Diritti

Come cambia la vita tra Nord e Sud Italia

Nascere e vivere in luoghi diversi del nostro Paese significa fruire di un differente diritto di cittadinanza: uno con un alto standard di servizi a disposizione, l’altro inferiore alle necessità primarie
Credit: ANSA / CIRO FUSCO
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23 dicembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Trasporti, istruzione, sanità, cura alle disabilità, cultura sono animati da disuguaglianze determinate da volontà politiche che incidono aspramente sulla qualità della vita quotidiana delle persone che abitano i territori.

Basti pensare alla spesa pro-capite che lo Stato eroga per gli interventi e i servizi sociali dei comuni che, secondo l’Istat, ammonta a 177 euro per il Nord-Est, 137 euro per il Centro, 133 euro per il Nord-Ovest, 122 euro per le Isole e solo 58 euro per il Sud, dove vive il 42% delle famiglie in povertà e dove un bambino che si ammala ha il 70% di probabilità in più rispetto a un coetaneo del Centro-Nord di dover migrare in altre regioni per curarsi, come segnala il rapporto dell’associazione Save the Children, secondo cui ci sono oltre 12 anni di differenza in fatto di aspettativa di vita in buona salute tra chi nasce in Trentino-Alto Adige (67,2 anni) e in Calabria (54,4 anni).

La stessa situazione si riflette sugli anziani, come indica ancora l’Istat: a fronte di una media nazionale di 83 anni (85,2 per le donne e 80,9 per gli uomini), le donne che risiedono in Calabria o in Campania vivono 3 anni in meno di quelle toscane (86,4) e 4 in meno di quelle trentine (87,3), mentre gli uomini della Campania vivono 2,7 anni in meno della media nazionale. E i tumori sono responsabili di 1/3 degli anni perduti in tutto il Sud: mancate diagnosi tumorali precoci, cure in ritardo o non adeguate causate dalle croniche carenze organizzative degli ospedali e dei territori.

Non è solo il sistema sanitario a influenzare la salute dei bambini, incidono, tra i diversi fattori, anche le condizioni economiche e il livello di istruzione. Stando al report dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno (Svimez), la spesa pubblica per un infante di 0-2 anni è di 1.345 euro al Nord-Est contro i 308 euro al Sud. Salendo di età, gli alunni meridionali che frequentano la scuola primaria a tempo pieno sono il 18,6% rispetto al 48,5% del Centro-Nord. Il 79% di loro non ha accesso alla palestra scolastica e frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord.

La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è, su base annua, di circa 200 ore. Considerando un ciclo scolastico intero (5 anni), gli alunni di Molise e Sicilia perdono circa 1000 ore che corrisponde a circa il monte ore di un anno di scuola primaria.

Offrire meno servizi per la prole significa incidere anche sulla qualità di vita dei genitori, principalmente delle madri che lasciano il lavoro per problemi familiari. Al Sud sono il 93% a fronte del 72% del Nord, secondo Svimez, mentre tra gli under 35 il tasso di disoccupazione è del 18% a livello nazionale, del 30% nel Mezzogiorno e del 12% nel Centro-Nord, rispetto al 10% europeo.

Ciò significa non beneficiare delle stesse opportunità lavorative, non avere le stesse possibilità di sviluppare la propria persona e, di conseguenza, la propria professionalità. Indicatori che mostrano che in Italia a una disparità economica tra cittadini che abitano in luoghi diversi corrisponde una disparità di servizi, dando luogo a una doppia disuguaglianza.

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