Economia

Rialzo dei tassi: l’Italia potrebbe essere il Paese più a rischio

Gli analisti del Financial Times prevedono difficoltà economiche nel 2023, come conseguenza della politica monetaria restrittiva della Banca Centrale Europea
Credit: Fabio Bracht/unsplash
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5 gennaio 2023 Aggiornato alle 15:00

Un sondaggio pubblicato sulla prima pagina del quotidiano economico-finanziario Financial Times rivela che l’Italia potrebbe essere il Paese dell’Eurozona potenzialmente più esposto a una crisi del debito per via dell’aggressiva politica monetaria della Bce, Banca centrale europea. Dei 10 economisti interpellati, infatti, 9 affermano che il nostro Paese è quello più a rischio «sell-off non correlato nei suoi mercati dei titoli di Stato», vale a dire una svendita di quelle obbligazioni emesse dal Mef (attraverso il Dipartimento del Tesoro) che permettono di finanziare lo Stato grazie agli investitori che li acquistano. La svendita è dovuta principalmente al ribasso delle quotazioni sul mercato provocato dal rialzo dei tassi di interesse operato dalla Banca Centrale Europea per contrastare gli effetti dell’inflazione. Ciononostante, è fonte di preoccupazione per gli investitori, che temono di incorrere in ingenti perdite.

Mentre il Governo di Giorgia Meloni vara la sua prima Legge di Bilancio e prevede un calo del deficit fiscale del Paese dal 5,6% del Pil nel 2022 al 4,5% nel 2023, fino al 3% per l’anno successivo, il debito pubblico italiano, contratto dallo Stato proprio attraverso l’emissione dei titoli di Stato, si conferma fra i più elevati d’Europa con più del 145% del prodotto interno lordo. Il rialzo dei tassi di interesse aumenta il costo del denaro e fa salire al 4,6% il rendimento dei titoli, valore pari alla somma tra il prezzo di acquisto e quello di rimborso (la somma che sarà restituita alla sua scadenza). Invece lo spread - che misura il rischio percepito sui mercati finanziari, pari alla differenza fra il rendimento del titolo italiano e quello tedesco (Bund) - è aumentato di oltre 2 punti, quadruplicando il livello di un anno fa.

La maggior parte dei 37 economisti intervistati a dicembre da Financial Times prevede uno stop ai rialzi solo nei primi 6 mesi del 2023. Nel frattempo i tassi saliranno ancora, con incrementi di mezzo punto già durante i primi mesi di quest’anno. Lo ha fatto capire chiaramente Klaas Knot, governatore della Banca Centrale olandese, dichiarando al giornale che la Bce sta entrando nella seconda metà del percorso di aumento dei tassi per contrastare il morso dell’inflazione (che, rammentiamo, per via della pandemia e della guerra in Ucraina è ormai salita ai massimi in molti Paesi, insieme ai prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari).

Per il momento quindi sembra che i falchi - responsabili politici e consulenti della Bce che generalmente votano per una politica monetaria più severa - stiano prevalendo sulle colombe, con cui si indicano i membri più favorevoli al mantenimento dei tassi di interesse a valori più bassi per i stimolare la crescita economica. Un atteggiamento che innervosisce la premier Meloni, che pochi giorni fa esprimeva sconcerto sulla volontà della Banca di aumentare i tassi nonostante i rischi per la crescita e la stabilità finanziaria: «La Bce eviti scelte peggiorative e comunichi meglio».

Ma non è solo questo a preoccupare gli investitori e il governo: la Bce, infatti, ha dichiarato di voler ridurre il proprio portafoglio obbligazionario - gonfiato in precedenza proprio con l’acquisto titoli di stato - evitando di riacquistare i titoli in scadenza presenti nel suo bilancio, che scenderà di 15 miliardi di euro al mese. Per non lasciare quella quota di debito “scoperta”, sarà necessario cercare nuovi acquirenti tra le banche e i risparmiatori, ma soprattutto tra i fondi esteri già da tempo poco interessati all’acquisto di debito italiano.

L’Italia nel 2023 dovrà emettere circa 320 miliardi di titoli a medio-lungo termine, ma sarà più costoso acquistarli proprio per i tassi che nel frattempo sono aumentati. Solo nel 2022, il costo medio dell’emissione si è moltiplicato addirittura di 17 volte, arrivando all’1,71% dallo 0,10% dell’anno precedente. Si prospetta una nuova sfida economica per il Paese, tra il rischio stagflazione da una parte e la pressione inflativa dall’altra. Un dato positivo? Il Ministero del Tesoro si è dimostrato finora molto abile a gestire l’enorme quantità di debito pubblico posto sul mercato. Speriamo solo che Francoforte non restringa ancora di più la coperta.

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