Culture

Pizza Napoletana, arriva il bollino di ufficialità Ue

Dal 18 dicembre i ristoratori dovranno rispettare precise regole per poter dichiarare di servire uno dei piatti più (mal)copiati della cucina italiana. Ma quali sono le specialità Made in Italy più “plagiate” all’estero?
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
1 dicembre 2022 Aggiornato alle 16:00

Il 6 dicembre 2017 l’Unesco ha riconosciuto “l’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. E se ogni arte ha le sue regole ecco che a certificarle, a quasi 5 anni esatti di distanza, arriva ora l’Unione europea, che il 25 novembre ha approvato la richiesta dell’Italia di inserire la Pizza Napoletana nel registro delle Specialità tradizionali garantite (Stg) con riserva del nome.

Ovvero a partire dal 18 dicembre i ristoratori potranno dichiarare di servire Pizza Napoletana solo a condizione che rispettino il disciplinare di produzione in termini di ingredienti, metodi di preparazione e cottura. Tra i requisiti le ore minime di lievitazione, la stesura a mano della pasta, le modalità di farcitura, la cottura esclusivamente in forno a legna alla temperatura di 485 °C e l’altezza del cornicione di 1-2 cm.

Ma i limiti riguardano anche l’utilizzo di materie prime di base, spiega la Coldiretti, che per le loro peculiarità non possono che essere di provenienza nazionale, come l’olio extravergine d’oliva, il basilico fresco, nonché la “Mozzarella di Bufala Campana Dop” e la “Mozzarella tradizionale Stg”, esclusive per la variante con formaggio a pasta filata.

Una vittoria della “sovranità alimentare” per un settore, quello della pizza, che vale oltre 15 miliardi di euro di fatturato e oltre 100.000 addetti a tempo pieno, il doppio nel fine settimana. In Italia, secondo i dati della Coldiretti, si sfornano circa 8 milioni di pizze al giorno, per le quali vengono utilizzati durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Ma a dover essere tutelata non è soltanto la pizza. Secondo un sondaggio realizzato sempre da Coldiretti in occasione della Settimana della cucina italiana nel mondo organizzata dalla Farnesina, quasi 3 italiani su 4 (73%) in viaggio all’estero, per lavoro o in vacanza, si sono imbattuti almeno una volta in un piatto o una specialità italiana contraffatta.

Un’agropirateria il cui valore è salito a 120 miliardi, “anche sulla spinta della guerra che frena gli scambi commerciali con sanzioni ed embarghi, favorisce il protezionismo e moltiplica la diffusione di alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale”, spiega Coldiretti.

In testa alla classifica dei prodotti più plagiati, ci sono i formaggi partire da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con falsificazioni che vanno dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al famigerato parmesan. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina.

Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano. E non mancano i vini come Chianti al Prosecco, in assoluto il più imitato.

«La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre terreno fertile alla proliferazione di prodotti alimentari taroccati all’estero dove le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Intanto festeggia anche la Francia, che il 30 novembre ha visto iscritta la “sapienza artigianale e la cultura della baguette” nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. L’annuncio è stato dato a Rabat, in Marocco, nel corso della sessione annuale del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

«La baguette è un rito quotidiano, un elemento strutturante del pasto, sinonimo di condivisione e convivialità - ha dichiarato Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco - È importante che queste abilità e abitudini sociali continuino a esistere in futuro».

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