Economia

La Russia regge l’urto delle sanzioni

Secondo dati World Bank, Fmi e Ocse, è previsto un calo del Pil del 4,5% mentre l’inflazione chiuderà l’anno intorno al 12% e gli investimenti diretti esteri diminuiranno dell’1%. Numeri al ribasso rispetto alle previsioni precedenti
Credit: EPA/YURI KOCHETKOV
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15 dicembre 2022 Aggiornato alle 12:00

L’economia russa, per adesso, sembra reggere l’urto delle sanzioni. Le previsioni erano tragiche, e mancano comunque beni di prima necessità, ma la Russia non risulta essere k.o.

La situazione, però, sembra destinata a peggiorare. Il peso delle sanzioni è comunque enorme, anche se il governo russo sembra voler addolcire in tutti i modi una realtà dura e amara.

La crisi ha colpito, in primis, il settore aereo. La compagnia russa Aeroflot ha, infatti, dichiarato che per almeno un mese, non prima di gennaio 2023, non sarà possibile vedere film o ascoltare musica sui loro aerei, a causa della mancanza di fornitori stranieri.

Un altro settore colpito è quello della carta. I produttori di carta russi sono rimasti senza pezzi di ricambio per i macchinari e senza prodotti chimici per lo sbiancamento, forniti dalla vicina Finlandia. I funzionari del ministero dell’Industria e del Commercio hanno, dunque, annunciato che inizieranno a produrre carta non sbiancata “ecologica”: «Abbiamo appreso che la carta da ufficio bianca riflettente è dannosa per la salute. Si scopre che la carta più ruvida fa bene agli occhi», queste le parole del Viceministro del Commercio Oleg Bocharov.

Problemi anche nel nuovo fast food Vkusno i Tochka, il sostituto di McDonald’s. Qualche mese fa, poco dopo l’inaugurazione, la catena è rimasta senza patatine fritte. Il motivo? Secondo la società, la scarsità del raccolto durante il 2021. Questa scusa, però, ha portato il Ministero dell’Agricoltura a intervenire, «Le patate ci sono e basta!». Un modo per non ammettere che i Paesi ostili avevano interrotto le forniture.

Arranca anche l’industria automobilistica, forse il settore più colpito. Secondo il Rosstat (l’Istat russo), a giugno la produzione si è praticamente azzerata, calando dell’89%. A causa della difficoltà del reperimento dei pezzi e del vertiginoso aumento dei costi, sono state realizzate automobili senza airbag, senza aria condizionata. È il caso della Lada Classic, senza Abs, airbag lato passeggero e aria condizionata. “Lada anti-sanzioni”, così è stata denominata dai commentatori della tv di Stato; una situazione così evidente da non poter essere camuffata.

Nonostante la tragicità della situazione, l’economia russa, la più sanzionata della storia, non sembra essere completamente affondata. Sta reggendo l’urto, a dispetto anche delle previsioni. In primavera, infatti, si stimava un calo del Pil a due cifre, un’inflazione del 20-25% e un calo degli investimenti esteri diretti del 25-28%. Guardando invece i numeri attuali, si prevede un calo di circa 4,5%, non oltre, l’inflazione chiuderà l’anno intorno al 12% e gli investimenti diretti esteri diminuiranno solo dell’1%, evidenziando una situazione non così drammatica (fonti: World Bank, Fmi, Ocse).

Ma se i settori colpiti sono così tanti, come è possibile che l’economia russa stia reggendo il colpo inferto dalle sanzioni? Sicuramente grazie al gas e al petrolio, che per diverso tempo hanno mantenuto dei prezzi record, andando a bilanciare il crollo delle esportazioni. Ma non solo. La Russia è riuscita a trovare degli acquirenti validi verso est, in particolare Cina, India, ma anche Iran o Turchia diventando per questi Paesi il primo esportatore, superando anche l’Arabia Saudita. Tutto ciò ha permesso all’economia russa di non crollare.

La situazione però potrebbe cambiare. Prima di tutto, la perdita economica dovuta alle sanzioni potrebbe essere permanente, in quanto bisogna considerare anche gli effetti a lungo termine. La cosa più importante, però, riguarda l’entrata in vigore, dal 5 dicembre, del price cap, l’embargo europeo sulle vendite di petrolio russo e il tetto di 60 dollari al barile alle vendite di greggio russo imposto da Ue, G7 e Australia. La Russia ha trovato un mercato alternativo per il petrolio, ma questo potrebbe non bastare perché lo sta vendendo a prezzi eccessivamente scontati.

Sarebbero tre le ipotesi studiate dal governo russo per scongiurare una crisi: l’introduzione di un divieto di vendita di petrolio a quei Paesi che sostengono il prezzo massimo; l’introduzione di un divieto di esportazione in base a contratti le cui condizioni includono un prezzo massimo, indipendentemente dal cliente; infine, uno sconto massimo a cui vendere il proprio petrolio. Anche in questo caso, la Russia sta reagendo bene. Gli acquisti cinesi sono raddoppiati, mentre quelli indiani sono aumentati di 14 volte. Il ministro indiano del Petrolio, infatti, ha dichiarato che «l’economia dell’Asia meridionale intende continuare ad acquistare dalla Russia per il momento».

Cos’altro può fare l’Occidente? Secondo Bruegel, think tank economico con sede a Bruxelles, si può ancora fare qualcosa. Bisogna puntare sulle assicurazioni. Più del 90% delle petroliere è assicurato dall’International Group of P&I Clubs (Londra). Il tetto massimo del prezzo del petrolio che le navi possono trasportare e che gli assicuratori possono assicurare può quindi diventare un divieto per le compagnie che forniscono servizi assicurativi o di spedizione. Per continuare a esportare, la Russia dovrebbe trovare nuove navi, nuove assicurazioni e nuovi acquirenti disposti a cooperare in un nuovo sistema, e potrebbe non essere un’impresa facile.

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