Storie

Italia: le preoccupazioni degli studenti iraniani

Timore di non riuscire a comunicare con la famiglia, di non aver abbastanza denaro per poter rimanere. Sono le paure che Parviz, Neda, Zahra - universitari iraniani a Padova - hanno raccontato a La Svolta
Mehdi Zare Ashkzari
Mehdi Zare Ashkzari
Tempo di lettura 5 min lettura
23 gennaio 2023 Aggiornato alle 16:00

È l’inizio di Gennaio, le festività sono appena terminate, e le biblioteche di Padova hanno iniziato a ripopolarsi di universitari, tra cui molti studenti e studentesse iraniani e iraniane. In quelle stesse ore la notizia della morte di Mehdi Zare Ashkzari, 33enne iraniano ex studente di Farmacia all’Università di Bologna e ritornato in Iran, si diffonde e corre sui social, giungendo fino agli studenti, suoi connazionali, che studiano in Italia. Mehdi Zare Ashkzari non è morto per cause naturali, ma dopo 20 giorni di coma causato dalle torture subite durante la detenzione in carcere dove era rinchiuso perché aveva partecipato alle manifestazioni contro il regime.

Il video di denuncia di Mehdi Zare con i segni delle violenze subite, è una delle prime cose che mostra a La Svolta Parviz (nome di fantasia), studente iraniano iscritto alla magistrale di ingegneria a Padova. «Questo è quello che fa il regime islamico - racconta - e pensare che fino a poco tempo fa Mehdi era qui in Italia come me».

La notizia della morte dell’ex studente Unibo preoccupa e allarma gli universitari iraniani che studiano in Italia, perché la tensione in Iran cresce giorno dopo giorno, colpendo cittadini innocenti. «Numerose persone sono state uccise dal nostro Governo senza motivo - dice Neda (nome di fantasia), studentessa iraniana iscritta al secondo anno di laurea magistrale in Italia - ogni giorno viviamo nell’ansia perché siamo preoccupati che la situazione nel nostro Paese peggiori. Quotidianamente riceviamo notizie drammatiche e il fatto di non poter parlare con parenti e amici rimasti in Iran, a causa del blocco di internet, ci crea molta instabilità emotiva».

A fare da eco a questa preoccupazione è anche Zahra, altra studentessa iraniana iscritta al corso di laurea magistrale: «il Governo iraniano sta utilizzando Internet per imbavagliare i cittadini della mia Nazione negando loro l’accesso e tentando di divulgare la propaganda e i principi del regime».

Non c’è dubbio: le restrizioni di internet e dei social network attuate dal Governo iraniano dopo lo scoppio delle proteste sono una strategia per silenziare le manifestazioni e impedire alla popolazione iraniana di comunicare. Ovviamente anche coloro che si trovano all’estero e provano a contattare chi è in Iran risentono di questo blocco, che rende complicate le comunicazioni. «Il 12 Gennaio, in Iran, era la festa della mamma. Avrei voluto parlare con mia madre un po’ più del solito, e invece, esattamente come gli altri giorni, ho dovuto accontentarmi del poco tempo concesso» racconta a La Svolta Parviz.

L’isolamento che provano gli iraniani e le iraniane all’estero è difficile da tradurre a parole. Tanti, se non tutti, tra i ragazzi che abbiamo incontrato, hanno riferito di sentirsi inascoltati. Nonostante il clamore che stanno suscitando le proteste - dentro e fuori dall’Iran - la percezione di molti è che, a livello politico e sociale, non si stia facendo tutto il possibile per aiutare il popolo iraniano e gli iraniani immigrati.

A parlare a La Svolta è ancora Zahra: «Attualmente noi gli studenti iraniani all’estero, nonostante la pressione emotiva per la situazione che si è andata a creare nel Paese e la scarsità di notizie da parte delle nostre famiglie, siamo anche preoccupati per la nostra condizione di vita qui in Italia, che al momento non è affatto facile. Tutti noi siamo immigrati con la speranza di ottenere una borsa di studio, ma non a tutti sono state assegnate. Inoltre, con il basso valore del rial iraniano, le nostre famiglie non possono sostenerci in alcun modo: al momento, infatti, non possiamo ricevere nessun aiuto in denaro da parte loro».

Gli studenti iraniani, oltre che essere in ansia per quanto accade nel loro Paese, stanno vivendo un’incertezza economica e di prospettive verso il futuro che genera in loro una forte inquietudine. L’instabilità economica dell’Iran, che sta procurando un’inflazione altissima e una svalutazione giornaliera del rial iraniano, si ripercuote anche in chi studia all’estero, influenzano negativamente la qualità della vita di studenti e studentesse.

Per questo motivo, abbiamo chiesto ai ragazzi di spiegare meglio la questione delle difficoltà economiche e delle borse di studio. È stata Neda a rispondere: «Noi universitari iraniani a Padova siamo considerati studenti internazionali a tutti gli effetti, non godiamo dunque dello stato di rifugiati, come, a esempio, gli studenti provenienti da Ucraina e Afghanistan. Essere considerati rifugiati ci darebbe maggiori tutele dal punto di vista economico con borse di studio con un importo più alto. Un altro problema è che in certi casi le borse di studio non vengono assegnate, e se così avviene chi è senza borsa si trova letteralmente senza soldi e, non essendo rifugiato, senza un sostegno dal punto di vista istituzionale. E cosa si può fare in questo caso? Trovare un lavoro, per noi che parliamo solo inglese e siamo ancora studenti è difficile, le nostre famiglie non ci possono inviare soldi. L’alternativa perciò sarebbe ritornare in Iran rinunciando ai nostri studi e non sapendo cosa ci potrà succedere una volta atterrati».

«Chi come me - spiega Parviz - che ho mostrato il mio viso nelle manifestazioni e ho espresso attraverso i social la mia contrarietà al regime e verso Ali Khamenei, fosse costretto a tornare in Iran, sono sicuro rischierebbe il carcere o la pena di morte».

È chiaro che in mancanza di sostegni economici - come può essere una borsa di studio - gli studenti e le studentesse iraniani e iraniani rischiano non solo di compromettere la loro carriera ma, in assenza di soluzioni, sarebbero obbligati a ritornare in patria, dove il futuro che gli si prospetta non è attualmente facile.

Per tanti giovani iraniani risulta pericoloso tornare: sebbene alcuni si siano coperti durante le proteste e abbiano mantenuto un basso profilo sui social, il timore che, una volta in Iran, possa succeder loro qualcosa, rimane.

Leggi anche
Manifestazioni
di Chiara Manetti 4 min lettura