Futuro

Più pelo per tutti!

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha esaminato il Dna di 62 specie di mammiferi per capire perché siamo diventati più glabri rispetto ai nostri antenati. Scoprendo che i geni responsabili sono ancora lì
Credit: Mikita Yo
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
5 febbraio 2023 Aggiornato alle 20:00

Cosa accomuna balene, elefanti, esseri umani, delfini e le resistenti e longeve talpe nude? Sono tutti mammiferi, d’accordo. Ma, l’ultimo che abbiamo citato ci fornisce un indizio, sono anche mammiferi con pochi o nessun pelo.

Perché specie così diverse si sono spelacchiate muovendosi lungo i rami del proprio albero evolutivo? È la domanda sollevata da un team di ricercatori statunitensi che hanno esaminato i codici genetici di 62 animali nel tentativo di identificare quali cambiamenti possono aver contribuito all’evoluzione convergente di questa caratteristica in specie di mammiferi non imparentate.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica eLife, e rivelano che i geni e le sequenze regolatrici del Dna, precedentemente associate alla crescita dei capelli, accumulavano mutazioni a velocità significativamente diverse nei mammiferi glabri rispetto a quelli pelosi.

Questo indica che regioni associate alla crescita dei capelli sono anche correlate all’evoluzione della mancanza di peli. In altre parole: non abbiamo perso i peli, li abbiamo disabilitati progressivamente nel corso di un processo adattivo. «Il fenotipo glabro nei mammiferi è sorto almeno nove volte indipendenti lungo la filogenesi dei mammiferi», evidenzia lo studio.

«Poiché gli animali sono sottoposti a pressioni evolutive per perdere i capelli, i geni che codificano i capelli diventano meno importanti», ha dichiarato Nathan Clark, professore associato di Genetica umana presso l’Università dello Utah che ha condotto lo studio insieme Maria Chikina dell’Università di Pittsburgh e a Amanda Kowalczyk dell’Università Carnegie Mellon di Pittsburgh.

«Ecco perché accelerano il ritmo dei cambiamenti genetici consentiti dalla selezione naturale. Alcuni cambiamenti genetici potrebbero essere responsabili della caduta dei capelli. Altri potrebbero essere danni collaterali dopo che i capelli smettono di crescere».

L’auspicio dei ricercatori è che questi interruttori genetici possano essere in qualche modo riattivati a beneficio delle persone in caso di calvizie, chemioterapia o disturbi che causano la perdita dei capelli.

Una volta convalidate, infatti, le scoperte «potrebbero essere utilizzate per sviluppare trattamenti per la caduta dei capelli negli esseri umani. – afferma la ricerca – Inoltre il loro approccio computazionale potrebbe essere applicato ad altri esempi di evoluzione convergente in cui sono disponibili dati genomici, consentendo agli scienziati di comprendere meglio come si evolvono gli stessi tratti in specie diverse».

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