La scelta di Jacinda Ardern, e la ricerca dell’autenticità
Non avrebbe dovuto rivolgersi alla figlia, Neve, affermando che «la mamma sarà accanto a te quando comincerai la scuola quest’anno». Non avrebbe dovuto dire al marito: «ora sposiamoci». Non avrebbe dovuto ammettere: «sono un essere umano». Non avrebbe dovuto perché chi ricopre un alto incarico istituzionale e decide di dare le dimissioni di solito non si mette così a nudo. Avrebbe solo dovuto dire: «lascio», e darsi una seconda chance appena si fosse ripresa.
Se fosse stato un uomo, avrebbe parlato di “motivi personali” o “motivi di salute” o decisione presa in accordo con il partito. Invece, ha deciso di argomentare di una vacanza che non è stata sufficiente a ricaricare le energie. Ha aperto il libro della sua esistenza per spiegare in modo coerente, trasparente e onesto il motivo per il quale abbandona - senza preavviso, senza preparazione, senza pelle - il Governo del suo popolo e della sua terra.
Certe volte lasciare è il miglior modo di rimanere. Ma soprattutto, certe volte, essere sinceri è la migliore arma nei confronti di tutti i detrattori, e la migliore carta da giocare al poker della politica. Abbassare la maschera non è sinonimo di debolezza: è il segno di forza più plateale che una leader del 2023 possa svelare.
Abbassare la maschera e ammettere una mancanza, spiegare una difficoltà. Chi non ha difetti scagli la prima pietra. E in Nuova Zelanda così come sarebbe successo nel Belpaese gli avversari ora la lapideranno, additandola come “casalinga disperata”, “donna incapace del multitasking”, “politica incapace di interpretare un ruolo”, e ancora, diranno, deboli, le donne, incapaci di reggere il peso psicologico di una scommessa, una mamma incompresa, una politica dimezzata, perché le donne non ce la fanno a indossare l’anello del potere e a realizzarsi all’interno di una famiglia. E invece no, e invece non è vero proprio e abbiamo la testimonianza del contrario proprio nel Parlamento italiano. Perché anche se penso che Giorgia Meloni non avrebbe mai avuto l’approccio di Ardern, aprendosi così tanto al pubblico ludibrio e mettendo davanti a tutto (alla patria!) il tema del proprio benessere personale, credo che stia dimostrando come il worklife balance sia complesso ma “si possa fare” e che sopravvivere ad alta quota non sia un tema di donna o uomo, ma di persona.
Però - dedicato a tutti e tutte gli imperfetti e imperfette del mondo, dedicato a chi ha deciso che “il gioco non vale la candela”, che il comportamento della famiglia reale spetta solo alla famiglia reale, e che il Signore degli Anelli (tra l’altro, la Nuova Zelanda è il luogo dove è stato girato il Signore degli Anelli dal regista neozelandese Peter Jackson) non sia il proprio gioco - io trovo corretto, interessante e giusto il fatto di poter ammettere apertamente di non avercela fatta perché forse quello non è più il tuo posto. E avere il coraggio di cercarne un altro, insieme alla ricerca della felicità, del benessere, e anche un po’ dell’autenticità delle relazioni con le persone. Sì lo so, chi è di generazione “boomer” forse non sarà d’accordo. Ma è una cosa di cui la politica ha veramente tanto bisogno. Quella di tutte le età.