Ambiente

Ci mancava la geoingegneria

Ridurre il flusso di energia solare che raggiunge la superficie terrestre per contrastare il riscaldamento globale è uno dei tanti progetti tenuti chiusi nei cassetti, per una giusta precauzione. Non peggiorare la situazione
Credit: Anna Shvet/ Pexels  
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3 gennaio 2023 Aggiornato alle 06:30

Instancabili, non si arrendono. Anzi rialzano la testa. Sono tutti coloro che vedono nella lotta al degrado ambientale la fine dei loro privilegi, della loro inarrestabile fame di ricchezze e di potere.

Sono prima di tutto le multinazionali delle fonti fossili, dell’agroindustria, e di tutte quelle che prosperano sul consumismo, sulla produzione – indefinitamente crescente, senza la quale non esisterebbero – di rifiuti. Non astratti marchi, ma persone fisiche, con nome, cognome, ville nelle località più esclusive del mondo, jet privato, almeno una Lamborghini, e tanto gioco in borsa: gli azionisti delle società che stanno dietro ai marchi.

E rialzano la testa nei modi più creativi, per combattere la possibile attuazione del Green Deal europeo, del recente “Climate bill” (legge sul clima) negli Stati Uniti, dei programmi “verdi”, dei governi britannico, canadese, australiano, giapponese, che rischiano di innescare reazioni a catena, per imitazione, in altri Paesi del mondo.

Rialzano la testa attraverso una ripresa del negazionismo (i giornali di destra sono paladini in questo, come nella disinformazione sui vaccini); attraverso il recupero del nucleare della III generazione, anche se il costo del kWh è maggiore di quello delle rinnovabili e se i tempi di realizzazione delle centrali sono incompatibili con l’urgenza di abbattere fortemente le emissioni entro il prossimo decennio; attraverso la diffusione di informazioni false sulla disponibilità s breve dei reattori della IV generazione e sulla fusione nucleare; attraverso la promozione della cattura della CO2 e il suo sotterramento, malgrado poco si sappia in merito alla sua sicurezza e i costi altissimi.

Il tutto allo scopo di fare passare il messaggio: “vedete, ci sono tante alternative alle fonti rinnovabili, e sono dietro l’angolo, finanziamo queste, invece dell’eolico, il solare e le bioenergie”, e lasciamo, intanto, che si continui con le fonti fossili, con il consumismo sfrenato, con gli allevamenti intensivi e con l’agricoltura industriale.

A favorire le multinazionali del fossile poi ci si è messa la guerra, che ha dato loro un’altra carta in mano: la necessità di nuovi investimenti (perforazioni, aumento delle estrazioni, gasdotti, rigassificatori, navi metaniere, ecc.) per garantire la diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

Bisognerà pure permettere il ritorno economico di questi investimenti, no? E quindi dovremo continuare a usare gasdotti, rigassificatori e tutto il resto per almeno i prossimi 20-30 anni, continuando a usare a piene mani il metano, con buona pace per le rinnovabili, che dovranno essere fortemente ridimensionate rispetto alle previsioni, e addio al limite di 1,5 °C concordato da tutti i paesi del mondo. E poi, non dimentichiamo – ce lo ricordano loro, nel caso avessimo qualche amnesia – dietro l’angolo ci sono i magici reattori di VI generazione, economicissimi (!), sicurissimi (!) e senza scorie (!), oltre alla sempiterna fusione.

Ma non sono contenti, ci può sempre essere qualche pazzo che vuole un mondo diverso per i suoi figli, nipoti e pronipoti, un mondo migliore, senza continue catastrofi climatiche, carestie, guerre, migrazioni, un mondo in cui le risorse siano distribuite più equamente.

E così ne hanno sfoderata un’altra, tutti quelli che sguazzano felici nel mondo come è ora, ripescando la geoingegneria, che consiste nella manipolazione su larga scala di un processo che influenza il clima terrestre, per contrastare gli effetti del riscaldamento globale.

Non è da oggi che si parla di geoingegneria, con progetti faraonici che sembrano partoriti dalla mente satanica del dottor Stranamore. E sono sempre stati tenuti richiusi nei cassetti, per una giusta precauzione, per evitare il rischio di fare la fine dell’apprendista stregone.

