Diritti

Il cinema italiano a fianco dell’Iran

L’Associazione Nazionale Autori Cinematografici si è riunita al Nuovo Cinema Aquila (Roma) per mostrare il proprio sostegno ai colleghi iraniani. E per richiedere la fine delle esecuzioni capitali
Locandina di “Radiograph of a family" - regia di Firouzeh Khosrovani
Locandina di “Radiograph of a family" - regia di Firouzeh Khosrovani
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24 gennaio 2023 Aggiornato alle 13:15

Si è aperta tra le note della musica tradizionale persiana l’inziativa organizzata da Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) in solidarietà con il popolo iraniano, che da più di 4 mesi continua a protestare contro il Governo della Repubblica islamica. L’evento si è svolto al Nuovo Cinema Aquila di Roma per richiedere la fine delle esecuzioni capitali e della violenta repressione in atto contro i manifestanti.

In una sala gremita, con tanti partecipanti rimasti in piedi o seduti in terra, il mondo del cinema italiano ha voluto mostrare il proprio sostegno ai colleghi e alle colleghe iraniane, da tempo oggetto di persecuzione da parte del regime. La mobilitazione è iniziata con una raccolta di firme che ha superato il centinaio di adesioni di artisti e della Biennale di Venezia.

Tanti gli interventi che si sono succeduti dopo l’introduzione musicale di Vahid Hadjihosseini (santour), Mohsen Kasirossafar (tombak) e Paolo Modugno (bendir e dayereh) e la presentazione del presidente di Anac Francesco Ranieri Martinotti e del regista Mimmo Calopresti.

«La repressione è iniziata in particolare dalle cineaste - ha ricordato il regista Italo Spinelli, tra i promotori dell’iniziativa, riferendosi all’arresto di Mina Keshavarz e Firouzeh Khosravani a maggio dello scorso anno - Il cinema è stata l’arena politica e culturale della risposta a questo regime. Per questo viene colpito e censurato».

La regista Liliana Cavani è intervenuta telefonicamente, esprimendo «piena condivisione per la battaglia delle donne iraniane. La disparità dei diritti non è più accettabile in nessun posto del mondo».

Quello che manca alle iraniane però, secondo la scrittrice ed ex-parlamentare Luciana Castellina, non sono le possibilità, ma «il diritto a essere riconosciute come donne». Citando i film di Firouzeh Khosrovani, Castellina ha spiegato come l’accanimento sui corpi e sull’abbigliamento delle donne sia sempre stato messo in atto dai regimi autoritari, dall’epoca dello shah a quella degli ayatollah.

Presente anche la sottosegretaria al Ministero della Cultura Lucia Borgonzoni in rappresentanza delle istituzioni. Una serata di solidarietà ma dove c’è stato spazio anche per analisi e riflessioni, grazie ai contributi dei giornalisti Marina Forti e Giuliano Battiston. Forti ha sottolineato come le proteste non siano un fatto inedito in Iran, ma questa è la prima volta che vengono fatte in nome della libertà delle donne. Le iraniane sono sempre state molto presenti nella vita politica del Paese e sono state protagoniste anche della rivoluzione contro lo shah. La storia dei movimenti delle donne in Iran porta con sé tante battaglie e «nonostante siano stati repressi, non sono mai stati del tutto zittiti».

Con l’intervento di Giuliano Battiston il quadro della riflessione si è allargato anche al contesto afghano, dove vige un regime per certi aspetti simili a quello iraniano. 2 Paesi governati da religiosi che pretendono di rappresentare tutta la popolazione e dove si vive un’«apartheid di genere». Nonostante tutti i provvedimenti contro le donne imposti dai talebani, le afghane stanno continuando a protestare, anche in solidarietà con la lotta delle iraniane.

Il regista Moshen Makhmalbaf ha partecipato alla serata inviando un video-messaggio in cui ha ricordato l’importanza del cinema iraniano come strumento di contro-narrazione alla propaganda del regime, un ruolo che molte persone hanno pagato con la perdita della libertà o della vita. «Cari amici, oggi siete qui in solidarietà con la rivoluzione iraniana e per chiedere la scarcerazione dei prigionieri politici, compresi tanti registi. La vera libertà di questi artisti si realizzerà solo con la fine della dittatura islamista».

L’evento si è concluso con la proiezione del film Il male non esiste del regista iraniano Mohammad Rasoulof, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino 2020. Il cineasta, arrestato la scorsa estate e temporaneamente rilasciato per motivi di salute, racconta in 4 episodi la tematica della pena di morte nelle sue implicazioni morali ma anche sulla vita quotidiana.

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