Futuro

Malattie genetiche: al via lo screening neonatale in Lombardia

Il progetto di Fondazione Telethon fornirà anche alla Regione un’analisi a 360 gradi sulla sostenibilità del sequenziamento del DNA nei neonati per il sistema sanitario nazionale
Live Science
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Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
16 dicembre 2022 Aggiornato alle 20:00

Il sequenziamento del DNA potrebbe rivelarsi uno strumento di screening neonatale. Il progetto pilota lanciato da Fondazione Telethon e Regione Lombardia per capire fattibilità, limiti e implicazioni del sequenziamento è ormai entrato nel vivo. Lo scorso anno la maratona Telethon aveva reso possibile la raccolta di oltre 54 milioni di euro destinati alla ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare.

L’analisi, della durata di 18 mesi, fornirà alla Regione elementi utili anche per valutare la sostenibilità della tecnologia e la sua adozione su larga scala nel sistema sanitario regionale.

Un programma pionieristico, finanziato con oltre 470mila euro dalla Regione e con circa 245mila euro da Fondazione Telethon, che coordinerà le attività di studio, mentre la gestione sarà affidata alla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica.

La ricerca vede tra gli attori principali anche la Federazione Italiana Malattie Rare (Uniamo), per il coinvolgimento dei pazienti, il loro consenso informato e l’esame delle implicazioni etiche e dell’impatto psico-sociale.

L’attività clinica sarà coordinato da Maria Iascone, responsabile della Sezione di Genetica Molecolare del Laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in collaborazione con Giorgio Casari, professore ordinario di Genetica Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Iascone si occuperà di garantire l’esecuzione del sequenziamento dell’intero genoma (Whole genome sequencing - Wgs) di una sessantina di bambini e dei loro genitori; Casari, invece, effettuerà il sequenziamento sia dell’intero genoma che dell’esoma (la porzione più “informativa” del nostro patrimonio genetico) di 50 neonati e dei rispettivi genitori.

Uno degli aspetti più innovativi riguarda la valutazione dell’impatto economico sul sistema sanitario regionale grazie al supporto dell’Università Bocconi, mentre i risvolti etici, psicologici e sociali per le famiglie coinvolte e la percezione pubblica su una sua eventuale adozione saranno di competenza della Società di ricerca e consulenza in ambito socio sanitario Sinodé.

Un comitato di bioetica, invece, esaminerà le implicazioni legali relative alla sicurezza e alla privacy dei dati raccolti.

«Sono tutti aspetti abbastanza complicati, perché un’analisi di queste dimensioni apre degli scenari che, per ora, non sono stati ancora affrontati - precisa Maria Iascone - Studi simili sono stati avviati soprattutto negli Stati Uniti, con risultati però ancora “in via di sviluppo”. Di fatto, però, queste indagini oltreoceano si concentrano sulla parte prettamente di laboratorio, tralasciando tutti gli altri parametri. In altre parole, gli aspetti etici e di gestione di questi dati non sono ancora stati affrontati».

L’analisi che ripropone di compiere la Regione Lombardia è a tutto tondo e non può prescindere da un dibattito pubblico sul tema, in un dialogo tra scienza e società.

L’Italia, per quanto riguarda lo screening neonatale esteso è uno dei paesi più avanzati e a oggi è in grado di prevedere almeno una cinquantina di malattie. Ma in un’epoca caratterizzata da continue innovazioni delle tecniche di sequenziamento genomico è diventato inevitabile chiedersi se l’analisi completa del genoma di un neonato non possa fornire informazioni più utili rispetto a quelle fornite dallo screening neonatale “classico”, aumentando il numero delle malattie diagnosticabili precocemente.

D’altra parte, esistono già aziende private che propongono il sequenziamento più o meno completo del genoma dei neonati con la promessa di “illuminare” il loro stato di salute genetica e stabilire il rischio di sviluppare in futuro determinate malattie. Non solo quelle rare.

Una tecnica ovviamente non priva di limiti e di insidie. «Il falso positivo in genetica non è mai stato affrontato e uno dei quesiti a cui risponderà il progetto è quanti potenziali falsi positivi andiamo a mettere in evidenza analizzando il genoma intero - conclude Iascone - Nell’immaginario collettivo c’è l’idea che basti l’analisi del genoma per sapere tutto del nostro futuro, ma non funziona così. Abbinare un’eventuale variante genetica a un quadro clinico non è per niente semplice e talvolta rimane impossibile. In altre parole, si possono trovare alterazioni genetiche delle quali non sono chiare eventuali conseguenze sul piano clinico. Anche per questo è fondamentale che l’esecuzione di questi test sia sempre accompagnata da una consulenza genetica, che possa spiegare i risultati dell’esame e le sue eventuali zone d’ombra».

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