Diritti

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Sotto i portici di Imola i ritratti di 50 attivisti incarcerati: solo su 7 la scritta “liberato”
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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21 gennaio 2022 Aggiornato alle 21:00

«Il pannello di Patrick Zaki è rimasto intatto, non abbiamo ancora scritto la parola “liberato” perché rimaniamo in attesa del processo». Sono le parole di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che parla alla Svolta della mostra appena inaugurata sotto i portici di Imola dal titolo Patrick patrimonio dell’umanità. Tra i 50 striscioni che raffigurano altrettanti attivisti ingiustamente incarcerati o in attesa di una sentenza, solo su 7 si legge “liberato/a”. «Dal 16 giugno 2021, data che coincide con il 30° compleanno di Zaki e con la prima inaugurazione della mostra a Bologna, sotto quegli stessi portici che Patrick frequentava per andare all’università, 7 persone sono state rilasciate e le accuse a loro carico sono decadute. Ma non possiamo ancora scrivere qualcosa di certo sul pannello dedicato a lui». Le parole di Noury sono quelle di chi sa che, nonostante lo studente egiziano sia ora in libertà, si tratta di una situazione provvisoria: il 7 dicembre 2021, dopo 22 mesi di prigionia nelle carceri egiziane, Zaki è stato scarcerato in attesa della prossima udienza, che si terrà l’1 febbraio.

Aveva 28 anni quando, il 7 febbraio del 2020, l’allievo del Master europeo in studi di genere “Gemma” dell’università di Bologna fu fermato all’aeroporto del Cairo mentre stava tornando a casa per una breve vacanza con la famiglia. Lì venne torturato e interrogato sul suo lavoro e sul suo attivismo per i diritti Lgbt. Il giorno dopo venne formalmente arrestato a Mansoura, la sua città d’origine, con l’accusa di istigazione alla violenza, alle proteste, al terrorismo e gestione di un account social pericoloso per il regime. «Se ci sarà qualcosa da aggiungere al pannello di Patrick, e speriamo di sì, lo sapremo soltanto a febbraio» racconta Noury, «la speranza è che quella libertà provvisoria diventi permanente, ma sappiamo bene che c’è un processo in corso in un tribunale d’emergenza che non è solito emettere verdetti di assoluzione e che non prevede appello a una Corte superiore».

Noury non fa previsioni, gli esiti possono essere diversi: un’assoluzione, il massimo della pena, o una condanna equivalente al periodo che ha già trascorso in carcere. «Speriamo che un giudice riconosca che ha trascorso quasi 2 anni della sua vita privato della libertà ingiustamente». La scarcerazione a dicembre è un segnale di speranza. Quel giorno, spiega Noury, «ho avuto la sensazione che questa campagna incessante di 22 mesi promossa da Amnesty avesse prodotto via via una salita verso l’alto, a partire dal basso delle piazze fino alle Istituzioni e che queste, dopo un po’ di tempo, si siano occupate seriamente ed efficacemente di questa vicenda».

I 50 ritratti disegnati da Gianluca Costantini, che ha realizzato quello iconico di Zaki, riuniscono i volti di «prigionieri che con Patrick condividono fondamentalmente le ragioni dell’arresto, cioè un’attività di ricerca, di resistenza» racconta Noury. Sono coloro che Amnesty chiama prigionieri di coscienza, cioè persone perseguitate a causa delle loro idee o del loro attivismo per i diritti umani. In attesa che l’esito positivo arrivi anche per Patrick, Noury sottolinea la grande portata delle campagne promosse da Amnesty per la liberazione di queste persone: «Quella per Zaki dimostra che questa modalità di lavoro funziona e può dare dei risultati concreti”. L’iniziativa è organizzata da Amnesty International Italia e da 6000 Sardine. Ma non si tratta dell’unica occasione per ammirare i disegni di Costantini: il 3 febbraio uscirà nelle librerie Una storia egiziana (Feltrinelli Comics), che unirà la penna della giornalista Laura Cappon e i contorni marcati del fumettista romagnolo. «Lei conosce l’Egitto come poche altre persone, anche e soprattutto dal punto di vista delle storie di violazione dei diritti umani. E lui, ormai ogni giorno, rappresenta in grafica quelle stesse storie. Insieme hanno dato vita al racconto dei 22 mesi di campagna e di prigionia di Patrick».