Diritti

L’Iran non ha (ancora) sospeso la polizia morale

Il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri ne aveva annunciato l’abolizione sabato scorso, oltre alla revisione dell’obbligo del velo islamico. Cosa succederà?
Credit: EPA/ABEDIN TAHERKENAREH
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
5 dicembre 2022 Aggiornato alle 18:00

È iniziato il terzo mese di proteste, in Iran. E con l’intensificarsi delle manifestazioni, sembrava che il regime avesse finalmente deciso di riformare la legge sull’hijab obbligatorio e di abolire la polizia morale, accusata di aver provocato la morte di Mahsa Amini, la ventiduenne curda morta sotto custodia dopo essere stata arrestata per non aver indossato il velo correttamente, e responsabile dell’osservanza del codice di abbigliamento del Paese. In realtà, l’annuncio del procuratore capo iraniano Mohamed Jafar Montazeri, ripreso prima dall’agenzia di stampa iraniana Isna, e poi dai media internazionali e iraniani, è già stato ridimensionato.

Non è chiaro se il gruppo verrà sciolto definitivamente, o ricostituito in un’altra forma: sabato, in una conferenza stampa sul tema della “guerra ibrida durante le recenti rivolte”, Montazeri aveva dichiarato che sarebbe stata abolita e che il Parlamento e la magistratura avrebbero rivisto la legge che obbliga le donne a indossare il velo islamico. Ma i media statali hanno respinto quelle dichiarazioni, specificando che non è la magistratura a controllare la polizia religiosa, ma il ministero dell’Interno. La televisione di stato in lingua araba Al-Alam , domenica, ha dichiarato che nessun funzionario della Repubblica islamica dell’Iran aveva detto che l’autorità era stata chiusa.

La polizia morale, Gasht-e Ershad, o pattuglia di guida islamica, è un corpo che fa parte del comando delle forze dell’ordine della Repubblica islamica dell’Iran. È stata istituzionalizzata nel 2005 durante l’amministrazione del presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, all’indomani della Rivoluzione del 1979, ma il rispetto delle norme di abbigliamento è diventato obbligatorio per legge nel 1983. All’epoca esistevano altri gruppi di controllo, di solito composte da diversi uomini e donne, con il compito di pattugliare le strade, parcheggiando i loro furgoni bianchi a strisce verdi nei luoghi frequentati dai pedoni o dai giovani, e di far rispettare il codice di abbigliamento che impone alle donne di coprirsi i capelli e di indossare abiti larghi. In caso di violazione, emettevano avvertimenti verbali o portavano le donne in centri di “rieducazione”.

In seguito all’introduzione di restrizioni ancora più severe sotto la guida del neo-presidente Ebrahim Raisi, le regole dell’hijab sono diventate ancora più rigide, e le pattuglie della polizia morale ancora più numerose. Molte donne hanno iniziato, in segno di protesta contro le nuove norme, a non portare il velo in alcune città iraniane, condividendo le loro azioni sui social. Poi, il 16 settembre 2022, una ragazza è stata fermata dalla polizia morale che l’ha arrestata e, secondo chi protesta, ma non stando alla versione del regime, picchiata a morte. Quella ragazza era Mahsa Amini.

A settembre il presidente Ebrahim Raisi ha detto più volte che si potrebbe mostrare “flessibilità” nell’attuazione della legge, ma non ha approfondito. Altri funzionari, spiega l’emittente Al Jazeera, hanno accennato a metodi meno conflittuali, ma comunque controversi, come l’uso dell’intelligenza artificiale e delle telecamere per multare i trasgressori percepiti. Per ora, mentre le proteste continuano al grido di “donna, vita, libertà”, molte donne camminano per le strade delle città iraniane, soprattutto a Teheran, senza copricapo. Non è chiaro se i funzionari continueranno a tollerare la situazione attuale o se utilizzeranno altri metodi per imporre il codice di abbigliamento.

Intanto, i manifestanti hanno annunciato uno sciopero di 3 giorni, questa settimana, per aumentare la pressione sulle autorità iraniane dopo le dichiarazioni del procuratore generale. Il ministero dell’Interno, responsabile della polizia morale, non ha ancora commentato. Secondo il Guardian diversi alti funzionari, tra cui Raisi, si sono riuniti domenica in un incontro a porte chiuse per occuparsi delle «reali richieste della gente», ha comunicato il parlamentare Nezamoddin Mousavi all’agenzia di stampa Isna.

Sarebbero circa 200 le persone che hanno perso la vita nelle recenti proteste nel Paese, secondo l’agenzia di stampa della magistratura Mizan. Il gruppo per i diritti Hrana, invece, ha affermato che a partire da venerdì sono stati uccisi 469 manifestanti, di cui 64 minorenni, e che siano stati effettuati ben 18.210 arresti.

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