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New York: bandite le chatbot dalle scuole

Il Dipartimento dell’Istruzione ha bloccato l’accesso a ChatGTP, l’intelligenza artificiale capace di scrivere testi, temi, saggi brevi e poesie. La paura è che gli studenti possano utilizzarla per copiare
Sharan Pagadala/unsplash
Sharan Pagadala/unsplash
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
11 gennaio 2023 Aggiornato alle 18:10

La rivolta delle scuole americane contro le nuove tecnologie continua. Stavolta la protesta si è sollevata a New York. Nell’occhio del ciclone c’è ChatGPT, un programma in grado di elaborare testi scritti, creato dall’organizzazione Open AI, e accessibile gratuitamente tramite qualsiasi browser.

Il Dipartimento dell’Istruzione della città di New York ha bloccato l’accesso alla chatbot sui suoi dispositivi e sulle sue reti internet a causa degli “effetti negativi sull’apprendimento degli studenti e le preoccupazioni riguardanti la sicurezza e l’affidabilità dei contenuti”.

La scelta drastica di impedire l’uso di questa intelligenza artificiale – anche se gli studenti potranno comunque ricorrervi tramite dispositivi non forniti dalla scuola e attraverso reti internet non istituzionali - vuole evitare che i ragazzi se ne servano di nascosto durante le verifiche in classe o nello svolgimento dei compiti a casa. Gli utenti, infatti, possono usufruirne per scrivere temi, saggi brevi, poesie, documenti tecnici, che possono presentare strutture sintattiche e lessico anche piuttosto articolati e complessi, che potrebbero rendere difficile per i professori distinguere l’operato dello studente da quello dell’AI.

«Se da una parte, questo strumento può essere in grado di fornire risposte rapide e facili alle domande, non dimostra né capacità di pensiero critico e né risoluzione dei problemi, essenziali per il successo accademico e in generale per tutta la vita» ha dichiarato Jenna Lyle, portavoce del Dipartimento dell’Istruzione di New York a Chalkbeat, sito di informazione online interamente dedicato al mondo dell’istruzione.

La diffusione di questi modelli linguistici tra gli studenti aveva cominciato a suscitare qualche perplessità già a settembre, dopo che qualcuno aveva affermato candidamente di aver utilizzato la chatbot per svolgere saggi brevi assegnati in classe e rispondere a domande per progetti scolastici. In quel momento, il programma era accessibile solo tramite tramite il sito web OpenAI ed era ancora a pagamento. Dopo che la società lo ha reso gratuito per un numero più ampio di utenti a partire dal 30 novembre, gli insegnanti hanno lanciato l’allarme.

ChatGPT è in sostanza una rete neurale che si è sviluppata attraverso l’analisi di milioni di libri e siti web. La “conoscenza” del modello delle tipiche costruzioni di testo lo aiuta a prevedere l’output più probabile dopo che qualcuno ha inserito la richiesta.

Quindi, se viene dato un suggerimento come “Mary aveva un”, la chatbot potrebbe completare la frase con “agnellino”, estraendo dalle associazioni statistiche più frequenti tra le parole che il modello AI ha incontrato durante il processo di sviluppo.

Il rischio è chiaramente quello di incentivare un impoverimento linguistico degli studenti. Il programma procede secondo l’apprendimento automatico per fornire le proprie risposte personalizzate a richieste specifiche. Può estrarre e compilare fatti storici, scrivere in stili specifici e creare argomentazioni logiche convincenti, il tutto con una grammatica praticamente perfetta.

Tuttavia, è uno strumento che ha anche dei grossi limiti, a volte arriva a conclusioni imprecise, o sbagliate, o addirittura utilizza un linguaggio offensivo. Ma come è accaduto una ventina d’anni fa per Google, quando iniziò a circolare il timore che gli studenti potessero googlare le risposte e falsare irrimediabilmente l’esito dei test, secondo molti anche questa volta si tratterebbe di un falso allarme.

Lo sforzo dei docenti dovrà essere sempre più volto a creare prove ed esercizi stimolanti, che spingano il ragazzo a approfondire l’argomento e a sviluppare una propria opinione, tutte cose che nessun motore di ricerca o chatbot, almeno per ora, è in grado di fornire.

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