Ambiente

Il gasdotto che manca per rendere l’Italia hub mediterraneo del gas

Presentato nel 2005, il progetto di costruzione di un gasdotto per trasportare metano non è ancora stato realizzato. Mancano le ultime autorizzazioni regionali
Credit: Marcus Brandt/ Dpa
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25 gennaio 2023 Aggiornato alle 18:00

L’Italia vuole diventare l’hub europeo del metano, ma le manca un tubo.

Si tratta della così detta ‘linea adriatica’, il gasdotto di 400 chilometri che dovrebbe collegare la cittadina di Sulmona, in provincia dell’Aquila, con quella di Minerbio, vicino a Bologna.

Il progetto è stato presentato nel 2005, ma non è ancora stato realizzato. Infatti non sono arrivate tutte le ultime autorizzazioni regionali e i cittadini dei territori interessati si oppongono: quella che per le nostre forniture energetiche potrebbe essere un’opera strategica, per i comitati rappresenterà un grave danno al paesaggio e alla biodiversità.

Per accelerare le procedure il governo pensa di commissariare i lavori.

Con l’invasione russa dell’Ucraina, rendersi indipendenti dal gas di Mosca è diventata un’urgenza per i Paesi dell’Unione europea.

Il piano italiano, già avviato sotto Mario Draghi, prevede di diversificare gli approvvigionamenti, aumentando le importazioni di metano dal Nord Africa. Le ambizioni di Roma però vanno anche oltre: durante la sua visita ufficiale in Algeria, uno dei partner storici insieme a Libia ed Egitto, la Presidente Giorgia Meloni ha rivendicato il ruolo dell’Italia come potenziale ‘hub del gas’ europeo.

Nel prossimo futuro, dal Mediterraneo potrebbero arrivare fino a 12-15 miliardi di metri cubi di gas in più, rispetto ai livelli attuali. Questi dovrebbero poi risalire la Penisola per essere smistati nel centro e nel nord dell’Europa.

C’è solo un problema: mancano le infrastrutture. Con gli impianti attuali infatti «dal Sud Italia possono arrivare al massimo 126 milioni di metri cubi di gas al giorno», ha spiegato l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che ha accompagnato Meloni ad Algeri. Bisogna quindi superare questo “collo di bottiglia” per battere gli altri Paesi del Sud del continente nella corsa alle forniture energetiche, «un’occasione che non dobbiamo perdere».

Innanzitutto, è necessario potenziare i gasdotti già esistenti: quello tra la Libia e Gela e quello che, passando dalla Tunisia, collega l’Algeria a Mazzara del Vallo, in Sicilia.

Con l’apertura del Tap a Melendugnano, in Salento, si legge nei documenti Snam, potrebbero entrare in Italia fino a 190 milioni di metri cubi di gas al giorno.

Serve però completare una nuova dorsale che dalla provincia di Taranto, in Puglia, attraversi l’Abruzzo e risalga l’Appennino fino all’Emilia Romagna. La nuova linea adriatica

permetterebbe di aggiungere 25 milioni di metri cubi giornalieri ai 126 attuali, raggiungendo sin da subito la portata di 150 milioni, afferma l’azienda.

Nonostante il metano rientri nella tassonomia europea come fonte necessaria alla transizione verso energie più pulite, si tratta di una fonte energetica con un forte impatto sul clima. Il timore è che quindi nuove infrastrutture favoriscano la dipendenza dai combustibili fossili.

Le nuove condutture non sarebbero però legate soltanto all’estrazione e al trasporto del gas: in futuro si ipotizza che potrebbero essere utilizzate per l’idrogeno verde, prodotto grazie agli impianti fotovoltaici installati sempre nel Nord Africa.

Nonostante questa prospettiva, la linea adriatica non convince le amministrazioni regionali e i cittadini. Del progetto si parla ormai da quasi vent’anni, per ora solo due delle tre tratte hanno avuto tutte le autorizzazione e Arera - Autorità per la regolazione di energia reti e ambiente - ha aperto soltanto da poco le consultazioni pubbliche per raccogliere le osservazioni sul progetto.

Per i comitati no hub si tratta di un’opera costosa che danneggerebbe la natura: “passa attraverso diverse aree protette, come Parchi Nazionali e Regionali” si legge in un comunicato del gruppo.

“Rappresenta un fattore di disturbo acustico e luminoso” per diverse specie animali, per esempio gli orsi marsicani che abitano l’Appennino. Gli abitanti chiedono una valutazione sismica, visto che i territori interessati dal progetto sono già stati teatro di scosse di terremoto.

Il braccio di ferro si prospetta ancora lungo e si fa sentire la concorrenza degli altri potenziali hub, cioè Spagna e Portogallo, al lavoro su progetti per il trasporto di gas nel Mediterraneo, e Germania, che invece si concentra sul Mare del Nord.

Il Governo pensa quindi a come non perdere tempo: una strada potrebbe essere quella di dichiarare la dorsale ‘opera strategica’ e commissariare le procedure. In questo caso, come avvenuto già per i rigassificatori di Piombino (Toscana) e Ravenna (Emilia Romagna), i lavori si farebbero anche senza le ultime autorizzazioni delle amministrazioni locali.

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