Ambiente

La coppa mondiale della biodiversità (vista da pochi)

Perché l’importante Accordo Kunming-Montreal per la tutela della natura ha avuto così poca eco? Niente attenzione mediatica e politica significa indebolire una questione, depotenziarla per il suo valore simbolico
Credit: Lian Yi/Xinhua via ZUMA Press
Tempo di lettura 6 min lettura
23 dicembre 2022 Aggiornato alle 06:30

La finale della Coppa del mondo è stata memorabile: un cardiopalmo da oltre 120 minuti, vissuto nella sala di attesa dell’aeroporto di Montreal, birra in mano e pubblico eccitatissimo. Applausi e commozione si sono sprecati in conclusione per una partita cha ha saputo davvero intrattenere. Poche ore più tardi però si sarebbe levato un altro applauso per un’altra partita mondiale giocata da ben 190 Paesi, e con un trofeo ben più importante in palio: il futuro della biodiversità del pianeta. Infatti in quelle ore si firmava l’Accordo Kunming-Montreal per la tutela della natura (e del futuro dell’uomo) con 23 target da realizzarsi entro il 2030 e un obiettivo di vivere in armonia con la natura entro il 2050.

Eppure per la finale Francia-Argentina ci sono state 1,2 miliardi di persone davanti alla Tv, 12.300 giornalisti in loco (3 non sono mai tornati dal petro-stato) e due capi di Stato. La conferenza mondiale sulla biodiversità che ha siglato il più importante accordo del decennio, è stata seguita solo da addetti ai lavori e qualche centinaio di migliaio di curiosi, 400 giornalisti (solo 2 italiani, tornati a casa sani e salvi nonostante il freddo brutale) e il capo di stato Canadese, Justin Trudeau.

Perché questa differenza abissale? Cosa ci impedisce di avere priorità chiare sul nostro futuro, sulla nostra economia, sull’agenda setting del giornalismo italiano? Perché non capiamo quando qualcosa è davvero importante, cercando di metterlo sotto ogni riflettore possibile? Niente attenzione mediatica, niente attenzione politica significa indebolire una questione, depotenziarla per il suo valore simbolico.

Eppure i rischi sono chiari: perdere 1 milione di specie animali e di piante non significa mandare all’oblio qualche curioso pennuto o qualche graziosa orchidea tropicale. Significa perdere potenziali cure per il cancro, risorse per scoprire nuovi medicinali, smarrire organismi che svolgono importanti funzioni di equilibrio naturale, che possono risparmiarci da pandemie o crisi idriche. Questo parliamo. Di sicurezza sanitaria ed economica. Certo dovremmo valorizzare il ruolo ecologico e spirituale delle specie viventi. Ma sembra che nemmeno gli argomenti triviali funzionino. L’argomento tocca tutti e pesantemente. Eppure preferiamo vedere due milionari che corrono sudati, con buona pace di chi è morto per costruire gli stadi dove hanno calciato una palla.

Con l’Accordo Kunming-Montreal sulla biodiversità si è deciso di tutelare almeno il 30% dei loro territori marini e terrestri entro la fine del decennio. Cosa farà l’Italia per questo? Cosa significa per il nostro Paese?

«Oggi abbiamo l’occasione unica di investire sulla salute del nostro pianeta e di mettere le persone e la natura al centro della nostra agenda politica», ha detto la viceministra Vannia Gava, unica presente a COP15 del governo italiano. «Attraverso il Global Biodiversity Framework tutti ci impegniamo concretamente contro la degradazione dell’ecosistema, nella tutela delle specie in estinzione e a dare origine ad azioni trasformative che integrino la biodiversità in tutti i settori. In questo contesto, le soluzioni Nature-based per la mitigazione del cambiamento climatico e l’adattamento sono cruciali, così come la conservazione e il restauro delle biodiversità marine e delle coste».

Parole apprezzate ma che dovranno essere fatte proprie dal ministero e dal ministro Pichetto Fratin.

Nell’Accordo di Kunming Montreal (detto anche Global Biodiversity Framework) oltre la protezione del 30% del territorio nazionale, si afferma anche che si dovrà rigenerare il 30% degli ecosistemi degradati. Parliamo di zone umide e fluviali (pensiamo al Sannio, al Po, Serchio, alle saline della Sardegna), delle tante aree costiere e marine, a esempio le praterie di posidonia, e aree alpine (chiudendo a esempio le aree sciistiche dove non c’è più neve, invece che accanirsi con la neve artificiale, come l’Alpe Devero o Passo Rolle in Trentino). Serviranno risorse e tanta politica.

Per le imprese italiane poi arriverà la richiesta di fare disclosure sugli impatti ambientali. Questo lo chiede il target 15 dell’Accordo. Non sarà solo l’Europa a chiedervelo entro il 2030, ma anche il mondo bancario e finanziario valuterà le vostre performance e la vostra bancabilità in base alla capacità di raccogliere informazioni, renderle disponibili e chiarire come si intende rettificare gli impatti negativi. Il valore delle azioni di un’impresa potrà variare in base a questo, come già inizia ad accadere oggi con i criteri Esg. Vi pare poco?

Il Mase, il ministero per l’ambiente e la sicurezza energetica e il Mef, il Ministero delle finanze, poi dovranno capire come eliminare almeno 10,5 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi (addizionali ai 19 miliardi per le fonti fossili), visto che sempre l’accordo punta a eliminare 500 miliardi di harmful subsidies a livello mondiale. Sempre entro sette anni.

Inoltre l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, il Maeci, e la cooperazione del Mase dovranno allocare almeno 600 milioni al 2030 (stime proporzionate al Pil Italiano su quello globale), per progetti di cooperazione legati alla biodiversità nei Paesi prioritari, cercando di accelerare il trasferimento di competenze in quei Paesi e fortificando le competenze interne nei propri uffici (su questo ci stanno lavorando da anni, fortunatamente), che si aggiungeranno al miliardo l’anno circa della finanza climatica. Dove li troveranno?

Cop15 è passata in sordina e nessuno ha analizzato le diramazioni e conseguenze di questo accordo, i più hanno fatto un riassunto dell’Accordo e amen. Nessuna prima pagina, nessun approfondimento.

Abbiamo preferito disquisire su una sciarpetta tradizionale donata dagli uber-ricchi qatarioti al talentuoso campione Messi.

Forse avremo invece dovuto capire cosa comporterà davvero l’accordo Kunming-Montreal sulla biodiversità per il nostro paese, la nostra natura, le nostre imprese, il nostro presente e il futuro delle generazioni che verranno. Capire cosa dobbiamo fare per essere allineati con le richieste di questo documento, e non stare a fare le pulci se è stato un successo o meno. Messi non sarà ricordato dalla storia, il fallimento ad affrontare una delle grandi crisi del terzo Millennio si.

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