Economia

Ma è proprio vero che i lavoratori sono introvabili?

Mentre le aziende faticano a trovare personale qualificato, il tasso di disoccupazione è al 7,8% e quello di inattività al 34,4%
Credit: John Diez/pexels
Tempo di lettura 4 min lettura
5 gennaio 2023 Aggiornato alle 11:45

In Italia stiamo vivendo un paradosso.

Spieghiamoci meglio: abbiamo imprese che non trovano lavoratrici e lavoratori qualificati e abbiamo milioni di giovani che non trovano occasioni adeguate per formarsi e avvicinarsi al mondo del lavoro. Con un tasso di disoccupazione al 7,8% e un tasso di inattività al 34,4% ci sarebbero ampi margini per trovare lavoratori disponibili, ma è tutto più difficile del previsto.

Operai, tecnici specializzati e professionisti di “alto profilo” sono state alcune delle figure più richieste e rare nel 2022. Li chiamano “lavoratori introvabili” ma in realtà si tratta semplicemente di assunzioni per le quali le aziende devono sforzarsi qualche mese in più del solito per la ricerca. Nel corso del 2022, il 60% delle imprese con dipendenti ha fatto nuove assunzioni, ma nel 41% dei casi la selezione si è rilevata più complicata del previsto (in aumento di 9 punti percentuali rispetto allo scorso anno). A mostrare questi dati è il Rapporto Excelsior di Unionecamere-Anpal.

Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro ha pesato maggiormente nel settore manifatturiero, dove, per commercio e riparazione dei veicoli, la difficoltà nel reperire nuovi dipendenti ha toccato il 55%. A seguire, il settore delle industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo con il 53%, e quello delle industrie del legno e del mobile, costruzioni e servizi informativi con il 52%.

Le figure professionali più ricercate e più difficilmente rintracciabili, sono in questa cornice quelle degli operai e dei tecnici specializzati, per i quali il mismatch è pari al 55%. La causa principale per cui non si riescono a reperire lavoratori, sta nella mancanza di candidati e le aziende hanno dichiarato che per trovarli impiegano in media 5 mesi. Basti pensare che si superano perfino i 6 per i tecnici alimentari ed edili, operai e idraulici.

Allo stesso tempo si conferma una forte ripartenza del mercato del lavoro, con 1,3 milioni di assunzioni, programmate solo per i primi 3 mesi dell’anno. La forma di contratto più frequente, e diffusa, resta quella a tempo determinato (41,3% dei casi). I contratti a tempo indeterminato proposti dalle imprese a gennaio sono solo 122 mila, meno di un quarto del totale. Un’indagine della Fondazione Di Vittorio rileva come il part-time involontario sia passato dal 40% del 2008 al 64,5% nel 2020, e il livello “record” di occupazione del 2022 che è al 60,5% si trova ancora molto lontano dalla media UE che è intorno al 70%.

Il settore alla ricerca del maggior numero di lavoratori è quello dei servizi, con 330.000 assunzioni nel mese di gennaio, seguito dall’industria, che ne ha programmate 174.000.

Sotto il profilo territoriale, le maggiori difficoltà nel trovare profili ricercati vengono segnalate dalle imprese del Nord Est e Nord Ovest, dove quasi il 46% delle figure non è reperibile, e dove, però, continuano a essere previste la maggior parte delle assunzioni in questo nuovo anno. Anche al Sud si ricercano circa 109.000 profili, seguito dal Centro.

Non è certo un problema nuovo: in Italia il mismatch è strutturale e negli ultimi anni è stato fatto molto poco per contrastarlo. È necessario favorire l’avvicinamento tra giovani da un lato e imprese dall’altro, in modo da condividere quali siano le opportunità del mercato del lavoro e che le scelte anche formative vi siano aderenti. Secondo le stime contenute nell’ultimo Rapporto, a esempio, la transizione ecologica e quella digitale saranno nei prossimi anni settori in grande espansione. E necessiteranno di personale qualificato.

Leggi anche
Lavoro
di Chiara Ciucci 2 min lettura
Italia
di Maria Ida De Franceschi 3 min lettura