Culture

La cultura c’è ma non per tutti

Il nuovo numero della rivista Domus si focalizza sull’evoluzione dei musei italiani, confermando una triste verità. Non sappiamo trarre il massimo vantaggio dal nostro patrimonio artistico e culturale
Carlo Stanga, Anastasia 2, 2022. Cover Domus N. 1074  
Carlo Stanga, Anastasia 2, 2022. Cover Domus N. 1074  
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18 dicembre 2022 Aggiornato alle 08:00

È in edicola l’ultimo numero della rivista di architettura Domus, dedicato a un’indagine sull’evoluzione dei musei e delle istituzioni culturali italiane.

Pensando al nostro Paese non si possono non evocare il buon cibo, i paesaggi meravigliosi che da nord a sud lo arricchiscono, ma soprattutto la quantità di siti archeologici e musei che lo rendono tra i più ricchi in termini storici e culturali. Non a caso si tratta di quello con il maggior numero di siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco (ben 58), e quasi 5.000 tra musei e Istituti similari, pubblici e privati, aperti attualmente al pubblico.

A partire dal report Io sono Cultura della fondazione Symbola, che attraverso ricerche, eventi e progetti racconta le aziende e le istituzioni che contribuiscono a migliorare il Paese puntando su innovazione e sviluppo, l’indagine di Domus restituisce una panoramica complessa e dettagliata della realtà artistico-culturale in Italia partendo da un dato: su tutto il territorio ogni euro prodotto dalla cultura ne genera 1,8 in altri settori.

Ciò significa che le attività culturali e creative sviluppate da soggetti pubblici, privati e del terzo settore attivano valore anche in altri ambiti dell’economia, principalmente turismo, trasporti e manifattura.

Se, infatti, il segmento creativo e culturale dà lavoro a 1,5 milioni di persone che generano una ricchezza per 88,6 miliardi di euro; i servizi a esso strettamente collegati nominati in precedenza producono circa 162.9 miliardi l’anno per un totale di 252 miliardi di euro con un’incidenza sull’intera economia pari al 15,8%.

Come ha affermato Mattarella nel suo discorso d’insediamento dunque, investire sulla cultura non significa farlo sul superfluo ma nel complesso dei valori e dei principi che fondano le ragioni del nostro stare insieme e della nostra identità, favorendo la capacità di generare idee e prodotti che alimentano la nostra ricchezza e la nostra proiezione internazionale.

Eppure, come spesso accade, non è tutto oro quel che luccica, considerando che si tratta di un settore ancora prigioniero di limiti enormi come carenza di infrastrutture di qualità.

L’errore è pensare alla cultura, come a un bene passivo, mentre al contrario è un elemento vivo che segue le dinamiche della società e deve essere costantemente tutelato, conservato e al tempo stesso valorizzato.

Nonostante il XII rapporto annuale Istat registri un incremento di visitatori nel 2021 rispetto al 2020, questo balzo in avanti non ha permesso di recuperare il terreno perso e tornare ai livelli pre-pandemici. La causa riguarda nello specifico l’inadeguatezza delle infrastrutture e il fatto che il materiale informativo e la formazione del personale non sono adeguati all’audience. Solo il 60% delle persone impiegate, a esempio parla inglese, il 31% il francese, il 13% il tedesco e meno dell’1% arabo, cinese e giapponese.

Il numero di Domus si sofferma in particolare sulle problematiche riscontrate a livello architettonico e sulla necessità di ridisegnare gli allestimenti anche in termini di sicurezza e accessibilità, alla luce del fatto che solo il 17% dei musei italiani ha subito adeguamenti sismici e il 30,7% è stato inserito nel piano di protezione civile e comunale; per non parlare del 34% che non è dotato di un piano di sicurezza ed emergenza.

In quest’ottica è bene non dimenticare le difficoltà riscontrate da persone con disabilità sia motoria sia cognitiva.

Secondo un’indagine Istat del 2021 in merito all’accessibilità di musei e biblioteche in Italia, nonostante i significativi progressi realizzati per promuovere la cultura dell’accessibilità del patrimonio culturale, molte istituzioni non hanno ancora rimosso le barriere che compromettono la libertà di accesso a tutti gli spazi espositivi; ancora meno hanno affrontato il tema delle barriere percettive, culturali e cognitive che limitano o impediscono la fruizione culturale da parte deә visitatorә con disabilità di tipo cognitivo, visivo o uditivo.

Dunque, grazie a questo nuovo volume, Domus offre l’opportunità di ripensare a un grande paradosso che riguarda l’Italia: essere il Paese più ricco di beni culturali al mondo e non riuscire a garantirne un’adeguata fruibilità. Occorre un cambiamento di paradigma e di pensiero che spinga a investire su nuovi progetti, formazione e digitalizzazione con la speranza che nel 2023 la cultura abbia un impatto ancora più significativo sulla qualità della vita delle persone, sul loro benessere e sull’integrazione sociale.

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