L’avanzata dei paradisi fiscali

- Indice dei contenuti
- E nel resto d'Europa?
- La perdita di ricchezza
- I rischi
I paradisi fiscali sono giurisdizioni che offrono un sistema di tassazione agevolata ed elevati gradi di riservatezza a livello bancario, consentendo di “nascondere” in qualche misura la propria ricchezza.
Negli ultimi anni, gli investimenti nei paradisi fiscali sono aumentati: per esempio in Spagna, passando da 95 milioni di euro nel 2019 a 221 milioni nel 2020, con un aumento del 131%. E dove vanno a finire questi soldi? Prevalentemente nelle Isole Vergini Britanniche, che sono destinatarie del 70% del denaro proveniente da queste operazioni; ma anche le Isole Bermuda vedono triplicare i flussi in entrata da parte della Spagna.
E nel resto d’Europa?
Altri Paesi con regimi fiscali agevolati sono Lussemburgo, Paesi Bassi e Irlanda che, infatti, troviamo tra i regolari destinatari degli investimenti spagnoli.
Nonostante l’ingente incremento percentuale, la realtà è che gli importi che vengono destinati a questi stessi investimenti sono esigui rispetto al totale: parliamo infatti di circa 221 milioni di euro su un totale di 28.592 milioni.
Anche in Italia la ricchezza nascosta ha mostrato un’impennata. Nel 2021 i capitali offshore - ovvero il denaro dei conti correnti aperti nei paradisi fiscali - hanno raggiunto un valore pari a 277 miliardi di euro, a fronte di 142 miliardi nel 2016 e 227 miliardi nel 2018, con un incremento quinquennale pari al 95,7%.
La perdita di ricchezza
Il principale problema causato dai flussi di ricchezza in uscita è la perdita di gettito fiscale. In Italia, solo nel 2021, il totale del mancato introito fiscale è stato pari a 12,4 miliardi di euro, posizionando il Belpaese al 14° posto nella classifica europea in tema di perdite medie annue di gettito fiscale. Al primo posto, Malta con una perdita pari all’1,58% del Pil, seguita da Cipro e Portogallo, con rispettivamente 1,21% e 0,79%.
Secondo i dati riportati dall’Annual Report on Taxation della Commissione europea, i contribuenti dell’Ue detengono depositi offshore per un valore pari 1.700 miliardi di euro - circa il 12% del Pil europeo - causando all’Unione una perdita di gettito fiscale pari a 124 miliardi di euro.
I rischi
Buona parte dell’evasione fiscale avviene attraverso lo sfruttamento di società di comodo, anche dette shell entities, con le quali le imprese dirigono i flussi finanziari in territori con sistemi di tassazione agevolati se non nulli. Questo meccanismo non necessariamente viene utilizzato solo da imprese ma anche dai singoli, con il fine di non pagare le imposte patrimoniali sugli immobili nel Paese di residenza o nel Paese di ubicazione del bene.
Il controllo di queste società all’interno dell’Ue è difficile, tanto che il loro numero è sconosciuto a causa dell’assenza di una definizione comune di società di comodo a livello europeo.
Con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale, il 22 dicembre 2022 la Commissione Ue ha presentato un’iniziativa finalizzata alla lotta contro l’uso di entità di comodo per scopi fiscali impropri: l’obiettivo del regolamento è quello di stabilire degli standard di trasparenza sull’utilizzo delle stesse entità, in modo da facilitare l’individuazione dalle autorità fiscali. Una volta adottata da tutti gli Stati membri, la direttiva entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024.
