Ambiente

Paesaggio, non ti dobbiamo ignorare

Gli eventi climatici catastrofici hanno reso centrale il tema della sua tutela, che come confermato da Vittorio Rodeschini, presidente dell’associazione culturale Arketipos, è profondamente legata a quella ambientale
Credit: Via instagram.com @imaestridelpaesaggio
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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22 gennaio 2023 Aggiornato alle 16:00

Tutela ambientale e del paesaggio sono due facce della stessa medaglia e se fino a poco tempo fa quest’ultima era sottovalutata e derubricata solo a una questione estetica, con il tempo la sensibilità è cambiata e oggi se ne parla sempre più spesso come di una priorità.

Per approfondire questa evoluzione La Svolta ha incontrato Vittorio Rodeschini, presidente dell’associazione culturale Arketipos, promotrice insieme al Comune di Bergamo del Landscape Festival- I Maestri del Paesaggio, che si tiene nella città lombarda ogni settembre e che sarà inserito nel calendario di eventi di Bergamo Brescia capitali italiane della Cultura.

Cos’è il Landscape Festival?

Un festival ricco di incontri e iniziative che attraverso l’apporto di professionisti di diversi settori mira a promuovere e diffondere la cultura del paesaggio naturale e non al fine di favorire lo sviluppo sostenibile e la valorizzazione delle potenzialità di ogni territorio.

Quanto e come è cambiata nel tempo la sensibilità nei confronti del paesaggio e della sua salvaguardia?

Tantissimo. Negli ultimi anni è maturata nelle persone la sempre maggiore consapevolezza che sia una delle ricchezze più grandi del nostro Paese e necessiti interventi specifici, non solo in termini di valorizzazione ma anche propedeutici a prevenire catastrofi ambientali.

Come le alluvioni che si presentano spesso, causando morti e distruzione

Assolutamente. Gli avvenimenti di Ischia dello scorso novembre sono l’ennesima dimostrazione di come sia sempre più urgente e importante avere cura del paesaggio e della sua corretta progettazione. Un territorio con una massiccia presenza di radici delle specie arboree, a esempio, rende il terreno più stabile e di conseguenza una gestione adeguata dei boschi e una copertura vegetale diversificata possono fornire un contributo importante in questo senso.

Serviva una crisi ambientale per rendersene conto?

Diciamo che i danni che l’uomo ha fatto all’ecosistema stanno portando a conseguenze più immediate e percepibili rispetto alla rovina dei paesaggi e questo ha dato indubbiamente una scossa.

Adesso inoltre si è capito che non si tratta di ambiti slegati ma non illudiamoci, la loro salvaguardia continua a non essere una priorità della politica e nemmeno delle realtà territoriali che dovrebbero fare la propria parte ma spesso latitano.

Quando si discute di progetti urbanistici la visione di cosa e come dovrebbe essere il paesaggio quasi sempre manca.

Quale sarebbe invece?

La pandemia ha spinto le persone costrette a passare molto tempo in casa a rendersi conto che avere attorno luoghi gradevoli conta e alla luce di questa nuova consapevolezza i progetti urbanistici futuri devono essere concepiti non solo tenendo conto di parametri estetici e ornamentali ma anche sociali.

Non si possono più ideare aree abitative con capannoni e qualche pianta per mitigare, ovvero nascondere, ma serve ripensare radicalmente i luoghi nei quali viviamo, unendo le competenze necessarie a seconda delle circostanze. Non bastano geometri, ingegneri e architetti ma servono anche psichiatri se parliamo di arre dedicate alla cura, botanici se le piante sono centrali e così via.

Quest’anno il vostro Festival sarà inserito all’interno delle iniziative di Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, cosa vi aspettate?

Quella del 2022 è stata la XIIesima edizione e grazie a 75 iniziative e 600 professionisti provenienti da 16 Paesi differenti siamo riusciti ad attirare quasi 300.000 visitatori. Si tratta di numeri che ci inorgogliscono ma che non ci rendono sazi e proprio per questo siamo al lavoro per l’appuntamento di settembre nel quale ragioneremo sulle sfide e soluzioni possibili per una rinascita di territori tanto ricchi di storia, economia, saperi e cultura.

Tornando al binomio ambiente e paesaggio, esiste un tema piuttosto divisivo, quello dei pannelli fotovoltaici e delle pale eoliche, strategici in ottica di risparmio energetico ma osteggiati da quanti li reputano antiestetici. Fai, Legambiente e Wwf sostengono che possano assolutamente convivere con il paesaggio italiano, lei cosa ne pensa?

Sono pienamente d’accordo ma anche in questo caso a prevalere non deve essere una fazione o l’altra ma i progetti. In Italia il territorio è estremamente diversificato e non si può pensare a un modello unico ma è necessario ragionare di volta in volta su come implementare questi strumenti essenziali alla transizione ecologica con il paesaggio. Dire che lo rovinano a prescindere è una follia, anzi in molti casi possono migliorarlo.

Le pale eoliche che si trovano tra Danimarca e Olanda hanno dato un’identità al luogo e la popolazione danese adesso è contenta di averle.

Molti però rimangono contrari

Le polemiche sono sempre esistite ma la storia ha spesso dimostrato il loro anacronismo.

Se si vanno a leggere i saggi del XVI secolo si scopre che le mura alte di Bergamo quando sono state costruite avevano fatto gridare tutti allo scandalo proprio perché si pensava avrebbero rovinato il paesaggio mentre adesso sono patrimonio dell’umanità.

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