Ambiente

Dai mammiferi ai coralli: tutti gli animali marini a rischio

La nuova lista rossa dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura lancia l’allarme: sono oltre 40.000 le specie minacciate dall’estinzione
Credit: Shaun Low/unsplash
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16 dicembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Una lista di 150.388 specie, di cui 42.101 minacciate di estinzione. È l’ultimo aggiornamento della Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura).

Si chiamano Liste Rosse, e classificano tutte le specie animali. L’ultima, nello specifico, lascia emergere che il cambiamento climatico colpisce il 41% delle specie marine minacciate, e che 1.550 dei 17.903 animali e piante marini valutate sono a rischio estinzione.

«L’aggiornamento odierno della Lista Rossa Iucn rivela una tempesta perfetta di attività umana insostenibile che sta decimando la vita marina in tutto il mondo» dichiara Bruno Oberle, direttore generale dell’Iucn. «Abbiamo bisogno di affrontare le crisi legate al clima e alla biodiversità con profondi cambiamenti nei nostri sistemi economici, o rischiamo di perdere i benefici cruciali che gli oceani ci forniscono».

Alle devastanti conseguenze del cambiamento climatico, però, si accompagnano anche le azioni umane, dalla pasca al bracconaggio. È, per esempio, il caso della specie di abalone, vendute come frutti di mare più costosi del mondo. L’Iucn ha classificato 54 specie, di cui ora 20 di queste sono minacciate di estinzione.

In Sud Africa, a esempio, le popolazioni di Perlemoen abalone già a rischio estinzione sono state devastate dal bracconaggio da parte di reti criminali. Il 99% degli abaloni di Roe, nelle zone settentrionali dell’Australia, sono state uccise da ondate di caldo marino. Ma anche le alghe, nutrimento fondamentale per l’abalone, sono uccise dal caldo.

«Gli abaloni riflettono la disastrosa tutela da parte dell’umanità dei nostri oceani nel microcosmo: pesca eccessiva, inquinamento, malattie, perdita di habitat, proliferazioni algali, riscaldamento e acidificazione, solo per citare alcune minacce», spiega Howard Peters, membro dell’Iucn Ssc Mollusc Specialist Group e ricercatore associato presso la York’s University.

E conclude: «L’azione più immediata che le persone possono intraprendere è mangiare solo abaloni d’allevamento o di provenienza sostenibile. anche l’applicazione delle quote di pesca e delle misure anti-bracconaggio è fondamentale. Tuttavia dobbiamo fermare i cambiamenti della chimica e della temperatura degli oceani per preservare la vita marina, comprese le specie di abalone».

Non solo abaloni. Anche le popolazioni di dugonghi sono in pericolo critico e in pericolo di estinzione, e la Lista Rossa ha segnalato una criticità a livello globale per questa specie.

Nello specifico, in Africa Orientale e in Nuova Caledonia ci sono rispettivamente meno di 250 e meno di 900 individui maturi. E anche in questo caso il rischio è da attribuirsi a un mix di fattori climatici e umani.

Infatti, le minacce principali per questa specie sono la cattura involontaria di attrezzi da pesca e il bracconaggio, oltre all’inquinamento chimico e lo sviluppo costiero non autorizzato che sta danneggiando e distruggendo le piante marine che rappresentano il nutrimento per i dugonghi.

«Il rafforzamento della governance della pesca guidata dalla comunità e l’espansione delle opportunità di lavoro oltre la pesca sono fondamentali nell’Africa Orientale, dove gli ecosistemi marini sono fondamentali per la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza delle persone», afferma Evan Trotzuk, che ha guidato la valutazione della Lista Rossa dell’Africa Orientale.

Prosegue: «Inoltre, la creazione di ulteriori aree protette in cui vivono i dugonghi, in particolare intorno al Parco nazionale dell’arcipelago di Bazaruto, consentirebbe anche alle comunità locali e ad altre parti interessate di trovare, implementare e beneficiare di soluzioni che arrestino il declino a lungo termine dell’abbondanza di dugonghi».

Una prospettiva drammaticamente analoga anche per i coralli. Nello specifico, il corallo pilastro – uno dei 26 coralli in pericolo di estinzione nell’Oceano Atlantico – è passato da uno status di “vulnerabile” a “gravemente minacciato”. In questo senso, nel corso degli ultimi 30 anni la sua popolazione si è ridotta dell’oltre 80%.

Ad abbattersi sulla specie è la malattia da perdita di tessuto, emersa negli ultimi quattro anni e altamente contagiosa, con la capacità di infettare tra 90 e 100 metri di barriera corallina al giorno. E anche in questo caso le cause sono climatiche: lo sbiancamento è infatti causato dall’aumento della temperatura della superficie marina e dall’eccesso di antibiotici, fertilizzanti e liquami che scorrono in mare e li hanno indeboliti.

«Con questo devastante aggiornamento della Lista rossa Iunc sullo stato delle specie marine, è chiaro che il business come al solito non è più un’opzione» dichiara Ashleigh McGovern, Vicepresidente del Center for Oceans presso Conservation International. «L’attività umana ha avuto effetti devastanti sugli ecosistemi marini e la biodiversità, ma può anche essere sfruttata per guidare l’azione in termini di sopravvivenza, equità e giustizia climatica».

E conclude: «Se vogliamo garantire un nuovo futuro per gli oceani del mondo e la biodiversità essenziale che ospitano, dobbiamo agire, ora».

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