Diritti

Iran: i talebani revochino il divieto all’istruzione

Il portavoce del Ministero degli esteri iraniano è contrario alla decisione di proibire lo studio universitario alle donne in Afghanistan: «Le autorità competenti forniscano le basi per riprendere l’istruzione delle allieve»
Il ministro degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian
Il ministro degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian Credit: Bilal Jawich/Xinhua via ZUMA Press.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
23 dicembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Tra tutte le reazioni internazionali al divieto imposto alle donne afghane di frequentare l’Università, una fra tutte sembra più bisognosa di attenzioni delle altre: il ministero degli esteri iraniano ha chiesto ai talebani di revocare la norma, esprimendo rammarico per la decisione presa dal gruppo di fondamentalisti islamici tornato al poter più di un anno fa in Afghanistan.

Il portavoce del ministro Hossein Amir-Abdollahian, Nasser Kan’ani, si è espresso giovedì 22 dicembre, il giorno dopo che i talebani hanno vietato l’ingresso nei campus alle studentesse universitarie in Afghanistan fino a nuovo ordine. Le studentesse hanno raccontato di essere state rimandate a casa dopo essere entrate all’Università per seguire regolarmente le lezioni. Una cinquantina di studentesse si sono riunite nei pressi dell’Università di Kabul, nella parte occidentale della capitale, per chiedere di ripristinare il diritto all’istruzione e riaprire le università per tutte le donne. Anche gli allievi dell’Università di Nangahar, nell’Afghanistan orientale, hanno protestato, mentre gli studenti di medicina hanno abbandonato gli esami.

«La Repubblica islamica dell’Iran, in quanto vicina dell’Afghanistan interessata alla pace, alla stabilità e allo sviluppo del Paese, è rattristata nel sentire le notizie sugli ostacoli all’istruzione superiore delle ragazze e delle donne in Afghanistan», ha detto Kan’ani, secondo quanto riporta Press TV, la rete televisiva in lingua inglese di proprietà dell’Islamic Republic of Iran Broadcasting, la compagnia di stato dell’Iran responsabile dei media. «La Repubblica islamica dell’Iran spera che le autorità competenti in Afghanistan rimuovano rapidamente gli ostacoli e forniscano le basi per riprendere l’istruzione delle allieve e delle studentesse del Paese a tutti i livelli in modo che possano svolgere un ruolo più efficace nello sviluppo e nella prosperità dell’Afghanistan beneficiando del diritto all’istruzione».

L’istruzione fa da sfondo anche a un’altra vicenda, accaduta in Iran esattamente lo stesso giorno in cui il portavoce del ministero dell’Istruzione superiore in Afghanistan, Ziaullah Hashmi, disponeva di chiudere le porte alle studentesse universitarie a livello nazionale, precisando che la misura avrebbe avuto effetto immediato nelle università pubbliche e private: a Teheran una ragazza di 14 anni veniva uccisa per aver tolto il velo a scuola. Secondo quanto riferito dagli attivisti iraniani sui social, la studentessa è stata prima prelevata con la forza dalle autorità, poi arrestata e stuprata. È morta tre giorni dopo essere stata portata via dalle forze di sicurezza iraniane.

Come riporta il New York Times, sarebbe stata incastrata dalle telecamere interne della scuola che l’hanno ripresa mentre si scopriva il capo. La vittima, di nome Masooumeh, proveniva da un quartiere povero della capitale iraniana, spiega il Center for Human Rights in Iran, e dopo la detenzione è stata portata in ospedale: le sono state riscontrate ’‘gravi lacerazioni vaginali’’. Secondo gli attivisti, la madre della ragazza sarebbe scomparsa, dopo un probabile tentativo da parte delle autorità di zittirla.

Dall’inizio delle proteste almeno 500 persone sono state uccise, secondo la Human Rights Activists News Agency. Tutto è iniziato dopo la morte di Mahsa Amini, una ragazza di 22 anni arrestata per aver violato il codice di abbigliamento iraniano. Sono numerose le indagini che rivelano la violenza perpetrata dalle forze di sicurezza iraniane contro attiviste e attivisti, che quando vengono incarcerati sono sottoposti a torture e violenze sessuali. Episodi che spesso filmati dalle autorità per utilizzare i video come fonte di ricatto in cambio del silenzio delle vittime.

Meno di dieci giorni fa, l’Iran è stato escluso dalla dall’organismo delle Nazioni Unite dedicato all’emancipazione delle donne: il Consiglio economico e sociale (Ecosoc), composto da 54 membri, ha adottato il progetto di risoluzione sulla rimozione del Paese dalla Commissione sulla condizione delle donne per il resto del suo mandato 2022-2026, facendo riferimento all’oppressione delle iraniane da più di tre mesi. In questo contesto, la dichiarazione del portavoce del ministero degli esteri prende tutto un altro sapore: quello dell’ipocrisia.

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