Ambiente

Vorrei solo un po’ di neve

Non la vorremmo tutti? Qualche giorno fa ho fotografato una distesa bianca artificiale circondata da primule, a 1.300 metri. Nessuna bellezza, nessuna poesia. Sono le immagini del clima che cambia
12 gennaio 2023, Baviera, Ruhpolding
12 gennaio 2023, Baviera, Ruhpolding Credit: Sven Hoppe/dpa
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13 gennaio 2023 Aggiornato alle 06:30

Le immagini ricorrenti di sciatori circondati da prati verdi, in qualche caso persino fiorenti, sono una delle icone del cambiamento climatico nel nostro Paese. Dalla Francia all’Austria fino all’Italia, l’inverno eccezionalmente caldo e povero di precipitazioni ha ridotto al minimo l’innevamento, portando allo stop di decine di impianti di risalita per assenza di neve.

Che la situazione fosse critica si era capito già dai vari annullamenti delle gare del Campionato mondiale di sci. Ma se a novembre lo stop della prima gara avrebbe potuto essere plausibile, lo stop dello slalom di Zagabria, sulla pista di Crveni Spust, del 5 gennaio è stato emblematico. Temperature intorno ai 10°C sulle montagne croate hanno creato condizioni insufficienti anche per la neve hi-tech generata dai cannoni di ultima generazione, pensati persino per nevicate artificiali a temperatura sopra lo zero termico.

Una crisi che da Pila a Folgaria interessa le tante località sciistiche che hanno registrato il pienone a Natale, ma che rischiano di restare deserte a gennaio e febbraio se non arriverà la neve tanto attesa. Ma soprattutto che vedono lentamente erodere l’interesse per uno sport sempre più da super ricchi, visti i crescenti costi gestionali.

La situazione più critica è sugli Appennini, dove al momento è tutto fermo, dalle Marche all’Emilia niente neve vera né artificiale. Il Ministro del Turismo Daniela Santanchè rassicura gli impiantisti promettendo risorse, ma non convince Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione degli imprenditori funiviari (Anef) aderente a Confindustria, che chiede ancora più supporto.

I consorzi turistici corrono ai ripari e chiedono compensazioni al Governo, alle regioni, ai comuni, alle fondazioni. Alcuni politici, come il governatore Bonaccini, invocano ancora più tecnologia per risolvere lo zero neve con cannoni super mega hi tech. «Quelli che permettono di mantenere la neve artificiale anche a temperature più elevate» dicono Stefano Bonaccini e l’assessore emiliano al Turismo Andrea Corsini. Un riferimento agli impianti dei folli Giochi Invernali del 2029 in Arabia Saudita.

Un’emergenza dopo l’altra che fa solo lievitare lo stato di ansia degli esercenti: gli aiuti mancati per il caro energia, i sussidi insufficienti per la neve artificiale, la difficoltà a trovare credito per nuovi, inutilissimi, impianti. Il problema vero, legato al clima è certo un altro: l’assenza di neve significherà siccità già in primavera, dato che il Governo non ha dato priorità all’emergenza idrica destinata a riproporsi a breve. Ma anche nei confronti del turismo l’impatto nei prossimi anni non sarà irrilevante. Specie se si ostina a difendere il modello espansivo dei mega impianti di sci, invece che favorire lo sci-alpinismo, le attività alternative come le ciaspole o il moutainbiking invernale e in generale un approccio diversificato al turismo montano nella stagione fredda.

Investire in nuovi impianti alimentati da neve hi-tech è una pessima idea. Il rischio di fare investimenti milionari che non generino profitti spaventa le banche. Basta vedere lo stop al progetto Avvicinare le montagne che doveva collegare gli impianti di San Domenico di Varzo, nota località sciistica, con l’Alpe Devero. Oltre 150 milioni di euro, investiti dalla dalla San Domenico Ski, insieme ai Comuni di Varzo, Trasquera, Baceno e della provincia del Vco. Progetto osteggiato dalle associazioni ambientaliste, che hanno denunciato il rischio degli impatti sulla biodiversità preziosissima dell’Alpe Devero. Ma chi ha decretato lo stop sono state le banche.

Il rischio di un default sul progetto era concreto, coinvolgendo per altro le casse di piccoli comuni, già in difficoltà. In futuro le banche, così come le agenzie di sviluppo provinciale e regionale, difficilmente vorranno erogare credito per questo tipo di progetti: il cambiamento climatico rischia di vedere persi milioni di euro di incassi per tutto il settore turistico. E poi come si ripianano i debiti? Tocca sempre a Pantalone.

È giunto il tempo di valutare davvero gli immensi rischi economici del clima che cambia e i suoi conseguenti impatti sul paesaggio e sull’economia alpina, impatti molto peggiori di qualche pannello solare. Montagne verdi a gennaio e ridicole lingue di neve artificiale circondate da distese di primule (fotografata dal sottoscritto a 1.300 metri d’altezza qualche giorno fa) non sono le memorie di una vacanza perfetta. Ma immagini di un incubo attuale.

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