Ambiente

Siamo stanchi di parlare solo di spazzatura

Nonostante le promesse di Gualtieri, a Natale si è ripetuto l’ennesimo copione di sempre: strade della capitale inondate di immondizia e appelli dell’Ama per tenere i sacchetti dentro casa
La presentazione del nuovo sistema di pattugliamento della Capitale tramite i droni
La presentazione del nuovo sistema di pattugliamento della Capitale tramite i droni Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI 
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30 dicembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Siamo stanchi. E stanche. Stanchi e stanche di cassonetti presi d’assalto da gabbiani e topi, stanchi e stanche di segnalazioni sui social delle foto sui giornali dei cassonetti strapieni, di cinghiali che scorrazzano sul lungotevere, di chiamate quotidiane all’Ama, delle proteste e dell’indignazione che a nulla portano.

Il sindaco Gualtieri, sulla riuscita della raccolta dei rifiuti, ci aveva messo la faccia, ne aveva fatto la bandiera della sua campagna elettorale e i romani che ormai nulla chiedono alle istituzioni se non cose elementari come non avere discariche di fronte casa gli avevano creduto.

Un anno e pochi mesi dopo ci ritroviamo di fronte, ancora, al gergo dell’orrore. Discariche che chiudono, discariche ingolfate, Rocca Cencia e Malagrotta, tritovagliatori che mancano, contratti con società di smaltimento rifiuti a rischio di mancato rinnovo, commissari per i rifiuti, autorizzazioni regionali, impianti che dovrebbero esserci e non ci sono, operatori ecologici che mancano, impossibilità degli straordinari non si sa bene perché e via dicendo.

Sullo sfondo, lontanissimo come una stella fuori dalla galassia, il termovalorizzatore che per ora non c’è né forse mai ci sarà. Tutto questo è un lessico che noi cittadini non capiamo né vorremmo capire perché se ti candidi con una promessa, noi pensiamo, qualche idea su come mantenerla dovresti averla.

Nuovi dirigenti, nonostante la débacle

L’altro elemento confusivo, un leitmotiv costante, è l’assunzione di nuovi dirigenti a fronte della débacle sotto gli occhi di tutti. Non vogliamo essere populisti, forse quei dirigenti saranno anche necessari. È il tempismo che infastidisce, insieme all’importo di stipendi a tempo indeterminato (un milione di euro per otto dirigenti), la solita overdose di tutele pubbliche quando noi cittadini siamo privi di ogni tutela.

Ma soprattutto siamo stanchi e stanche delle prese in giro, come l’appello dell’Ama perché ci tenessimo i rifiuti in casa, specie gli imballaggi del Natale.

Sarebbe come, che so, se l’Atac ci invitasse a non prendere l’autobus e andare a piedi perché non ci sono mezzi, o come se il sindaco ci chiedesse di stare in casa perché l’aria è inquinata (ops, questo lo fa e lo scrive e infatti è grottesco esattamente quanto quello che chiede l’Ama).

È il collasso delle istituzioni, e delle aziende che per esse lavorano, scaricato sui cittadini, qualcosa di costante nel nostro paese (basti pensare alle liste d’attesa per la sanità morente), ma che qui viene addirittura formalizzato, portato a cosa normale. Tra l’altro, i rifiuti, noi ce li teniamo in casa spesso, a esempio dal sabato sera al lunedì mattina, perché l’Ama la domenica, nella città più grande d’Italia, dove ogni giorno arrivano milioni di persone tra pendolari e turisti, non svuota i cassonetti (anzi, i cassonetti vengono proprio tolti).

Certo, è vero che in molte città d’Italia, dove la raccolta funziona, questo avviene. Ma si tratta di città piccole o medie dove, appunto, la differenziata è una cosa seria, per cui i cittadini sono contenti di seguire regole che funzionano; mentre a Roma, di fatto, i punti di raccolta sono piccole discariche dove l’indifferenziata o la mal differenziata gioca la parte del leone.

E allora servirebbero sempre, visto che poi i turisti e i non romani – che non capiscono perché non ci siano cassonetti - lasciano i sacchetti per strada. In genere nascosti in angoli invisibili, perché magari si vergognano, e così ancora più difficili da individuare da parte degli operatori, spesso demotivati e indifferenti, del lunedì.

“Indifferenti” non siamo noi

A questo punto, più che i nuovi manifesti appena usciti che invitano i cittadini a “non essere indifferenti”, ovvero a differenziare bene (giusto, per carità, ma senza controlli non serve a nulla), sarebbe urgente un’altra campagna di comunicazione del sindaco, chiuso da tempo in un’afasia incomprensibile.

Gualtieri è persona seria e punta al fare, ma a noi cittadini servirebbero le sue parole chiare (non solo quella dell’assessora all’Agricoltura, all’ambiente e ciclo dei rifiuti Sabrina Alfonsi). Che ci spiegasse che cosa dobbiamo attenderci nei prossimi mesi, senza false promesse. Che ci aiutasse a capire esattamente cosa sta accadendo e dove finiscono esattamente i soldi della Tari più cara, o quasi, d’Italia. Che facesse allora – quanto meno per essere pari - un appello ai turisti che si apprestano ad arrivare in città, oltre mezzo milione: “Non venite perché non possiamo smaltire la vostra immondizia”.

Non lo farà, ovviamente, che le categorie produttive non si toccano. Allora che ci chiedesse, almeno, scusa. Perché avere l’immondizia per strada è trauma che si ripete e che provoca veramente malessere, ansia, rabbia, la sensazione di una impossibile normalità. In realtà, Roma pulita non avrebbe in nessun modo risolto i suoi più gravi problemi, da una mobilità insostenibile a un clima altrettanto insostenibile. Ma almeno si avrebbe la sensazione che possiamo occuparci, appunto, anche di altri problemi. E non solo parlare sempre, unicamente, di spazzatura.

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