Diritti

America Latina: per i giornalisti è più pericolosa dell’Ucraina

Dei 67 reporter uccisi nel 2022, secondo il Committee to Protect Journalists (Cpj) 30 sono morti nella regione latinoamericana, il luogo più rischioso al mondo in cui raccontare la verità
Un artista di nome Oscar realizza un fumetto sull'umorista e giornalista colombiano Jaime Garzon durante la Hall of Leisure and Fantasy 2019, a Bogotà, Colombia, 12 ottobre 2019.
Un artista di nome Oscar realizza un fumetto sull'umorista e giornalista colombiano Jaime Garzon durante la Hall of Leisure and Fantasy 2019, a Bogotà, Colombia, 12 ottobre 2019. Credit: EPA/Oskar Burgos
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3 febbraio 2023 Aggiornato alle 16:00

Il 2022 è stato un anno nero per chi lavora nell’informazione e nella stampa. Secondo quanto riportato dal report rilasciato la settimana scorsa dal Committee to Protect Journalists (Cpj) sarebbero almeno 67 lǝ giornalistǝ uccisǝ in tutto il mondo, il numero più alto registrato dal 2018.

Un numero considerevole, ma che forse non ci stupisce dato il conflitto russo-ucraino iniziato poco meno di un anno fa. Sono 15 infatti lǝ reporter uccisǝ in Ucraina, 8 dellǝ qualǝ rimastǝ vittime del fuoco incrociato in operazioni di guerra.

Il luogo in assoluto più pericoloso dove praticare la professione di giornalista è però l’America Latina, campo minato (metaforico e letterale) in particolare per coloro che si occupano di criminalità organizzata, di corruzione, di violenza tra gang e di ambiente.

Il record è detenuto dal Messico che si piazza al primo posto con ben 13 reporter uccisǝ, il numero più alto mai registrato in un solo anno. Nel Paese latino-americano l’uccisione mirata di giornalistǝ che si occupano di politica e di crimine organizzato è all’ordine del giorno, e il clima di violenza e impunità rende pressoché impossibile accertare i reali motivi della morte e di identificare e punire lǝ responsabili. Anche gli strumenti di protezione statale offerta aǝ cronistǝ si sono rivelati tristemente inefficaci e non hanno evitato la morte, il 23 gennaio 2022, di Maria Guadalupe Lourdes Maldonado López, uccisa nella sua vettura a Tijuana nonostante viaggiasse sotto scorta.

Seguono poi Colombia e Brasile. Nel primo target principale sono coloro che si occupano di criminalità organizzata e traffico internazionale di droga, come nel caso di Rafael Emiro Moreno Garavito, ucciso il 16 ottobre 2022 da due uomini armati, mentre lavorava al suo ristorante. Direttore del giornale online Voces de Cordoba, Moreno stava investigando l’estrazione illegale di oro da parte di un gruppo criminale noto come il Clan del Golfo. Già da anni era sotto la protezione del Governo a causa delle minaccie di morte seguite ai suoi numerosi reportage sulla corruzione politica e sui cartelli della droga.

Il Brasile di Jaír Bolsonaro ha visto invece inasprirsi la posizione della stampa, e in particolare deǝ giornalistǝ ambientali che hanno denunciato lo sfruttamento sconsiderato delle risorse in Amazzonia a scapito delle popolazioni indigene. Un trend che il Governo Lula sta cercando di invertire promettendo la creazione di uno speciale osservatorio per monitorare gli attacchi alla stampa.

Dopo la netta presa di posizione del Presidente contro gli attacchi aǝ giornalistǝ da parte delle forze dell’estrema destra, è arrivata anche la dichiarazione del capo della polizia dello Stato di Amazônia che ha affermato di aver finalmente identificato il mandante dell’omicidio dei giornalisti Dom Phillips e Bruno Pereira, avvenuto nel giugno scorso nella valle Javari, sede di miniere illegali e di episodi di bracconaggio da parte di gruppi criminali.

Instabilità politica e violenza hanno creato una situazione particolarmente difficile anche ad Haiti, dove lǝ giornalistǝ che si occupano di violenza tra gang e di corruzione hanno visto aumentare gli attacchi dopo l’omicidio del Presidente Moïse nel luglio scorso. Secondo il Cjp, almeno due dei sette reporter uccisi sarebbero statǝ colpitǝ dalla polizia.

In generale lǝ giornalistǝ più colpitǝ risultano essere quellǝ che si occupano di politica, criminalità e corruzione nei loro Paesi o nelle loro comunità di origine. È questo il caso di Genivaldo Oliveira, il fondatore del giornale comunitario Pirambu News ucciso a Fortaleza a causa dei suoi articoli sulla criminalità locale e sull’operato della polizia.

“Occuparsi di questi temi è diventato estremamente pericoloso” ha detto al Guardian Carlos Martínez de la Serna, direttore del Cjp di New York. “Il costo di attaccare unǝ giornalista è molto basso. La maggior parte dei casi non viene mai risolto e i responsabili non vengono puniti.”

Impunità, mancanza di trasparenza e di meccanismi di responsabilità rende difficile accertare i motivi, lǝ mandanti e lǝ esecutorǝ di tutti questi crimini. Per moltǝ deǝ giornalistǝ uccisǝ verosimilmente, come affermato da Martínez de la Serna, non verrà mai fatta giustizia né si arriverà a chiarire esattamente ciò che è successo. Basti pensare che dei 67 casi riportati dal Cjp per ben 26 il comitato è in attesa di determinare se la morte è stata accidentale oppure è collegata al lavoro che stavano svolgendo.

Stanno tuttavia aumentando le proposte di meccanismi protezione nate sia spontaneamente sia, come nel caso del Brasile, sulla spinta di Governi che vogliono intrattenere relazioni rispettose e costruttive con la stampa e le agenzie di informazione. Queste iniziative sono incoraggianti e potranno spingere sempre più giornalistǝ a mobilitarsi per chiedere rispetto e protezione mentre svolgono il proprio lavoro, perché nessuna voce debba più essere messa a tacere con la violenza e con la morte.

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