Fra i tanti progetti di geoingegneria ne hanno scelto uno, che è sembrato loro il più appetibile e facilmente realizzabile, con non indifferente vantaggio economico per chi sta dentro questo business.

Vediamo di che si tratta. L’idea di base è: dato che il riscaldamento globale è causato dal fatto che il calore generato dalla radiazione solare che arriva sulla superficie terrestre non riesce a essere dissipato nello spazio come prima, a causa della CO2 e degli altri gas serra, allora diminuiamola questa radiazione. Se riusciamo a ridurre il flusso di energia solare che raggiunge la superficie terrestre, diminuisce anche il surriscaldamento del pianeta, anzi addirittura possiamo raffreddarlo.

Come fare? Molto semplice, basta imitare quello che già ha fatto parecchie volte la natura, con alcune gigantesche eruzioni vulcaniche. La più recente è quella Monte Pinatubo nelle Filippine nel 1991, un evento che ha espulso quasi 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa nella stratosfera e ha causato un calo temporaneo delle temperature globali di circa 0,5°C.

Quella precedente riguarda il Krakatoa, in Indonesia, nel 1883, che provocò l’abbassamento di 0,4 °C in tutto l’emisfero nord. La causa della diminuzione della temperatura è che le particelle di anidride solforosa hanno formato una specie di specchio trasparente, che riflette parte della radiazione incidente, prima che raggiunga la superficie terrestre.

Ma allora, se spandiamo particelle, aerosol riflettenti, con effetto simile nella stratosfera, dosandone opportunamente la quantità, possiamo regolare la temperatura della Terra a nostro piacimento, come se avessimo una manopola, stabilizzandola al valore che più ci conviene e lasciando che tutto continui come prima. Tanto, se aumenta la concentrazione di gas serra nell’atmosfera, noi spandiamo più aerosol, e impediamo che la temperatura si alzi.

Fossili a tutto spiano, allora, il sogno di chi li estrae e li vende.

Un grosso ostacolo che potrebbe fermare una iniziativa del genere è il pensiero che eventi mitici quali il diluvio universale, i sette anni di vacche magre, ed eventi storici, quali i tre anni di pioggia pressoché ininterrotta all’inizio del XIV secolo, che portò carestie e peste nera in Europa, secondo alcuni studiosi sarebbero stati provocati proprio da fenomeni vulcanici tipo Pinatubo o Krakatoa, o anche più spaventosi.

E se invece così non fosse, dicono i paladini del fossile? Per saperlo, aggiungono, bisogna investire in ricerca, per sviluppare modelli di simulazione che siano in grado di darci una risposta, e in più ci dicano quanto aerosol bisognerebbe eventualmente spandere per ottenere l’effetto voluto.

Ed ecco che la potente lobby del fossile riesce a convincere l’amministrazione Biden a finanziare con abbondanti fondi, la richiesta è intorno ai 100 milioni di dollari, una ricerca in questa direzione, all’interno del budget stanziato per la decarbonizzazione del sistema energetico americano.

La giustificazione formale di questo investimento viene fornita da un recente rapporto della National Academies of Sciences statunitense: “Il cambiamento climatico antropogenico sta creando impatti diffusi e gravi - e in molti casi irreversibili - per individui, comunità, economie ed ecosistemi in tutto il mondo. Senza un’azione decisa e una rapida stabilizzazione della temperatura globale, i rischi legati al cambiamento climatico aumenteranno in futuro, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Per affrontare la sfida del cambiamento climatico è necessario un portafoglio di opzioni, il cui centro dovrebbe essere la riduzione delle emissioni di gas serra, l’eliminazione e il sequestro affidabile del carbonio dall’atmosfera e l‘adattamento agli impatti del cambiamento climatico che si sono già verificati o si verificheranno in futuro. La preoccupazione che queste tre opzioni insieme non siano perseguite al livello o al ritmo necessario per evitare le conseguenze peggiori del cambiamento climatico – o che anche se perseguite con forza non saranno sufficienti a evitare le conseguenze peggiori – ha portato alcuni a suggerire l’utilità di esplorare ulteriori strategie di risposta. Tra queste vi è la geoingegneria solare, che si riferisce ai tentativi di moderare il riscaldamento aumentando la quantità di luce solare che l’atmosfera riflette nello spazio”.

