Ambiente

Tra 6 anni diremo addio alle caldaie a gas?

Il programma sul tavolo della Commissione Ue prevede l’abbandono degli apparecchi alimentati da fonti fossili entro il 2029. Ma già entro 3 anni è previsto il declassamento delle etichette di performance energetica
Credit: Frank Rumpenhorst/dpa
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1 febbraio 2023 Aggiornato alle 16:00

Il piano è tracciato: abbandonare le caldaie a gas entro il 2029. Con un percorso a tappe, segnato da un progressivo declassamento delle etichette di performance energetica e arrivando, infine, all’accantonamento definitivo delle caldaie alimentate da fonti fossili.

Il programma è sul tavolo della Commissione Ue, dopo il lancio – nella primavera scorsa – del pacchetto RepowerEu, per svincolarsi dalla dipendenza dal gas russo.

Un effetto dell’invasione russa in Ucraina: l’esigenza di rispondere alle perturbazioni del mercato energetico mondiale, affrancandosi dal Cremlino e, nel contempo, accelerando sulla transizione energetica. Così ai banchi della Commissione finiscono misure finanziarie e legislative che muovono lungo tre direttrici: risparmiare energia, produrre energia pulita e diversificare l’approvvigionamento energetico.

Tra le proposte allo studio della Commissione, anche il progressivo accantonamento delle caldaie alimentate da fonti fossili – le caldaie a gas – l’abbandono delle quali passa per un calendario già tracciato, che giunge sino al 2029. In mezzo, il declassamento delle etichette di performance energetica, quelle – cioè – che indirizzano il consumatore sulle caratteristiche prestazionali e i costi energetici del prodotto su cui sono affisse. Questo entro il 2026. Seguito da un taglio sulle incentivazioni per l’acquisto delle caldaie, da indirizzare, eventualmente, verso altre apparecchiature. Infine, l’abbandono definitivo delle caldaie a combustibile fossile o, al limite, la loro convivenza sul mercato con nuovi prodotti alimentati a combustibile non fossile, come già disposto da altri Paesi Ue.

Già la Francia, infatti, ha imboccato la strada dell’abbandono delle caldaie a gas, disponendo, dallo scorso anno, il divieto di istallazione all’interno dei nuovi immobili o in quelli per cui è stato chiesto il permesso di costruire a partire dal 1 gennaio 2022. Così anche l’Austria, con il divieto, a partire dall’anno in corso, di installare il riscaldamento a gas nei nuovi edifici, oltre all’obbligo di sostituire gli apparecchi rotti con nuovi alimentati da fonti non fossili.

Anche in Ue, dunque, le linee di indirizzo sono tracciate. Ancora da vedere, invece, se le misure operative prevederanno l’abbandono senza riserva delle caldaie a gas oppure il loro affiancamento ad apparecchi alimentati a biogas o idrogeno in un’ottica di convivenza sul mercato (seppur con incentivi indirizzati verso i sistemi rinnovabili) come predilige, a esempio, Assotermica, l’associazione dei produttori di apparecchi e componenti per impianti termici afferente a Confindustria.

«Per adesso – riferisce Valentina D’Acunti, capo comparto gas di Assotermica - la Commissione europea sta elaborando un testo, quindi a oggi non esiste una definizione dettagliata di questo divieto. Di certo, l’impostazione più corretta sarebbe che, anziché vietare le caldaie a gas, vengano invece fissati dei requisiti che puntino all’utilizzo di apparecchi pronti all’utilizzo di fonti rinnovabili. Bisogna guardare a come sono alimentate le caldaie, perché è sbagliato pensare che queste siano realizzate solo per funzionare con combustibili fossili».

Da parte dei produttori, insomma, la richiesta è un mercato ibrido che possa rispondere alle diverse esigenze. Da parte dell’Ue, invece, la linea resta ancora da definirsi, mentre l’indirizzo appare chiaro: rispondere alle esigenze della mutata realtà geopolitica e del mercato dell’energia, assecondando il sentiment degli europei, l’85% dei quali si è detto a sostegno di un affrancamento dalla dipendenza russa.

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