Culture

Le ceneri di Putin in mostra a Los Angeles

Il collettivo artistico femminista Pussy Riot ha allestito alla Jeffrey Deitch Gallery l’esposizione Putin’s Ashes, sviluppata da Nadya Tolokonnikova, in cui inscena la morte del dittatore russo
Credit: Jeffrey Deitch Gallery
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
31 gennaio 2023 Aggiornato alle 17:00

«Brucia a terra, ti porto all’inferno». Con queste parole rivolte a Vladimir Putin che lasciano poco spazio all’immaginazione, le Pussy Riot hanno accompagnato sul loro canale Instagram il lancio di un video a sua volta preludio di una mostra allestita alla Jeffrey Deitch Gallery di Los Angeles, che inscena e in qualche modo auspica la morte del dittatore russo.

Pussy Riot è un collettivo artistico femminile russo nato nel 2012 proprio per protestare contro la politica di Putin e denunciare le violente repressioni mosse contro gli oppositori al regime. Nonostante siano riconosciute principalmente come una band, le loro azioni sono da sempre trasversali e abbracciano diversi campi.

Putin’s Ashes, le ceneri di Putin, è il nome di questo nuovo progetto sviluppato da una delle fondatrici del collettivo, Nadya Tolokonnikova, e iniziato nell’agosto 2022 con un rituale condotto dalla stesso Tolokonnikova in un arido paesaggio desertico. Lì l’attivista aveva riunito undici donne provenienti da Russia, Ucraina e Bielorussia munite di maschere rosse e vestite con sottovesti nere e calze a rete, con le quali ha bruciato un enorme dipinto del presidente russo e raccolto le ceneri.

Dell’evento è stato girato un video dal forte impatto emotivo anche grazie alla musiche create da Nadya, diventato poi il cuore della mostra.

Nonostante sia solo una foto a bruciare è impossibile non farsi trasportare dal racconto visivo e sonoro e anche una volta terminata la sequenza rimanerne indifferenti.

Affiancato allo schermo che proietta il cortometraggio, nello spazio espositivo californiano sono appese in cornici ricoperte di pelliccia sintetica tre fiale contenenti le cenere della tela, e simbolicamente quelle di Putin.

Quello che i visitatori sono chiamati a osservare è quindi una sorta di mausoleo del tiranno, come lo ha definito la stessa Tolokonnikova il cui scopo era proprio spingere gli spettatori a riflettere e a scavare più a fondo nella questione della guerra russa in ucraina e di colui che l’ha ordinata.

«Protesto contro Putin dal 2007 e penso davvero che debba essere fermato perché è il dittatore più pericoloso del pianeta oggi», ha dichiarato alla vigilia dell’inaugurazione della mostra che, in pieno stile Pussy Riot non poteva certo essere tranquilla.

In quell’occasione, infatti, davanti all’ingresso della galleria d’arte è stata organizzata una manifestazione di protesta contro il conflitto e successivamente l’ingresso è stato consentito solo a chi indossasse un passamontagna come quelli che hanno reso celebri le Pussy Riot.

Difficile infatti dimenticare il loro esordio, l’esibizione, subito interrotta dalle forze dell’ordine, di una sorta di preghiera punk dentro la Cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, tempio della chiesa ortodossa, proprio munite di passamontagna colorati. A seguito di quel blitz diversi membri del gruppo furono arrestati e accusati di teppismo motivato da odio religioso e Nadya Tolokonnikova e Maria Alyokhina, un’altra delle fondatrici, furono condannate a due anni di prigione.

Quell’episodio è stato solo l’inizio di una lotta che ha portato negli anni molte attiviste del collettivo a subire violenze fisiche e verbali, intimidazioni e arresti motivati solo dalla voglia di zittirle. Nulla però è servito e oggi le Pussy Riot sono più vive che mai e non si nascondono più ma sfidano Putin a viso aperto con ogni mezzo artistico possibile.

Proprio per questo, nel progetto Putin’s Ashes è stato coinvolto anche il celebre illustratore Frank Shepard Fairey, noto con lo pseudonimo di OBEY, che ha realizzato un poster nei toni del nero, bianco e rosa che verrà venduto in un’edizione limitata in NFT e il cui ricavato sarà devoluto a sostegno dell’Ucraina e in particolare all’acquisto di droni per le forze di terra.

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