Una valutazione preliminare di un progetto per riflettere parte della radiazione solare è stata fatta da studiosi dell’Università di Harvard, che stimano che circa 2 milioni di tonnellate di anidride solforosa all’anno, iniettate tramite una flotta di circa 100 aerei ad alta quota, raffredderebbero il pianeta di circa 1°C, più o meno quanto si è riscaldato dalla rivoluzione industriale.

Per realizzare il progetto bisognerebbe intanto progettare e realizzare aerei-cisterna capaci di volare a 20.000 metri di quota. Cosa, secondo i ricercatori, facilmente fattibile spendendo 2 milioni di dollari per la fusoliera e altri 350 milioni di dollari per la modifica dei motori esistenti.

Secondo lo scenario ipotizzato, si partirebbe con una flotta di otto esemplari nel primo anno, per arrivare a una flotta di poco meno di 100 esemplari entro 15 anni.

La flotta volerebbe per poco più di 4.000 missioni all’anno nel primo anno, per arrivare a poco più di 60.000 all’anno entro il quindicesimo. Il tutto con un costo di 2-2,5 miliardi all’anno per 15 anni.

Ma non sono solo i centri di ricerca a muoversi. Gli appetiti si sono già risvegliati e nuove startup nordamericane si presentano con progetti di geoingegneria. Una di queste, riferisce il Guardian, è Make Sunsets, sostenuta da due fondi di venture capital, lanciata in ottobre.

Sostiene di aver già effettuato due voli di prova interni per il suo progetto di iniettare zolfo tramite palloncini nella stratosfera, a più di 20 km di altezza dalla superficie terrestre. L’impresa, che prende il nome dai tramonti rosso intenso che si verificherebbero se le particelle venissero immesse nella stratosfera, sostiene che le sue ‘nuvole lucenti’ impediranno un riscaldamento globale catastrofico.

A fronte di tutto ciò, in una lettera aperta firmata da più di 380 scienziati si chiede “un’azione politica immediata da parte dei governi, delle Nazioni Unite e di altri attori per impedire la normalizzazione della geoingegneria solare come opzione di politica climatica. I governi e le Nazioni Unite devono esercitare un controllo politico efficace e limitare lo sviluppo delle tecnologie di geoingegneria solare su scala planetaria”.

In particolare, gli scienziati chiedono “un accordo internazionale di non utilizzo della geoingegneria solare”. Le ragioni di questa richiesta sono:

“In primo luogo, i rischi della geoingegneria solare sono poco conosciuti e non potranno mai essere del tutto noti. Gli impatti varieranno da una regione all’altra e ci sono incertezze circa gli effetti sui modelli meteorologici, sull’agricoltura e sulla fornitura di cibo e acqua. In secondo luogo, le speranze ipotetiche sulla futura disponibilità di tecnologie di geoingegneria solare minacciano gli impegni per la mitigazione e possono disincentivare i governi, le imprese e le società a fare del loro meglio per raggiungere la decarbonizzazione o la neutralità carbonica il prima possibile. La possibilità ipotetica di una futura geoingegneria solare rischia di diventare un potente pretesto per le lobby industriali, i negazionisti del clima e alcuni governi per ritardare le politiche di decarbonizzazione. In terzo luogo, l’attuale sistema di governance globale non è in grado di sviluppare e attuare gli accordi di ampia portata necessari per mantenere un controllo politico equo, inclusivo ed efficace sulla diffusione della geoingegneria solare”.

Già, perché fra gli altri rischi c’è quello geopolitico.

Che succede se un Paese, ricco abbastanza da poterselo permettere, decide unilateralmente di avviare il progetto di diffusione di aerosol riflettenti, o altro di geoingegneria climatica? C’è il rischio di scatenare conflitti se una parte del mondo ne beneficia, mentre un’altra subisce siccità o inondazioni a catena.

Inoltre, l’aggiunta di aerosol dovrebbe essere continua per mantenere il raffreddamento: qualsiasi interruzione, intenzionale o di altro tipo, causerebbe una sorta di “shock da cessazione”, in cui il riscaldamento si scatenerebbe rapidissimamente, con dando luogo a effetti disastrosi.

Infine potrebbe essere usato in modo improprio, come arma, se i risultati delle simulazioni dicono, per esempio, che ci sarebbe grande vantaggio per un dato paese e invece un gravissimo danno per un altro.

Insomma, a conti fatti, ancora una volta l’avidità di pochi mette a rischio la vita di molti.

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