Bambini

Come parlare della guerra ai bambini

Diversi psicoterapeuti hanno elaborato consigli utili per aiutare i genitori ad affrontare l’argomento con i propri figli
Credit: Mert Kahveci/unsplash
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
21 gennaio 2023 Aggiornato alle 18:00

Giocare alla guerra è una tappa abbastanza consueta nella crescita dei bambini e se quando erano piccoli i nostri genitori posizionavano i soldatini all’assalto del fortino, oggi ci si dedica a lunghe sessioni di videogiochi e addirittura agli FPS (First Person Shooter) che permettono di sparare finti colpi in prima persona.

Ma quando la guerra vera arriva, non è facile per gli adulti, genitori, parenti e insegnanti in primis, affrontare l’argomento con i più piccoli.

I continui flussi di immagini e informazioni che inondano i canali social potrebbero turbarli e persino causare problemi comportamentali come disturbi del sonno, paure irrazionali e ansia da separazione. I bambini più sensibili possono anche mostrare un cambiamento nell’appetito e nelle abitudini alimentari, mangiando molto meno rispetto al solito o sfogando lo stress su alcuni cibi in particolare.

Minimizzare l’impatto della guerra su di loro e negare gli eventi con frasi del tipo «Non avere paura, andrà tutto bene» non è la strategia migliore per tranquillizzarli.

La psicologa Hélène Romano, in libreria con Les Enfants et la Guerre (Odile Jacob, 2022), intervistata da Le Figaro, si è raccomandata di non lasciare soli i bambini davanti alle immagini della guerra, di non bombardarli con notiziari e aggiornamenti costanti e di rassicurarli con pochi, semplici concetti: una guerra finisce sempre, si organizzano i soccorsi per aiutare la popolazione, il mondo sta lavorando per farla terminare il prima possibile.

Ma, le parole non bastano e i più piccoli, potrebbero avvertire comunque preoccupazione, angoscia o agitazione da parte dei genitori, che dovrebbero aprirsi e manifestare le proprie emozioni al riguardo ma, secondo gli psicoterapeuti, senza dimostrarsi eccessivamente emotivi.

Non tutti i bambini però sono interessati all’argomento ed è meglio rispettare questa loro inclinazione. Altri invece sono preoccupati ma non lo dimostrano e in questo caso il disegno o il gioco, come spiega il sito ufficiale dell’Unicef, possono essere strumenti ideali con i quali intavolare una discussione sull’argomento.

Dai 4 o 5 anni in su si può invece parlare della guerra utilizzando vocaboli semplici, chiedendo ai bambini cosa sanno, se hanno domande da porre e cogliere l’occasione per smentire false notizie che potrebbero aver letto sul web o sentito a scuola dai compagni. I più piccoli in genere hanno sempre tante domande e potrebbe capitare di non avere la risposta pronta: in quel caso non c’è nulla di male, basta essere sinceri e rassicurarli dicendo che si faranno ulteriori ricerche.

Se si dimostrano preoccupati per le famiglie in Ucraina, il New York Times consiglia di pensare a ciò che si può fare insieme per aiutare: per esempio, donazioni di vestiti o giocattoli a enti benefici conosciuti, o disegni realizzati a scuola. Coinvolgerli in azioni di solidarietà può infatti farli sentire meno impotente di fronte agli eventi, così come prendere parte a una manifestazione per la pace, magari realizzando un cartellone o scrivendo una poesia per la pace.

Purtroppo, i conflitti generano spesso fenomeni di odio nei confronti degli stranieri, che si tratti di un popolo o di una nazione. Nelle sue linee guida, l’Unicef si raccomanda di evitare commenti generali su gruppi di popolazioni o alcune nazionalità ma di cogliere invece l’occasione per infondere un sentimento di vicinanza nei confronti delle famiglie che devono fuggire dalla propria terra.

Per i bambini è importante capire che le persone si aiutano a vicenda grazie a gesti coraggiosi, di altruismo e gentilezza ed è necessario mettere in evidenza anche le notizie positive, parlare di episodi di generosità e bontà d’animo, di persone che prestano soccorso ai bisognosi o di giovani che rivendicano la pace.

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