Ambiente

Transizione energetica, promossi e bocciati

Un rapporto di BloombergNef stila una classifica dei Paesi più virtuosi sul piano degli investimenti per la transizione green. Guida la Cina. Staccate Usa ed Europa. Ma non basta per la lotta al cambiamento climatico
Credit: Neil Ever Osbourne
Tempo di lettura 4 min lettura
31 gennaio 2023 Aggiornato alle 10:00

Aumentano gli investimenti sul piano della transizione energetica. Anche sulla scorta delle necessità indotte dalla crisi energetica a seguito dell’invasione russa in Ucraina. Ma c’è ancora da fare per la lotta al cambiamento climatico. Specie nell’ottica dell’agognata carbon neutrality entro il 2050.

Queste, in sintesi, le evidenze ricavate dal rapporto redatto da BloombergNef sullo stato degli investimenti per la transizione green nel mondo.

A guidare la classifica è la Cina, che marca un significativo distacco con gli altri Paesi. Quasi la metà degli investimenti nella transizione verde – secondo i dati forniti da Bloomberg – fanno capo al dragone. Un trend già intercettato dal Green Future Index 2022, la valutazione effettuata dal MIT Technology Review (rivista del Massachussetts Institute of Technology) sulla capacità delle nazioni di sviluppare un futuro sostenibile. E che in un vasto spettro di indicatori tiene conto anche degli investimenti nelle rinnovabili e delle politiche verdi sviluppate.

La Cina, nel rapporto reso pubblico nell’aprile scorso, è risultata 26esima su 76 Stati. Salendo di venti posizioni rispetto alle rilevazioni precedenti. Sintomo di una rinnovata attenzione alle politiche green, confermata a più riprese nei discorsi pubblici dell’establishment di Pechino. In ultimo, anche nel ventesimo congresso del Partito, quello del conferimento del terzo mandato a Xi Jinping.

Tornando alla classifica di BloombergNef, alla Cina fanno seguito Stati Uniti e le europee Francia e Germania. Ma è significativo il distacco da Pechino sugli investimenti per policy ambientali. In un anno – non va dimenticato – in cui il conflitto ucraino ha segnato una ineluttabile rimodulazione delle politiche interne per far fronte alla crisi energetica.

In generale, però, le evidenze emerse dal report dicono di dati incoraggianti. Specie se si considera la quantità di denaro speso in rinnovabili: sfondato, per la prima volta, il tetto di 1000 miliardi di euro di investimenti in tutto il mondo – più 31% rispetto all’anno precedente – con un dato vicino ai fondi destinati ai combustibili fossili.

Sul punto il responsabile dell’analisi di BloombergNef, Albert Cheung, è fiducioso: «Gli investimenti nelle tecnologie energetiche pulite sono pronti a superare gli investimenti nei combustibili fossili e non torneranno indietro», il suo commento.

Nonostante l’entusiasmo venga frenato da una considerazione inevitabile: occorre fare molto di più per la lotta al cambiamento climatico se – come stabilito – l’obiettivo è la decarbonizzazione entro il 2050.

Sul versante europeo, l’obiettivo di una carbon neutrality è fissato in due step: una riduzione del 55% entro il 2030, e un azzeramento, appunto, entro il 2050. E l’urgenza di raggiungere questi obiettivi è ormai lapalissiana, se non altro considerando i picchi di temperature che negli ultimi otto anni hanno superato quelle di fine Ottocento.

Per questo, le evidenze rispetto a uno slancio nello sviluppo di tecnologie verdi – specie nei settori dell’energia e dei trasporti, come rilevato anche dai rapporti dell’International Energy Agency (Iea) – sono importanti. Come importante è la considerazione emersa nel Convegno del 25 gennaio al Cnel organizzato dal Forum Disuguaglianze, Cref e l’Istituto Sant’Anna di Pisa per presentare gli esiti della ricerca del centro Enrico Fermi sullo sviluppo delle tecnologie green: “La trasformazione verde – è stato detto - è un processo già in atto e non è in conflitto con lo sviluppo”. E lo è anche in Italia, quinta, secondo la ricerca, in Europa (la precedono Germania, Inghilterra, Francia e Austria) sul parametro dei brevetti verdi, ossia lo sviluppo di innovazioni tecnologiche legate alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico, seppur con profonde disparità regionali. E con la necessità – propria non solo dell’Italia - di implementare le politiche ambientali per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni e far fronte alle sfide incombenti.

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