Economia

Siamo davvero così poveri?

Secondo l’Osservatorio di Itinerari Previdenziali e Cida, il 57% degli italiani vivrebbe in media con meno di 10.000 euro lordi l’anno
Credit: Mikhail Nilov/pexels
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
2 dicembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Nel 2020 a versare almeno 1 euro di Irpef sono stati poco più della metà degli italiani, vale a dire 30,327 milioni di italiani su 59,641 milioni di abitanti a fronte di 41,180 milioni di dichiaranti. Si tratta del valore più basso registrato dal 2008. Se questi dati fossero veritieri significherebbe che il 49% degli italiani non ha redditi e vive a carico di qualcuno.

È il quadro ambiguo che emerge dall’ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate presentato il 1° dicembre da Itinerari Previdenziali e Cida (Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità) presso la sede del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro).

Dai dati emerge che il 41,9% circa dei contribuenti paga il 91,81% di tutta l’Irpef, mentre il restante 58% ne paga solo l’8,19%. Considerando le fasce di reddito, inoltre, emerge che i contribuenti dei primi due scaglioni – compresi nei redditi fino 15.000 euro e pari al 44,53% del totale – pagano l’1,92% (3,153 miliardi) di tutta l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Considerando anche le detrazioni, dichiara il rapporto, questi contribuenti “pagano in media circa soltanto 118,75 euro l’anno e, di conseguenza, si suppone, anche pochissimi contributi sociali, con gravi ripercussioni sia sull’attuale sistema pensionistico sia sulla futura coesione sociale”. Diversamente il 42,49% dei contribuenti intermedi – da 15.000 a 35.000 euro – corrisponde il 38,13%, mentre il restante 12,99% – sopra i 35.000 euro – quasi il 60%.

Inoltre il carico fiscale, ridottosi in valori assoluti, rimane sostanzialmente quello dell’anno precedente con un aumento per i contribuenti da 35.000 euro in su e una contestuale riduzione del loro numero. Ovvero un numero sempre più esiguo di contribuenti paga sempre di più.

«Una differenza tra le diverse classi troppo marcata e destinata ad acuirsi per effetto dei recenti provvedimenti che aumentano importo e platea dei destinatari di bonus e agevolazioni varie», dichiara Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali.

«Giusto aiutare chi ha bisogno – aggiunge – ma i nostri decisori politici tendono a trascurare come queste percentuali dipendano in buona parte da economia sommersa, evasione fiscale e assenza di controlli adeguati, per le quali primeggiamo in Europa».

Dai dati raccolti dall’Osservatorio emerge che il 57% degli italiani vivrebbe in media con meno di 10.000 euro lordi l’anno. «Difficile pensare che gli abitanti di un Paese del G7 possano vivere in queste condizioni», sottolinea Brambilla. Soprattutto se si confrontano queste cifre con quelle relative a consumi e abitudini di spesa.

Tra i dati più interessanti citati dal rapporto, oltre quelli allarmanti relativi alla ludopatia e al gioco illegale, ci sono anche le spese “per conoscere il futuro dai maghi e fattucchiere, dove gli italiani nel 2019 primeggiano con oltre 9 miliardi, più di quello che si accantona per i fondi pensione, cioè per il futuro ma quello vero”.

«Siamo ormai di fronte a paradossi inaccettabili. I nostri dati descrivono una società in cui le retribuzioni non crescono e sempre meno lavoratori sostengono il peso crescente della pressione fiscale», sostiene Stefano Cuzzila, presidente del Cida.

«Il fatto che i lavoratori con redditi superiori a 35.000 euro lordi siano appena il 13% apre a un’unica alternativa: o stiamo scivolando verso un impoverimento generale non adeguato a una potenza industriale oppure in questo Paese c’è un sommerso enorme».

Ma Cuzzilla ha pochi dubbi: «Di fatto, stiamo continuando a favorire gli evasori. Il risultato è il danno per chi onestamente continua a contribuire al welfare e alla solidità dei conti pubblici e che, negli ultimi decenni, è stato costantemente penalizzato da blocchi della perequazione, rivalutazioni parziali e contributi di solidarietà, perdendo potere d’acquisto».

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