Diritti

Smart working: proroga in vista?

La norma che tutela il lavoro agile per persone fragili o con figli under 14 è in scadenza a fine anno. Ma il governo potrebbe estenderla fino a fine marzo 2023, partendo dal settore privato
Credit: Ketut Subiyanto/pexels
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12 dicembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Il 31 dicembre è fissata la scadenza della norma che prevede il diritto allo smart working per lavoratori fragili e per i lavoratori che hanno figli under 14, stabilita nel Decreto aiuti-bis di agosto 2022. Il governo, però, è già al lavoro per prorogare la scadenza per marzo 2023. La proroga riguarderebbe, per adesso, i lavoratori del settore privato, ma si sta cercando un accordo con il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo (FI), per coinvolgere anche coloro che lavorano nel settore pubblico.

«Bisogna organizzare il lavoro agile in modo da garantire la produttività, passando da una logica di controllo alla misura del risultato e alla verifica delle performance», queste le parole del Ministro della pubblica amministrazione. L’obiettivo è, dunque, quello di valorizzare lo strumento dello smart working anche tra i dipendenti statali, ma soprattutto di regolarizzare e normalizzare il lavoro da remoto.

La conferma della proposta di proroga viene dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega), il quale ha affermato che l’attuale Ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone è pronta a presentare l’estensione della scadenza della norma, probabilmente al 31 marzo 2023, al Consiglio dei ministri.

La proposta ha il totale sostegno della Lega e di Fratelli d’Italia, i quali ritengono lo smart working uno strumento prezioso anche come alleato per la prevenzione dei contagi Covid, che attualmente risultano in crescita.

Nel Decreto aiuti-bis era stata prorogata al 31 dicembre 2022, su proposta dell’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd), la norma che prevedeva lo smart working.

Questa proroga, però, riguarda esclusivamente i lavoratori fragili (sia nel pubblico che nel privato) che dunque possiedono una certificazione che attesti una condizione di rischio derivante da immunodepressione, patologie oncologiche e lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità. Inoltre, è per loro possibile svolgere una mansione diversa.

I lavoratori con figli under 14, invece, possono usufruire del diritto allo smart working solo a determinate condizioni: prima fra tutte la compatibilità con lo svolgimento del lavoro in modalità agile; la seconda condizione riguarda l’altro genitore, il quale deve lavorare e non deve beneficiare di strumenti di sostegno per cessazione o sospensione dell’attività lavorativa; terza e ultima condizione, devono lavorare nel settore privato.

Cosa comporta la richiesta di usufruire del lavoro agile? Chiunque faccia richiesta, e ottenga il diritto per lo smart working, e chiunque rispetti i requisiti sopracitati, non potrà dunque essere in alcun modo licenziato, demansionato, sanzionato oppure trasferito.

Su questa linea, si sono mosse anche moltissime imprese, che hanno deciso di siglare un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali per il cosiddetto “lavoro misto”: alternare giorni in ufficio con due o tre giorni a settimana da remoto.

Un’altra proroga riguarda, invece, la scadenza delle comunicazioni degli accordi individuali per le richieste di lavoro agile, inizialmente fissata al 1° dicembre e ora prorogata al 1° gennaio 2023. Novità anche per quanto riguarda la modalità. Per l’invio massivo delle comunicazioni di lavoro agile rimarrà il sistema Rest, ma verrà proposta un’alternativa a partire dal 15 dicembre. Da questa data, infatti, si potrà utilizzare un foglio Excel per facilitare e velocizzare la procedura.

Durante l’emergenza, sono emerse due linee di interpretazione differenti per quanto riguarda il diritto allo smart working per fragili e per lavoratori con figli under 14: da una parte vi sono coloro che lo interpretano come un diritto al lavoro da remoto al 100%, dall’altra invece si tende a “spingere” su una modalità mista, in parte da remoto e in parte in presenza. In realtà, il lavoro da remoto al 100% non è una modalità prevista dalla Legge 81 del 2017, la quale fa riferimento alla flessibilità organizzativa e all’utilizzo di strumenti tecnologici di supporto, ma non alla totale modalità di lavoro da remoto.

Proprio in relazione alla Legge sopracitata, si è espressa l’attuale ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Elvira Calderone, la quale sostiene che «il modello normativo, quello della legge 81 del 2017, non è quello che noi abbiamo sperimentato e questo è un esempio di una norma oggi vigente che è già vecchia rispetto a quelli che sono i modelli attuali».

C’è quindi bisogno di innovazione, per il ministro è fondamentale creare un approccio nuovo, che sappia rispondere alle esigenze del mondo del lavoro, profondamente trasformato in questi ultimi anni.

Siamo comunque sulla strada giusta. Guardando i dati che sono stati raccolti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, infatti, attualmente coloro che usufruiscono dello smart working sono circa 3.570.000; per il 2023 è previsto un ulteriore aumento, secondo le statistiche si arriverà a circa 3.630.000 di smart worker. Un traguardo importante se si pensa che, nella fase precedente alla pandemia, gli italiani che usufruivano del lavoro agile erano a malapena 500.000, mentre in pieno lockdown la cifra è lievitata improvvisamente raggiungendo gli oltre 6,5 milioni.

Ma cosa pensano aziende e lavoratori dello smart working? Ovviamente, non a tutti piace, ma una cosa è certa: il lavoro agile permette all’azienda e al lavoratore di risparmiare. Oltre alla questione economica, bisogna considerare anche il fattore psicologico e mentale. La maggior parte dei lavoratori sostiene di aver tratto benefici sia dal punto di vista della comodità ma anche del benessere personale.

Da non trascurare il fattore tempo: secondo uno studio del Politecnico di Milano, una giornata di lavoro agile fa risparmiare al lavoratore circa 75 minuti di tempo.

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