Ambiente

Clean beauty: quanto sono “puliti” i cosmetici bio?

Letteralmente vuol dire bellezza pulita e rimanda al desiderio dei consumatori di applicare sulla propria pelle solo prodotti naturali. Ma nel campo della skin care non esiste ancora uno standard univoco
Credit: Leloo/pexels
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30 gennaio 2023 Aggiornato alle 13:15

Minore impatto ambientale, niente chimica, niente ingredienti ritenuti tossici per la pelle, brevi liste dei componenti - meglio se naturali - e packaging riciclabili. La filiera dei prodotti per il corpo da tempo è green ma anche clean. Un termine che rimanda all’idea di pulizia e trasparenza nei processi produttivi: dalla selezione delle materie prime alla loro lavorazione, dalla scelta dei materiali di confezionamento ai messaggi promozionali finali per consumatori e consumatrici.

Ma cosa significa Clean beauty? «Se chiedi a 10 persone diverse cosa significa Clean beauty, otterrai 10 risposte diverse - ha detto la skin-care influencer britannica Caroline Hirons intervistata dal New York Times - Quando poi vai al sodo, non significa davvero niente».

Oscuro come il termine “sostenibilità” - molto utilizzato nel settore della moda - non esiste una definizione chiara di Clean beauty, un movimento dove i consumatori e le consumatrici decidono consapevolmente cosa applicare sulla pelle affidandosi a definizioni come “derivato naturalmente, cruelty free, non tossico”, che ne hanno aumentato rapidamente la popolarità. Lo dimostra anche l’hashtag Clean beauty che ha 5,6 milioni di followers su Instagram e 1,2 miliardi su TikTok.

A livello normativo non esiste una definizione univoca dei concetti dinaturale” e “biologico” per i prodotti per il corpo. Alcune disposizioni arrivano dall’Unione Europea che attualmente vieta l’uso di oltre 1.300 ingredienti nei cosmetici, benché molti raramente si trovino negli articoli per la cura personale.

Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration - l’ente governativo che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici - vieta 11 componenti cosmetici, mentre lo scorso autunno il Congresso ha introdotto il Safer Beauty Bill Package, una serie di misure che, se approvate, codificheranno le definizioni legali per termini come “naturale” e “derivazione naturale” e vieterà alcuni ingredienti, tipo parabeni e formaldeide.

Mentre in agricoltura e nel campo delle industrie alimentari questi concetti sono regolati da norme, nel campo dei cosmetici non ci sono standard univoci. L’interesse dei consumatori continua ad aumentare, ma aumenta anche la consapevolezza di queste incongruenze. Per esempio, i cosmetici di origine vegetale, che non contengono ingredienti o estratti di sintesi, sono disciplinati dall’unica legge che esista a oggi - la N.1223 del 2009 - che vale per tutti i prodotti fabbricati e venduti in Italia e sul territorio europeo. Ed è la stessa sia che si produca un prodotto green che di sintesi.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Associazione Nazionale Imprese Cosmetiche, sono i prodotti per capelli e cuoio capelluto a ricoprire il 33,1% del fatturato dei cosmetici a connotazione naturale e sostenibile, seguiti dalla cura pelle (30,6%) e dal make-up (23,2%). Per un mercato che in Italia raggiunge i 925 milioni di euro.

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