Culture

La transizione energetica e il paradigma delle 5 “E”

La nuova edizione del libro di Federico Butera, Dalla Caverna alla casa ecologica, è un viaggio alla scoperta della nostra storia tecnologica. E degli strumenti che abbiamo a disposizione per renderla sostenibile
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
28 dicembre 2022 Aggiornato alle 08:15

Anche il confort e l’energia hanno una loro storia. Che affonda le sue radici nell’antichità, oltre 10.000 anni fa.

Arrivato alla sua quinta edizione, Dalla Caverna alla casa ecologica (Edizione Ambiente, 29 euro, 279 pp.) di Federico Butera, professore emerito al Politecnico di Milano, dove ha insegnato Fisica Tecnica Ambientale, traccia un sentiero, corredato da oltre 300 illustrazioni, all’interno della storia dell’architettura, della tecnologia e in generale dello sviluppo tecnico, per farci capire meglio il presente. E i suoi problemi, come quelli che ostacolano la transizione energetica.

“Un percorso tecnologico che dalla caverna dei cacciatori-raccoglitori ci ha portato al comodo ambiente robotizzato in cui la fatica fisica è bandita […] Ciò è avvenuto grazie a una serie di fattori, tutti sostenuti dalla disponibilità di energia a basso prezzo, in grande quantità e dovunque”, racconta Butera.

Dal Paleolitico fino all’Ottocento, specifica Butera nella sua opera, poche sono state le innovazioni che hanno migliorato la qualità dell’abitare: dalle candele ai vetri alle finestre, ai camini e alle stufe.

Ma con l’arrivo dell’elettricità, qualcosa cambia. E la tecnologia comincia a proporci oggetti rivoluzionari, come la lampadina e gli elettrodomestici – dal frigorifero ai radiatori e ai ventilatori -, che iniziano a fare capolino nelle nostre abitazioni.

Grazie al racconto di questa rivoluzione, Butera propone pagine per chiarire cosa significa spreco di energia, ottimazione e efficienza energetiche. Fino ad arrivare a descrivere la casa e la città sostenibili del futuro, sulla base dei più recenti modelli di sostenibilità teorizzati o già sperimentati. Proponendo un percorso possibile verso edifici più efficienti, economici e confortevoli.

Il racconto di Butera è inaugurato dal tema del comfort domestico, in una storia che dalla caverna dei nostri progenitori arriva alla domus dell’antica Roma, alla casa medioevale e infine a quella accessoriata della contemporaneità occidentale.

“Ci sembrava superato per sempre il limite che ci aveva costretto per migliaia di anni a fare i conti con le risorse ambientali locali, mettendoci addosso una camicia di forza che ci impediva di realizzare ciò che la nostra fantasia e la nostra conoscenza erano in grado di inventare. Prometeo si era finalmente liberato”.

Ora, chiarisce Butera, sappiamo che non è così, perché il limite c’è ancora. Un limite che, secondo l’autore, dovrebbe spingerci a riorganizzarci.

“Quello che possiamo costruire è un mondo assolutamente fattibile”. D’altra parte, le tecnologie necessarie ci sono già e altre sono all’orizzonte, “migliori, più efficienti e a più buon mercato”. Ma allora perché la sostenibilità energetica subisce ancora delle resistenze? Come possiamo sostenerla?

Secondo Butera le strade sono, sostanzialmente, due. “Sviluppare una coscienza ambientale da parte dei cittadini che premono perché la politica nazionale si orienti nella direzione da loro auspicata”. Una coscienza ambientale che, però, “difficilmente si crea in modo spontaneo e in tempi ragionevolmente brevi, a meno che non sia innescata da fenomeni catastrofici”.

L’altra via, invece, arriva dall’alto, dalla politica. Che, cosciente del problema, “anticipa la pressione dal basso e agisce in modo tale da governare la transizione verso il nuovo sistema energetico”.

In ogni caso, tutto ciò dipenderà anche dalla rivoluzione che deve avvenire in noi. Pronti a trasformarci da consumatori a utilizzatori che preferiscono la durabilità dei beni “all’effimera apparenza, ovvero percepire come componente della bellezza di un oggetto la sua capacità di non sprecare risorse energetiche e naturali e quindi di non danneggiare le generazioni future e gli equilibri locali e globali, senza per questo essere in contrasto con le regole dell’economia”.

La soluzione proposta è così quella di agire all’interno di un paradigma dove le scelte, politiche e personali, si muovono all’interno di un pentagono, a cui vertici stanno le cinque “E”: etica, estetica, economia, ecologia, energia.

E questo in cosa si traduce? In un mondo, spiega Butera, dove il designer può rifiutarsi di rifare il make-up a un prodotto per rendere obsoleto quello, con le stesse funzioni, che si vuole sostituire.

Un mondo dove l’architetto include i vincoli ambientali nella progettazione, dove il consumatore, come dicevamo, diventa utilizzatore. Dove tutti noi abbiamo la disponibilità di beni e servizi essenziali, senza prendere risorse dal futuro e lanciarvi rifiuti. Dove la tecnologia viene usata al meglio a servizio del sistema uomo-ambiente “visto come è in realtà”: un sistema complesso che si evolve rispetto a quattro coordinate, tre spaziali e una temporale. Un mondo, infine, dove la politica si pone come obiettino il miglioramento della qualità della vita di chi lo ha eletto e dei discendenti.

“Sogni? Forse. Ma senza sogni non si cambia niente”.

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