Diritti

El Paso: c’è una crisi di migranti

La città texana – in cui gli immigrati costituiscono un quarto della popolazione – ha dichiarato lo stato di emergenza per poter accogliere i migliaia di arrivi previsti per i prossimi giorni. Ma il sistema non regge
Novembre 2022. Circa 1500 migranti venezuelani dell'accampamento di Ciudad Juarez si preparano a sopportare una notte di temperature prossime allo zero sul Rio Grande, di fronte a El Paso.
Novembre 2022. Circa 1500 migranti venezuelani dell'accampamento di Ciudad Juarez si preparano a sopportare una notte di temperature prossime allo zero sul Rio Grande, di fronte a El Paso. Credit: Carlos Escalona/ZUMA Press Wire
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20 dicembre 2022 Aggiornato alle 14:00

Il sindaco di El Paso, Oscar Leeser, ha dichiarato lo stato di emergenza. Vedere centinaia di migranti che dormono in mezzo alla strada con le temperature che scendono sotto lo zero gli ha fatto cambiare idea: in precedenza aveva rimandato la decisione, sperando che la situazione si risolvesse, ma la città texana che confina con il Messico aveva bisogno di nuove risorse che permettessero di dare rifugio alle persone che stanno attraversando il confine. «Vogliamo assicurarci che siano trattate con dignità. Vogliamo assicurarci che tutti siano al sicuro», ha detto il Leeser ai giornalisti dopo l’annuncio.

Entrato in carica il 5 gennaio 2021, già sindaco di El Paso dal 2013 al 2017, Oscar Leeser è nato a Chihuahua, in Messico. È arrivato nella cittadina che sorge sul Rio Grande, all’estremità occidentale del Texas, quando aveva 9 anni, insieme alla sua famiglia, e oggi è proprietario e gestore della più grande concessionaria Hyundai ispanica della nazione. In quello che è il suo secondo mandato, ora che ha 75 anni, Leeser sta assistendo a una nuova ondata di migranti che tentano di entrare negli Stati Uniti, «ma questa città, questo Paese, non può assorbire tutti», ha detto Leeser. «Ti senti male, perché sono brave persone che scappano da Paesi in difficoltà».

Il New York Times riporta i dati della Border Patrol, la polizia di frontiera degli Stati Uniti: durante il fine settimana, una media di 2.460 migranti al giorno è arrivata a El Paso, un aumento del 40% rispetto a ottobre. La città, attualmente, è il punto di arrivo più trafficato per la migrazione non autorizzata lungo l’intero confine meridionale e i rifugi locali sono già al di sopra delle loro capacità. «La dichiarazione dello stato di emergenza ci darebbe maggiore flessibilità nell’effettuare operazioni di accoglienza più ampie e fornirebbe un trasporto aggiuntivo per i richiedenti asilo in arrivo», ha dichiarato il vicesindaco Mario D’Agostino al quotidiano locale El Paso Times. La città ha richiesto personale aggiuntivo per provvedere a vitto e alloggio, ulteriori operazioni di autobus e l’arrivo di forze dell’ordine statali. «Credo davvero che oggi i nostri richiedenti asilo non siano al sicuro perché ne abbiamo centinaia e centinaia per strada e non è così che vogliamo trattare le persone», ha detto il sindaco Leeser.

Nei giorni scorsi alcuni funzionari locali citati dal Nyt avevano avvertito che il numero di persone in arrivo avrebbe potuto aumentare ulteriormente, toccando la cifra di 6.000 al giorno, a causa del Titolo 42, rendendo estremamente necessarie le risorse previste con lo Stato di emergenza. Mercoledì 21 dicembre, infatti, era prevista la scadenza della misura varata nel marzo 2020 dall’amministrazione Trump in risposta alla pandemia di Covid-19, duramente criticata dall’Onu e dai gruppi per i diritti umani: prevede l’espulsione immediata dei richiedenti asilo per motivi di salute pubblica. Da quando è in vigore, ha decretato l’espulsione di 2,4 milioni di persone.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, prima di entrare in carica, aveva promesso che avrebbe ribaltato le rigide misure sull’immigrazione di Trump, ma ha mantenuto il titolo 42 in vigore per più di un anno. Il mese scorso, un giudice federale aveva stabilito che le restrizioni venissero revocate mercoledì prossimo, ma lunedì 19 dicembre, un gruppo di 19 stati ha cercato di ribaltare quella decisione portando il caso alla Corte Suprema a maggioranza conservatrice. Come riporta la Reuters, con un breve ordine il giudice capo John Roberts, un conservatore nominato da George W. Bush, ha emesso una sospensione che lascerà in vigore il titolo 42 fino a nuovo avviso da parte del tribunale. Le persone continueranno a essere espulse.

Nei mesi scorsi la città aveva avviato un programma per trasportare i migranti in autobus verso altre città del Paese: ad agosto El Paso ha inviato ben 294 autobus carichi di persone verso città come New York e Chicago. Ma poi, a ottobre, ha interrotto il programma. Si tratta comunque di un approccio diverso da quello statale a cui hanno aderito altre città lungo il confine texano, che prevede un viaggio pagato dal governo texano per raggiungere San Antonio o uno gratuito per Washington, DC. e rientra in una tattica politica adottata dai governatori di Texas e Arizona per scaricare i migranti illegali che poi finiscono in rifugi per senzatetto o per strada, se non vengono arrestati per violazione di domicilio. Se fosse stato revocato il Titolo 42, l’amministrazione democratica di El Paso avrebbe potuto riprendere il suo programma locale. Ma a questo punto i migranti in attesa di entrare dal Messico, circa 50.000 secondo i funzionari di frontiera, saranno costretti ad aspettare ancora.

«Rimaniamo ospitali, fa parte del nostro carattere e della nostra natura», ha detto al Nyt Laura Cruz-Acosta, portavoce della città, «ma la maggior parte dei migranti che attraversano la nostra comunità dal 2018 non hanno El Paso come destinazione finale». Tuttavia, la città non riesce a gestire neanche coloro che cercano di lasciare il Paese: «Non abbiamo l’infrastruttura - i voli in partenza da El Paso, gli autobus in partenza da El Paso - per stare al passo con questo flusso», ha detto il vice D’Agostino. Ma continuare a respingere non porterà a una crisi ancora più grave?

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