Ambiente

Da Spelacchio a Fotovoltacchio: la polemica è servita

Con l’arrivo in Piazza Venezia del tradizionale abete che illuminerà il Natale della Capitale, con luci alimentate da pannelli solari, si è accesa la diatriba. Paesaggio deturpato?
Credit: Matteo Nardone/ Pacific Press via ZUMA Press Wire
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15 dicembre 2022 Aggiornato alle 17:00

Siamo partiti con Spelacchio nel 2017. Nel 2018 abbiamo conosciuto anche Spezzacchio. Adesso è il momento di Fotovoltacchio.

Sembrano nomi del Fantabosco, il luogo incantato dove vivono i personaggi della Melevisione, il celebre programma della Rai che ha visto crescere intere generazioni, ma non lo sono. Sono i nomi con cui, negli ultimi anni, è stato identificato il tradizionale albero di Natale di Roma.

Spelacchio è il padre di tutti gli abeti romani dal 2017 in poi, divenuto famoso perché quell’anno l’abete di Piazza Venezia seccò decisamente in fretta, rimanendo “spelacchiato” durante il magico periodo delle feste natalizie.

L’ironia del web, poi, non risparmiò il celebre albero del 2018 che perse rami nel lungo tragitto di 700 km fino alla capitale e si presentò al pubblico completamente “spezzato”. Così nacque Spezzacchio, che riprende in parte il nome del suo predecessore.

E Fotovoltacchio? Fotovoltacchio è il protagonista del Natale romano, edizione 2022.

Si tratta anche questa volta del classico abete che, ogni anno, viene acceso in Piazza Venezia per regalare un pizzico di atmosfera natalizia nel segno della tradizione.

Ma, nella tradizione, appunto, sembra esserci sempre pronta dietro l’angolo anche la polemica.

Non ci sono rami spezzati, né secchi prima del previsto. Semplicemente, quest’anno Roma ha deciso di rendere il Natale un po’ più eco-friendly: il grosso abete, infatti, ha una illuminazione alimentata da un impianto fotovoltaico da 16 kWp, con accumulo di energia attraverso batterie agli ioni di litio da 25 kWh.

Il sistema, fornito da Acea, progettato e installato dalla società Comal, consente un risparmio energetico atteso di 27 kWh giornaliero e una riduzione delle emissioni di CO2 di 17,55 Kg/giorno che, per tutta la durata dell’illuminazione dell’albero, equivalgono a 526 kg di CO2.

Un impianto temporaneo che permetterà non solo all’albero e alle luminarie di non consumare ulteriore energia, ma addirittura di accumularne quantità superiori rispetto al fabbisogno dell’illuminazione natalizia e di distribuirla, grazie ad Acea, ai cittadini. È stato stimato, infatti che questa energia abbia un valore di 100.000 euro circa, che Acea donerà alla Caritas per il fondo fatto appositamente per chi non se la può permettere.

Straordinario tutto questo, vero? Non per tutti. La polemica è sempre pronta per essere servita, dicevamo. E infatti l’idea non è piaciuta a più di qualcuno: c’è chi ha accusato il comune di aver dato vita a “un’esibizione di ambientalismo fasullo, costruito per rappresentare come il ‘Bene’ le rinnovabili’’ e chi ha definito i pannelli di Piazza Venezia “orrendi”. Il motivo? Il paesaggio “contaminato” e “deturpato” da impianti pronti a servire energia rinnovabile di cui, a quanto pare, non si è in grado di comprendere il potenziale, nemmeno nel bel mezzo di una crisi ambientale.

Così, quella che doveva essere un’iniziativa straordinaria che vedeva i riflettori puntati sull’ impegno tutto italiano verso un futuro più green, è diventata l’ennesima scusa per alimentare una polemica inutile quanto sterile. L’ennesimo tentativo di creare un problema per ogni soluzione.

Come possiamo sperare in futuro diverso e migliore se c’è chi prova a navigare nella direzione giusta, ma incontra gli ostali che in troppi pongono sulla via? Come possiamo pensare di cambiare le cose se, pur di mantenere lo spirito della tradizione in un momento precario e difficile per i costi energetici e l’impatto ambientale, produciamo energia rinnovabile ma c’è chi guarda a un paesaggio ‘’deturpato’’ da due pannelli temporanei?

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