Economia

Cos’è un fondo sovrano?

La Presidente della Commissione Ue Von der Leyen lo propone per la transizione green delle imprese. Come risposta ai maxi-sussidi stanziati dagli Stati Uniti
Credit: Philipp von Ditfurth/ Dpa
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24 gennaio 2023 Aggiornato alle 19:00

Un’ipotesi ventilata poco più di un mese fa, ma che adesso assume sempre più concretezza.

Durante il terzo giorno del World Economic Forum nella cittadina svizzera di Davos, l’intervento della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen indica il percorso di transizione verso le emissioni zero che l’Unione europea dovrà seguire come risposta all’Ira - Inflation Reduction Act -, pacchetto legislativo appena varato da Washington che concederà sussidi pari a 369 miliardi di dollari per contribuire all’efficientamento energetico di imprese e famiglie americane.

Si tratta di uno dei più grandi investimenti nella storia degli Usa per contrastare il cambiamento climatico, ma i Paesi Ue temono che proprio questa sua enorme potenza di fuoco possa spingere l’industria europea a deviare i propri investimenti negli States.

Proprio per scongiurare la corsa alla delocalizzazione, Bruxelles annuncia che l’Unione europea si doterà di un fondo sovrano grazie al quale sarà finanziata la transizione green industriale, con investimenti incentrati su progetti strategici, per semplificare e velocizzare le autorizzazioni ai nuovi impianti delle tecnologie pulite. Capiamo insieme di cosa si tratta.

Cosa vuol dire fondo sovrano?

Con il nome di sovreign wealth fund (sfw) parliamo di un fondo di investimento di proprietà statale capace di agire su scala globale.

I fondi sovrani gestiscono quindi risorse dello Stato investendo sul mercato in attività finanziarie estere - azioni, obbligazioni, immobili o altri strumenti finanziari - per ottenere profitti o vantaggi strategici nel lungo periodo. Oggi contiamo più di 20 fondi sovrani globali, tra cui spiccano fondi legati ai Paesi esportatori di petrolio come quelli russi, cinesi, arabi e norvegesi.

Proprio tra questi ultimi è presente uno fra i fondi più ricchi, il Government Pension Fund Global, fondo norvegese con un patrimonio di ben 1,3 trilioni di dollari.

Le risorse gestite da questi fondi possono provenire dai ricavi ottenuti dalle esportazioni, da proventi di operazioni di privatizzazioni, riserve valutarie o da surplus fiscali non spesi nell’immediato.

Dopo una crescita imponente sul finire degli anni ’90, gli investimenti dei fondi sovrani subiscono un calo nel 2009, pur mantenendosi a quota 68,8 miliardi di dollari, di cui 41,8 nei Paesi Ocse - partecipanti all’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa - e in quelli emergenti.

La loro attività di investimento si è intensificata in particolare durante la forte crisi del 2007-2008, dove grazie a un investimento di circa 45 miliardi di dollari per le banche americane ed europee, i fondi sovrani hanno imposto il loro peso specifico imponendo la loro importanza finanziaria.

A cosa serve?

Questi fondi non hanno scopo di lucro e non sono speculativi, poiché investono il proprio capitale per raggiungere scopi di ordine e utilità sociale come il risparmio per le generazioni future, l’accumulo di risorse per erogare pensioni, la creazione di riserve di denaro per le emergenze nazionali e il finanziamento di opere strategiche quali infrastrutture e - come nella proposta di Von der Leyen - di tecnologie per produrre energia pulita.

Le intenzioni di Von der Leyen

La Presidente delinea un progetto che, pur aumentando le risorse per «la ricerca, l’innovazione e i progetti industriali per abbattere i gas serra» rimane una misura non a immediato funzionamento come l’Ira, e soprattutto basato sull’erogazione di sovvenzioni ma anche di prestiti, il che equivale a maggiore debito per Stati come l’Italia, economicamente più debole se comparata ai bilanci di Germania e Francia.

Per garantire la parità di trattamento e prevenire forme di concorrenza sleale all’interno della stessa Ue la Presidente, infatti, ritiene necessaria «una soluzione ponte per fornire un supporto rapido e mirato dove è più necessario».

Questa nuova misura, che si inserisce nel più ampio pacchetto di iniziative del Green Deal europeo, segna un ulteriore passo in avanti per l’accelerazione della transizione verde, e raccoglie i consensi dei vertici di tutti i Paesi Ue, fra tutti Olaf Scholz e Emmanuel Macron, che già da tempo esortavano la Commissione Ue a mettere sul tavolo proposte di intervento urgente.

Nel frattempo la Presidente tenta di ammorbidire la svolta protezionista intrapresa da Biden e chiede di aprire ai sussidi destinati dall’Ira anche alle imprese europee, invocando lo stesso trattamento garantito dagli Usa a Paesi - partner commerciali - come Messico e Canada.

In un momento storico dove gli scenari geopolitici e le sempre più opprimenti condizioni climatiche influenzano l’economia in ogni suo aspetto, un intervento come quello impostato dall’Ira rischia di provocare uno spostamento del baricentro industriale dal resto del mondo agli Stati Uniti, portando ulteriori tensioni nel rapporto tra Usa ed Europa.

Per il Vecchio Continente, sembra quindi necessario agire in maniera concreta per tutelare i propri interessi ed evitare la frammentazione del mercato unico.

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