiedersi perché Cappuccetto Rosso sia andata nel bosco, senza inchiodare il lupo alle sue responsabilità.

Io poco più che ventenne sono finita con un paio di amiche a una cena in una villa con piscina di ultra quarantenni (l’età dei nostri genitori all’epoca). Non ricordo perché, so solo che doveva essere una festa ma alla fine eravamo meno di 10. Non successe nulla ma sicuramente non eravamo state invitate per chiacchierare e se la serata fosse degenerata, la prima domande che ci avrebbero fatto tutti sarebbe stata: «ma cosa ci siete andate a fare»? E non: «come hanno potuto farvi questo»?

Per non parlare delle tante uscite alcoliche ai tempi dell’università. A me fino a oggi è andata bene, a tante ragazze è andata bene, ma la verità è che ci siamo trovate tutte, chi più chi meno, in situazioni di potenziale pericolo. La colpa però non è nostra e nessuno dovrebbe sottintenderlo. Tanto meno i tribunali.

Eppure storie di questo tipo riportano sempre allo stesso punto: le donne in qualche modo se la vanno a cercare. Se è vero che le sentenze sono sempre da rispettate è impossibile in questo caso non sentirsi indignate di fronte a un sistema che non tutela abbastanza, e spesso per nulla, la donna che subisce violenza. Ma al contrario è indulgente con l’uomo che la commette, ancor di più se ricco e con una posizione sociale rilevante, come nel caso di Genovese, che continua a essere descritto come l’imprenditore illuminato padre di un’azienda di successo.

Ogni anno il 25 novembre ci si trova a fare la conta annuale dei femminicidi e delle violenze subite dalle donne, riempendosi la bocca di parole vuote e slogan buoni per la carta dei cioccolatini ma a cosa serve tutto questo se 18 ore vi abusi valgono meno di 7 anni di carcere?

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