Bambini

Scuola, ripartiamo dal merito

Il merito è ciò che deve riconquistare il Ministero stesso. Così come gli istituti, che devono meritare di essere frequentati. Perché i bambini hanno diritto a un Governo che metta la loro formazione in testa agli obiettivi
Credit: Yaroslav Shuraev/p
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24 gennaio 2023 Aggiornato alle 06:30

Tante le polemiche suscitate dall’introduzione della parola “merito”, un po’ desueta in effetti, poiché in Italia il merito è culturalmente lontano dai valori che permeano il raggiungimento di status sociali e lavorativi.

“Istruzione” invece è termine più conosciuto: chi non ha mai avuto a che fare con istruzioni di qualsiasi genere? Da quelle per attivare una sim a quelle per montare uno scaffale, siamo abituati a questa parola e non problematizziamo il suo persistere, altrettanto anacronistico, laddove è designata a rappresentare i diritti di apprendimento e formazione dei bambini e dei ragazzi.

“Istruzione” e “merito” sono due vocaboli che quasi si oppongono l’uno all’altro: che merito ci può mai essere a essere istruiti da qualcuno, o qualcosa? Il merito è necessariamente di chi istruisce o delle stesse istruzioni.

Diciamo che in generale “merito” è una parola che faticosamente si associa al soggetto di una prestazione o di un servizio. Per rimanere in tema istituzionale trasliamo “merito” ad altri ministeri: “Ministero della Salute e del Merito” avrebbe senso? Il Ministero della Salute sottolinea che i cittadini hanno diritto di ricevere cure per stare in buona salute, e il loro diritto non viene leso nemmeno da comportamenti palesemente nocivi verso se stessi.

Ugualmente il Ministero del Lavoro è l’ente preposto all’organizzazione e alla garanzia di lavoro di tutti i cittadini; mai si accosterebbe “merito” a “lavoro”, perché il lavoro è un diritto e appunto non va meritato. Anzi il Ministero attua politiche di tutela delle situazioni limite, causate da comportamenti per così dire poco meritevoli (ad esempio favorendo il reinserimento dopo situazione di detenzione).

Paradossalmente invece il Ministero dell’Istruzione aggiunge il merito a tutela di cosa? E di chi?

La parola “merito” va declinata dal punto di vista di chi è il soggetto a cui quel Ministero deve garantire il mandato per il quale esiste.

È sancito nella Costituzione che l’istruzione è un diritto garantito, ed è vero che in quella Costituzione i padri costituenti, nel desiderio di fondare uno Stato avente la scuola come supremo luogo per la formazione di un’etica sociale basata su valori condivisi, vollero valorizzare il diritto a gradi di istruzione superiori, non obbligatori, tutelati dallo Stato in base al merito dei curricula degli individui.

Oggi, che significato ha avere aggiunto “merito” a fianco di “istruzione”? E che valore aggiunto porta a quella scuola immaginata come luogo fondante della società?

Non funziona, se la osserviamo dal punto di vista dei soggetti principali, cioè i bambini e i ragazzi come soggetti di diritti da garantire. Viceversa funziona se la recepiamo come monito di un Governo consapevole che quel Ministero non funziona. Merito è ciò che deve riconquistare il Ministero dell’Istruzione stesso. Forse è stato scelto per essere “memento” rivolto al Ministro dell’Istruzione?

In effetti merito e istruzione sono i requisiti di base di chi eroga il servizio, cioè il Ministero e i suoi funzionari, che devono effettivamente meritare la qualifica.

Così come le scuole devono meritare di essere frequentate: offrendo edifici sicuri in cui stare quotidianamente; insegnanti preparati a lasciare segni positivi e indelebili nei destini degli allievi; didattiche al passo con le evidenze scientifiche più recenti e favorenti l’apprendimento di ciascuna e ciascuno, compresi i soggetti portatori di diversità, inclusi proprio perché capiti e conosciuti; materiali, spazi e strumenti idonei a sostenere quelle didattiche; organizzazioni sostenibili con i tempi di vita di bambini, ragazzi e famiglie.

Lungo sarebbe l’elenco dei meriti di cui dovrebbe fregiarsi il Ministero dell’Istruzione, ben lontano ahimè dalla realtà attuale della scuola italiana.

Ripartiamo dal merito dunque, e si mettano in campo tutti gli investimenti economici e culturali necessari a meritare che l’intelligenza, la curiosità, i talenti dei nostri bambini e ragazzi trovino nella scuola il luogo più interessante per la crescita, la formazione, la passione verso la conoscenza e la vita.

I bambini e i ragazzi meritano un Governo capace di mettere i diritti di crescita e di apprendimento in testa agli obiettivi del Paese. Meritano scuole che non cadano a pezzi, docenti stabili e motivati, aggiornati e preparati non solo sulla propria materia ma su come favorire l’apprendimento. Meritano che gli adulti che li aspettano nelle aule siano formati a comprendere e sostenere i bisogni di crescita e di evoluzione, le fragilità delle fasi che si attraversano e i bisogni di appartenenza a una scuola che non sia scollata dalla vita fuori. Meritano che le soft skills siano conosciute, sperimentate e valorizzate, invece che rimanere appendici del tempo che avanza, mentre in quello che abbonda esondano i giudizi, e la mortificazione del potenziale umano.

I bambini e i ragazzi meritano che sulla scuola la scommessa non sia al ribasso e che, se si decide di cambiare il nome del Ministero, si riparta da quale direzione si può dare alla scuola perché diventi un luogo dove formarsi, capire, apprendere le regole della vita, le leggi del mondo e dello stato sociale, del chi sono e del cosa potrò essere, in una tensione verso il sapere che faccia evolvere e crescere non solo i più piccoli e i più giovani, ma la nostra società.

Cinzia D’Alessandro, Head of Education Becoming, formatrice, esploratrice, scrittrice

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