Diritti

Iran: costretti a violentare gli altri detenuti

Secondo numerose testimonianze raccolte, gli attivisti incarcerati subiscono abusi sessuali da parte dei propri compagni. Le aggressioni vengono filmate e utilizzate per ricattare i manifestanti
Alcune manifestanti partecipano a una protesta contro il regime iraniano organizzata dalla comunità iraniana a Torino, 17 dicembre 2022.
Alcune manifestanti partecipano a una protesta contro il regime iraniano organizzata dalla comunità iraniana a Torino, 17 dicembre 2022. Credit: ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
20 dicembre 2022 Aggiornato alle 16:00

A novembre un’inchiesta della Cnn aveva rivelato le aggressioni sessuali commesse dalle forze di sicurezza iraniane su attivisti e attiviste incarcerate in Iran. I racconti erano la somma delle testimonianze dei sopravvissuti, dei resoconti dei medici e di alcune fonti sia all’interno che all’esterno del Paese. In alcuni casi, le aggressioni sono stata filmate e utilizzate per ricattare i manifestanti, costringendoli a non rivelare nulla: molti hanno parlato delle torture e degli stupri subiti in anonimato. Ora, anche il Corriere della Sera ha raccolto i racconti dei prigionieri non solo violentati, ma anche costretti a violentare gli altri detenuti e istigati a togliersi la vita.

La testimonianza audio ricevuta dalla giornalista Greta Privitera, in persiano, proviene da un tassista di 42 anni: appena uscito dal carcere, è uno dei pochi disposti a parlare di quanto accaduto. Racconta al Corriere di essere stato arrestato a fine ottobre, di fronte all’università di Isfahan, nell’Iran centrale: le guardie di sicurezza l’hanno caricato su una macchina e poi portato in un centro di detenzione segreta. La Cnn spiega che si tratta di luoghi all’interno di basi militari, che fanno a formare un sistema carcerario labirintico che risucchia i detenuti e li fa scomparire per un po’.

Il racconto in persiano parla di botte, minacce, ma soprattutto di un ordine imposto ai detenuti: violentarsi a vicenda di fronte a una telecamera che riprendeva tutto. È la stessa linea del racconto ricevuto dalla Cnn a novembre: un audio conteneva la testimonianza di un ragazzo di 17 anni che parlava delle violenze sessuali subite da lui e dai suoi amici, anch’essi filmati. «Hanno portato 4 uomini che erano stati picchiati, mentre urlavano, in un’altra cella. Uno di loro è stato mandato nella sala d’attesa dove mi trovavo - ha spiegato il ragazzo all’emittente statunitense - Gli ho chiesto cosa significassero tutte quelle urla, ha detto che stavano stuprando gli altri».

I gruppi per i diritti umani Human Rights Watch e Amnesty International hanno confermato queste atrocità, dicendo di aver registrato diversi casi di violenza sessuale nelle carceri dall’inizio delle proteste, non solo nei confronti delle donne. La maggior parte delle denunce di violenza sessuale esaminate dalla Cnn provenivano dall’ovest dell’Iran, in zone prevalentemente curde.

Lo stupro viene utilizzato come umiliazione, minaccia, strumento di ricatto in cambio di silenzio o di una confessione forzata. La violenza, oltre che fisica, è anche psicologica: i medici e gli psicologi in carcere cercano di convincere i manifestanti non parlare delle violenze, ma li istigano anche al suicidio. Una nota vocale ricevuta a fine novembre da Iran Wire, un sito di informazione gestito da giornalisti iraniani nella diaspora e giornalisti all’interno del Paese, racconta di una donna di 22 anni che si è tolta la vita subito dopo essere stata rilasciata. Diceva che gli agenti del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche l’avevano violentata ripetutamente durante il suo interrogatorio, tanto che era stata trasferita in ospedale a causa delle sue condizioni critiche. Ma molti casi rimangono nel silenzio: secondo il Centro per i diritti umani in Iran, «molti casi di aggressioni sessuali contro persone in custodia iraniana non sono state denunciate, a causa dei timori di ulteriori ritorsioni da parte delle forze della Repubblica islamica».

Le forze di sicurezza tentano in ogni modo di tenere lontano dalle strade chi protesta: finora, secondo l’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani Hrana, circa 18.450 manifestanti sono stati arrestati durante i disordini e almeno 503 manifestanti sono stati uccisi. Intanto, secondo i funzionari curdi iracheni dozzine di manifestanti hanno attraversato il confine: secondo gli attivisti stessi è probabile che il numero sia di poche centinaia. Fanno viaggi che durano 4 giorni o più, attraverso le montagne, spesso a cavallo.

Tutto pur di raggiungere l’Iraq e portare fuori dal Paese i sopravvissuti, che stanno cercando di riorganizzarsi.

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