Ambiente

Il paradosso dei grandi inquinatori del mondo

70 marchi internazionali, tra cui Coca-Cola e Nestlé, hanno lanciato un appello alle Nazioni Unite per combattere l’inquinamento da plastica. Funzionerà?
Credit: Jordan Beltran
Tempo di lettura 4 min lettura
18 gennaio 2022 Aggiornato alle 17:00

I più grandi inquinatori chiedono un patto per combattere l’inquinamento da plastica. Più che un paradosso, quello accaduto nelle ultime ore va inquadrato come un tentativo - almeno per quanto dichiarato - di trovare una formula condivisa e universale per cercare di frenare l’inquinamento da plastica che soffoca gli oceani di tutto il mondo.

A inizio settimana 70 marchi internazionali, tra cui anche Coca Cola, PepsiCo e Nestlè, hanno diffuso una nota che racconta i dettagli della richiesta di un patto globale alle istituzioni di tutto il mondo per combattere l’inquinamento di questo materiale attraverso tagli alla produzione della plastica vergine, per esempio.

Quello chiedono le aziende, fra cui si contano anche Ikea, Bnp Paribas, Walmart e tanti altri, è che alla prossima conferenza dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente, l’UNEA 5.2 che si terrà a fine febbraio, gli stati membri istituiscano un comitato negoziale intergovernativo per “sviluppare un ambizioso strumento internazionale e giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica”. In sostanza, un patto che possa portare a un trattato definitivo per affrontare la crisi dei rifiuti plastici interrompendo la creazione di plastica vergine e favorendo politiche per quella riciclata (che oggi è ancora intorno al 10% rispetto a quella prodotta).

Una richiesta che arriva in un momento storico di transizione ecologica in cui ancora, nel mondo, non sembrano esserci soluzioni alternative su larga scala alla sostituzione generale di questo materiale: le previsioni dicono infatti che la produzione di plastica derivata dal petrolio, di questi ritmi, raddoppierà entro il 2050 e allo stesso tempo a oggi i prezzi dei più comuni tipi di plastica riciclata sono già raddoppiati, ricorda il Financial Times. Prezzi che salgono in un contesto particolare: in Europa è entrata in vigore la direttiva Sup anti-monouso e gruppi come Coca-Cola, PepsiCo, Danone e altri stanno puntando ad avere almeno il 25% di contenuti in plastica riciclata per le loro confezioni entro il 2025, come chiede l’Ue.

Motivo della richiesta dei grandi marchi, per agevolare la battaglia all’inquinamento da plastica, è dunque anche avere un trattato che garantisca (soprattutto a livello di costi) l’uso di plastica riciclata, oggi sempre più cara sul mercato.

Sebbene non sia chiaro quanto l’idea di negoziati possa incontrare la resistenza delle grandi aziende petrolifere e chimiche e dei principali produttori di plastica, i marchi nella loro missiva spiegano che siamo “a un punto critico per stabilire un ambizioso trattato delle Nazioni Unite che promuova la collaborazione per soluzioni sistemiche e acceleri la transizione verso un’economia circolare a livello globale. UNEA 5.2 è il momento decisivo e più propizio per invertire la rotta sulla crisi globale dell’inquinamento da plastica. Non possiamo permetterci di perderlo”.

Preso atto delle dichiarazioni in vista del vertice, va però ricordato che parte dei 70 firmatari dell’appello sono oggi considerati come i maggiori inquinatori di plastica al mondo. Per esempio Coca-Cola e PepsiCo lo sono per il quarto anno consecutivo secondo il report internazionale della no-profit Break Free from Plastic che si basa sulle rilevazioni di 11.184 volontari in 45 Paesi, che hanno raccolto e identificato il marchio dei rifiuti plastici abbandonati nell’ambiente.

In vetta alla classifica delle aziende da cui arriva la maggior parte della plastica che finisce nell’ambiente dopo Coca-Cola e PepsiCo ci sono Unilever e Nestlè e poi Procter&Gamble, Mondelez International, Philip Morris, Danone, Mars, Colgate-Palmolive e altri.

Attivisti e ambientalisti accusano la maggior parte di questi marchi di non fare progressi nella riduzione dei rifiuti plastici ma al contempo diverse aziende - oltre alla firma del nuovo appello - hanno annunciato strategie per ridurre l’uso di questo materiale impattante. Per comprendere se davvero si arriverà a una svolta significativa nel graduale abbandono della plastica - sempre più presente negli ecosistemi marini anche dopo l’inizio della pandemia da Covid-19 - bisognerà dunque aspettare fine febbraio e inizio marzo quando a Nairobi, in Kenya, prenderà il via il vertice UNEA.

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