Diritti

Italia, un Eden per 11 “stazioni di polizia” cinesi clandestine

Secondo il nuovo rapporto della ong spagnola Safeguard Defenders, ospitiamo il maggior numero di centri clandestini al mondo. Dove i dissidenti di Pechino all’estero vengono costretti a tornare in patria
Credit: Alvan Nee/unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
6 dicembre 2022 Aggiornato alle 07:00

La stazione pilota è nata a Milano nel 2016, nel mese di maggio. È stata istituita dall’Ufficio di pubblica sicurezza di Wenzhou, una città prefettura che si affaccia sul Mar cinese orientale e si trova nella regione cinese dello Zhejiang.

Secondo il nuovo rapporto di Safeguard Defenders, ong spagnola che monitora le sparizioni in Cina, quello è stato il primo tentativo di Pechino di insediarsi in Europa, seminando stazioni di polizia clandestine nel continente (e non solo) con il compito di monitorare la popolazione cinese all’estero e costringere i dissidenti a tornare a casa.

Nello stesso anno, altre stazioni sono state aperte dalle autorità di Wenzhou a Prato, non lontano da Firenze, dove risiede la più grande comunità cinese in Italia. Nel 2018, poi, è stata la polizia di Qingtian ad aprire un altro centro di controllo a Milano, Roma, Bolzano, Prato, Venezia e in Sicilia. Questo fa del nostro Paese il più affollato di centri di controllo illegali cinesi: Safeguard Defenders aveva già individuato 54 stazioni in tutto il mondo, dando il via a numerose indagini in Canada, Germania e Paesi Bassi, ma lunedì ne ha svelate altre 48, 11 delle quali in Italia. Dopo questa nuova scoperta, le giurisdizioni di polizia locale che hanno aperto stazioni di servizio all’estero salgono a quattro: Nantong, Wenzhou, Qingtian e Fuzhou.

Come sottolinea il rapporto, il governo italiano è tra i pochissimi Paesi europei a non aver ancora pubblicamente annunciato un’indagine sulle Stazioni di polizia cinesi d’oltremare o dichiarato la loro illegittimità.

Anzi, secondo la ong, la cooperazione del governo italiano con il governo centrale cinese avrebbe contribuito direttamente alla creazione delle stazioni nel 2016.

Secondo i dati 2021 dell’Istat, l’Italia ospita 330.500 cittadini cinesi. Il ministero del Lavoro parla di 279.728 cittadini cinesi “regolarmente soggiornanti”, che vanno a costituire la terza comunità extra Ue in Italia, dopo quelle marocchina e albanese.

In Europa, i Paesi che contano una maggiore presenza cinese al loro interno sono l’Italia, la Spagna e la Germania. Si tratta di terreni molto fertili per la potenziale influenza di Pechino, anche grazie agli accordi stipulati, soprattutto con l’Italia, in tema di sicurezza: nel 2015 è stato siglato un memorandum per l’esecuzione di pattugliamenti congiunti di polizia nell’ambito della lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata internazionale, al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani.

La rete di 102 centri clandestini “oltremare” tocca ben 53 Paesi: dalla A di Angola alla Z di Zambia, passando per Australia, Austria, Canada, Francia, Israele, Giappone, Madagascar, Nuova Zelanda, Portogallo, Corea del Sud, Ucraina. La Cina ha dichiarato che si tratta di semplici “stazioni di servizio” istituite per assistere i cittadini cinesi nelle procedure burocratiche come il rinnovo della patente o del passaporto. I gruppi per i diritti civili, invece, ritengono che le autorità di Pechino li sfruttino per molestare, minacciare, intimidire e costringere i dissidenti fuggiti fuori dal Paese a rientrare in Cina per essere perseguitati.

«Monitoriamo i dati cinesi e ad aprile abbiamo ricevuto informazioni dal ministero della pubblica informazione che hanno mostrato che 210.000 persone sono state persuase a tornare in un solo anno», ha dichiarato Laura Harth, campaign director per Safeguard Defenders.

L’ultimo rapporto di lavoro della Commissione centrale per l’ispezione disciplinare, la più alta istituzione di controllo interno del Partito Comunista Cinese, fornisce nuovi numeri sull’attività di ricerca dei latitanti all’estero.

Secondo il report di Safeguard Defenders, tra l’inizio delle operazioni nel 2014 all’ottobre 2022 sono state concluse con successo oltre 11.000 operazioni di “Fox Hunt” (caccia alla volpe) in 120 Paesi.

La stragrande maggioranza dei casi è stata effettuata con metodi illegali di “persuasione al ritorno”. a esempio, secondo un rapporto della Ccdi, tra gennaio e novembre 2021 l’operazione Skynet volta a recuperare i “fuggitivi” e assicurarli alla giustizia cinese (di cui Fox Hunt fa parte dal 2015) ne ha recuperati 1.114. Solo in 13 casi c’è stata una richiesta di cooperazione internazionale e di assistenza alla giustizia penale.

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